Tonalità d'autunno

Mentre tornavo a casa passeggiando con la testa altrove, mi son ritrovato di fronte la solita casa ricoperta di verde, dove i rampicanti e l'edera fan da padroni sulla facciata che sicuramente non conosce sole da svariati anni, ma il solito manto questa volta si era trasformato meravigliosamente colorandosi di tonalità stagionali da lasciare tutti i passanti a bocca aperta e anche i pensieri, quelli altrove, son tornati (alcuni in tregua) per ammirare il piccolo siparietto in un vicolo anonimo di Bruxelles.

Mancava solo il sole

Tre ore di treno e da Bruxelles si raggiunge Amsterdam, poche ore d'aereo e da Dublino arrivano due amici, e allora basta poco a colorare di simpatia un fine settimana sicuramente da ricordare, non esclusivamente per i soliti motivi che spingono tanti giovani nella capitale della trasgressione, ma essenzialmente per ritrovare sorrisi e condividerli, per riabbracciare ricordi e darne contorni, per scomparire in una battuta o abbandonare la mente in un bicchiere lasciando scivolare il mantello di stress alle spalle più leggere; e allora poco importa se ha piovuto per ore ed ore ed ore, perché il clima diventa secondario quando il resto e' a dir poco ottimale e perder tempo nel lamento per qualcosa che non si può cambiare sarebbe un po' tonto un po' banale.
E poi venti minuti di treno e si arriva a Zaandijk e come attraversando un varco temporale, si ritrova un pezzetto di Olanda d'altri tempi, fatta di pace, mulini e semplicità; si dimenticano le follie e le stranezze della moderna capitale, passati veloci dal finestrino del treno poco affollato, per immergersi in paesaggi da cartolina, entrarci dentro ed esplorare.

Il mio collega cinese

Il mio collega cinese parla sempre poco, si muove di rado dalla scrivania ma e' sempre il primo ad alzarsi per andare a mensa, come un orologio alle 11:45, mentre io ed il collega francese cerchiamo di perder tempo per non andare a mangiare all'ora dei nonni.
Il mio collega cinese non ama le critiche alla Cina e quando un altro collega quasi offese alcuni trattamenti barbari per ragazzi malati di internet, lui si e' irritato un po', improvvisamente, come non si era mai visto, come si fosse svestito della timidezza e di quell'educazione silenziosa, come fosse diventato per un attimo un altro, cercando di far capire che l'immagine che l'Europa ha della sua patria non e' la vera Cina e che nessuno a quel tavolo, tranne lui, sapeva cosa fosse la vera Cina. A quel punto teste basse, occhi nel piatto, mascelle a masticare, di quei momenti tra panico e pentimento, fastidio ed imbarazzo. E la verità chissà dove si perde nelle distanze e le omissioni.
Il mio collega cinese fa poche domande, da' poche risposte e va matto per la senape. A mensa e' possibile prendere una bustina di senape gratuitamente, la seconda pero' si paga. A me la senape non piace tanto, ma un giorno ne ho preso una bustina per poi darla a lui. Aveva gli occhi di un bambino nel ricevere la sorpresa inattesa, l'euforia del nuovo pacco da scartare per la senape aggiuntiva da usare sulle frites e quando ha detto thanks aveva davvero un bel sorriso. Dopo qualche giorno me lo ha chiesto esplicitamente, di prendere la senape per lui, ed a quello sforzo immenso nel superare le barriere di una timidezza probabilmente caratteriale ho risposto con un bel sorriso.
Il mio collega cinese ha il completo elegante nell'armadio dell'ufficio e se c'è un meeting con il cliente, va un attimo in bagno e si cambia e cosi' il vestito e' li' da più di 5 mesi, muto sorvegliante delle scartoffie, dei documenti, di qualche spillatrice. Una notte probabilmente il completo si impiccherà con la cravatta, ucciso dalla solitudine e dal ragno che lascerà la tela per innamorarsi altrove.
Il mio collega cinese e' in Europa da 4 anni ma e' tornato a casa solo due volte, e' figlio unico perché, dice, e' nato nell'anno in cui il governo cinese inizio' a limitare le nascite, ma si può eludere la super tassa sul secondo figlio, mi dice, se il primo non e' sanissimo o se entrambi i genitori sono figli unici.
Il mio collega cinese oggi ha voluto rallegrare tutti, portando un cofanetto con dolcetti tipici della sua regione natale. Tutti noi golosi ci siam avventati su quei pezzettini marroni ricoperti di palline colorate, ma al primo morso le facce più strambe si son incrociate, capite, trattenute, quando masticando quei pezzetti di manzo freddo ricoperto di piccantissime spezie ognuno ha avvertito un urgentissimo bisogno d'acqua. Alla fine tutti a riderci su mentre lui, il mio collega cinese, ne prendeva in mano due, tre pezzetti e a bocca piena e chiusa, rispondeva ai sorrisi con una curva accennata.
Mi sta simpatico, il mio collega cinese, ed e' tutto un mondo da scoprire, che non so, e allora ogni giorno gli domando qualcosa, senza troppo rivoluzionare i suoi silenzi, senza invaderne gli spazi, pagando il pedaggio alla frontiera con una bustina di senape e un sorriso.

Mentre tu stavi lì sospeso

Girando intorno al filo che forzato ti sosteneva senza lasciarti all'inevitabile forza gravitazione, tu te ne stavi lì sospeso, con l'espressione immobile e pensante legata ad associazioni d'immagini e ricordi, tu maestro di mille pensieri, della forma e della vita, dondolavi su tante teste in festa, mentre qualcuno rideva, altri silenziosi ascoltavano il cantante in azione, senza prestar attenzione a te che intanto li' sopra t'agitavi, continuamente.

Cosi' mentre alla libreria Piola tanti connazionali riuniti dal sangue, dalla lingua e la patria lontana, sorseggiavano vino ascoltando qualche discorso sulla presentazione di un libro e della fuga di cervelli (ennesimo manifesto di parole lette, rilette, vomitate ma sempre ahimè attuali), io ti fissavo danzare nell'aria, appeso cosi', a guardarci tutti, poi darci le spalle, poi tornare a guardarci (chissà che mal di testa), chissà quanti giudizi, niente maschere o forse a ciascuno la sua, forse di italiani all'estero a sentirsi diversi perché scappati ma poi riunitisi di nuovo nel ricreare un piccolo pezzetto di Italia a Bruxelles, forse soltanto per un bicchiere di vino, per una chiacchierata amica ad uno sconosciuto pero' connazionale, un incontro veloce, uno scontro col piattino degli stuzzichini a macchiarti la giacca, qualche affronto a lingue straniere adattate.
E mentre alla libreria Piola qui a Bruxelles un menestrello intonava canzoni sui festini del premier, sulle badanti, su Mentana, poi su Vespa, proprio oggi che si annunciava il nuovo brano di Battiato sugli eventi recenti del paese infilzato (ma niente lontanamente paragonabile alle parole del Rino Gaetano mai troppo ricordato), tu preferivi girare intorno a quel filo, intonare la tua danza particolare, ignorarli tutti o guardarli a 360, farmi compagnia mentre mi alienavo come di consueto, tra gli applausi, le risate, il nuovo sorso al vino della casa che scendeva male perché cattivo.
Poi uno strattone, ecco dobbiamo andare: io vado via con il nuovo mantello di pensieri, tu rimani lì sospeso ancora un po', magari torno, forse no, in fondo Piola e' a cinque minuti da casa, sarebbe bello farti vedere il libro che scrissi quando tu eri droga, sarebbe bello star sospeso lì con te per un po', ma forse già lo so e di mal di testa adesso proprio non mi va.

Quando saro' un immigrato in Italia

Quando passeggio per le strade di Bruxelles, vedere ragazze indossare lo chador e' cosa comunissima e trovarsi seduti al loro fianco nella metro, nel tram, nel bus, non influenza e non condiziona le possibili smorfie della giornata. Quando al corso serale di francese chiacchiero con Fadi', ragazzo di Baghdad, troviamo sempre un pretesto per ridere, su qualsiasi cosa, senza malizie, senza paure, come se i chilometri che dividono le proprie origini non esistessero o al meno non fossero cosi' tanti da lasciare che l'orizzonte ne nasconda l'una all'altra. Quando qualche settimana fa siamo andati a cena dal nostro vicino africano, abbiam passato quattro ore ad assaggiare cibi ugandesi, raccontarci impressioni sul Belgio, commentare le sue vacanze in Italia, creando nell'aria fotografie simpatiche e sorridenti, tal volta nostalgiche. E quando i fine settimana vado a bere con i miei amici francesi, la mente spesso si lancia in qualche connessione celebrale, ricordando serate dublinesi con amici spagnoli, australiani, chiacchiere infinite con colleghi polacchi ed irlandesi che continuano ancora oggi in tante piacevoli email fatte di risate ma soprattutto di voler sapere se tutto va bene.
E va tutto bene.
Sarà la naturale ed incosciente solidarietà tra immigrati in un paese straniero, sarà la mancanza di pregiudizi o soltanto la volontà di conoscere gli altri, spogliarsi delle associazioni culturali e delle tante notizie che informano, sconvolgono, allertano, ma al tempo stesso inquinano immagini di mondi spesso sconosciuti, saranno tante cose intrecciate in un equilibrio magari delicato, che si va rafforzando con il tempo, le esperienze, viaggiando e lasciando che gli occhi scoprano gli altri e continuino a conoscersi attraverso gli altri, ma l'assenza d'odio, questo clima di benessere sociale, fan sicuramente bene all'umore e alla condivisione di sorrisi.
Quando pero' vedo scene come queste e ascolto parole cosi' dure e assurde, mi domando se mai un giorno sarò anch'io un immigrato in Italia.

Oktoberfest brussellese

Probabilmente una delle poche volte in cui, arrivando in Place Jourdan, non ho avvertito subito l'odore fortissimo di strutto fritto che di solito si espande inesorabile dal chiosco di frites e padroneggia i sensi della zona, un po' perche' la tenda enorme eretta per l'Oktoberfest brussellese ne rubava la scena, un po' perche' grida ed odori eran di altro tipo o magari soltanto perche' la mente gia' si focalizzava su altre destinazioni (non era affatto serata da frites) e la fila e la calca si muoveva veloce, senza dar troppo tempo di pensare ad altro, dettagli inutili direi.
Oktoberfest brussellese, organizzato per 4 giorni qui a Bruxelles, ed inizialmente accessibile soltanto su prenotazione (specialmente restrittiva la prima serata, giovedi', aria piu' da ristorante che da festa di baldoria e umori alticci, dove ogni tavolo, minima sedia, era gia' prenotata e, senza malizia, eran in maggiornanza per eurocrats).


Questa volta invece avevo capito subito che la serata sarebbe stata d'altro tipo, dalle pozzanghere di vomito intraviste qua e la' intorno al padiglione, dalla camminata zigzagante di qualche ragazzo con gli occhi socchiusi, dalle grida che precedevano la luce quando i bestioni all'entrata scostavano la tenda di ingresso e ci introducevano in un clamore apocalittico. La tipa al banco litiga un po' con fogli e foglietti prima di scusarsi per aver perso la nostra prenotazione, ma poco male se alla fine ci inserisce in un tavolo un po' strettini tra due gruppi gia' belli che andati. Quando la signora bella prosperosa e vestita a festa mi ha passato la prima brezel, mi son tornate in mente scene di infanzia, in Germania, di quelle memorie dai contorni sfumati, di quell'infanzia che pensi di aver vissuto ma non ricordi esattamente, solo magari attraverso qualche parola della mamma o in una foto dai colori invecchiati.


Un gruppo di italiani alla nostra destra inizia ad urlare una delle poche cose che all'estero possiamo ancora gridare con fierezza (ma per altri sette mesi e poi chissa'), e allora giu' con siam campioni del mondo, siam campioni del mondo, non importa se l'orchestra al centro della sala stesse suonando altre melodie, qualcosa di bavarese, qualcosa di lontano. Scambio qualche chiacchiera con loro, ragazzi in erasmus, uno di Napoli, uno di Caserta, insomma gente a cui posso dire il nome del mio paese, Agropoli, senza perdere troppo tempo nel spiegare dove si trova e perche' esista. Quando il ragazzo di Caserta inizia a parlicchiare un po' inglese con la mia ragazza, l'ho visto un attimo in difficolta' nel rispondere al where about in Italy, l'ho visto tentennare un attimo ma poi arrendersi e dire Napoli (avra' fatto uno sforzo, lo so), perche' alla fine la maggior parte dei campani all'estero si deve arrendere alla notorieta' (vuoi cattiva, vuoi buona) di Napoli e chi con vergogna, chi con orgoglio, taglia corto e approssima al capoluogo, soprattutto quando la lingua e' un limite e dire un nome vale piu' di mille spiegazioni e vocaboli mancanti.
Brindando anche alla nostra sinistra, inizio a parlicchiar spagnolo con alcuni ragazzi di Barcellona, lodando la loro bellissima citta' (dove son stato gia' quattro volte), senza mancare qualche accenno ad Ibra proprio quando un sms di mio padre mi avvisa della goleata a Genova. I ragazzi pero' non muovono un muscolo del viso quando l'orchestra intona evviva españa e con la mia ragazza (di Madrid) urliamo e agitiamo il tavolo in festa. Nazionalismi, sciovinismi o stereotipi, tutte cose a cui, in clima di festa, non ha senso dar peso ma che pesano ai sorrisi, come macigni d'umori inviolabili: risolvo in una scrollata di spalle e una smorfia di rinuncia.
Mentre i miei due amici francesi cercano di capire come trasportare fino a dieci boccali di birra in una sola volta (potenza delle cameriere teutoniche), un tizio passa ai tavoli cercando di sfollare la sala, con poco garbo, sintetico ma chiaro, invita tutti a celebrare la fine della festa.


All'uscita un ragazzo si addormenta su una transenna, capitolando sull'asfalto e bloccando il traffico per qualche istante, altri ancora continuano cori in lingue a noi sconosciute, mentre cerchiamo subito di fermare due taxi e raggiungere Le Corbeau. Dividiamo uno dei taxi con una coppia tedesca: il ragazzo butta subito le mani avanti, difendendo il vero Oktoberfest, raccontandoci di aver parlato con uno dei camerieri (tedesco anche lui) e alla domanda ma perche' non fate ballare la gente sui tavoli? perche' sembra piu' un ristorante che una festa? (ma in tedesco, ovvio) gli ha risposto perche' altrimenti la gente spende di meno; e alla domanda ma tu ci sei mai stato al vero Oktoberfest?, un no sincero ha sintentizzato tutto il business della serata. Qui da appena un mese, ci racconta delle sue delusioni, delle sue aspettative sulla capitale d'Europa, dell'abitudine all'ordine tedesco e delle scoperte della disorganizzazione brussellese: ennesima conferma dei pensieri di qualche post fa, anche se io avrei evitato qualche parola un po' forte ed offensiva, soprattutto alle spalle del taxista, soprattutto dopo appena un mese di permanenza, ma le delusioni si sa, vestono spesso d'un po' d'odio, condite con spruzzate di critica amara e forse troppa fretta nei giudizi, quando al de gustibus si contrappone il confronto, inevitabile ma spesso insensato.
Mi son voltato al vetro bagnato del finestrino, mentre le luci della citta' sfilavano veloci e il taxi ci portava verso nuovi sorrisi, altre emozioni, diversi pensieri.

Questione di passioni

Non so se davvero la passione belga per le patatine fritte sia cosi' forte, ma a Bruxelles di questi tempi va in scena una commedia, Faites l'amour avec un Belge!, che la mette a confronto con qualcos'altro.. e il manifesto vale più di mille parole..

Mio fratello e' figlio unico

Avevo già parlato delle caratteristiche linguistiche di Bruxelles, ma quando capitano episodi come quello di stamattina in ufficio, mi vien sempre da pensare.
Dalla sede aziendale centrale, arriva uno dei responsabili con un nuovo impiegato, giusto per una veloce carrellata su cosa stiamo sviluppando per le ferrovie belghe e cosa ci fa bestemmiare ogni giorno:) Il neo assunto e' un ragazzo belga, delle Fiandre. Quando il manager (francese) ha iniziato ad introdurlo al gruppo parlando in inglese, ho pensato fosse una cortesia nei riguardi di chi (come me) ancora non ha un francese di un certo livello. Mi sbagliavo: il ragazzo, belga, non parla francese e parlando con colleghi miei belgi (ma della Vallonia), parlavano tra loro in inglese. Connazionali stranieri.
E mentre tra loro parlavano in inglese, lui raccontava di aver lavorato un anno in Francia ma in inglese e di aver imparato li' un po' di francese (questo e' il colmo). E mentre vedevo due ragazzi della stessa nazione, parlar tra loro con una lingua straniera, pensavo all'Europa, alle identità nazionali. E mentre due ragazzi di uno stato di appena 30mila chilometri quadrati e dieci milioni di abitanti, parlavano tra loro come se uno fosse olandese e l'altro francese, io pensavo ai nostri dialetti, all'italiano, a come dietro una montagna, al di la' di un fiume, già ci si può sentire differenti. E mentre tutto ciò era per i miei colleghi belgi una situazione normale, accettabile, mi son tornate alla mente le parole di Massimo d'Azeglio, "Abbiamo fatto l'Italia. Ora si tratta di fare gli Italiani".

Poi e' arrivato il mio turno, e' venuto alla mia scrivania, mi ha chiesto se parlavo francese; gli ho detto no, non ancora. Mi ha risposto: "Beh neanche io, ma non ti preoccupare, non e' un problema, siamo in Belgio". E allora, ho pensato, questo e' davvero un luogo comune per tutti, perché se tra connazionali son stranieri, allora anche lo straniero qui può sentirsi un po' a casa.

Quando la censura non ha confini

Ieri un mio amico a Dublino e' andato ad assistere alla partita Irlanda - Italia con alcuni striscioni ironici. Agli ingressi c'erano quelli della digos che con l'aiuto della Garda (polizia irlandese) hanno bloccato diverse scritte farabutte, comuniste, da complotto, da golpe, insomma scritte cosi' brutte che chiunque in Italia si sarebbe potuto impressionare vedendone qualcuna in tv durante le inquadrature allo stadio gremito di tifosi, rischiando di sputtanare non solo il premier, ma anche lo stato italiano, la democrazia, il popolo, come stanno facendo la stampa ed i media stranieri. Per fortuna hanno bloccato gli striscioni all'ingresso, la Repubblica e' salva.
Sfortunatamente per Silvio, esiste la rete...

Bruxelles, la capitale che non ti aspetti

Probabilmente chi non e' mai stato a Bruxelles e ne' mai se ne e' informato a fondo, a sol sentirla chiamare capitale d'Europa potrebbe immaginarla come l'esempio perfetto dell'applicazione di tutte le norme europee, il modello da seguire; o forse soltanto per la locazione geografica, perché città del nord Europa, perché ai confini con la Germania e l'Olanda, la si potrebbe accostare a immagini di città ordinata, pulita, ben organizzata; o forse perché nelle immagini dei telegiornali se ne inquadrano sempre gli enormi palazzi di vetro della Commissione Europea con l'immancabile bandiera a stelline, la si potrebbe ipotizzare super moderna ed efficiente.

E invece bastano pochi giorni per frantumare molte di queste convinzioni, ipotesi azzardate, perché la realtà vada a contraddire qualche associazione fatta in fretta e disinformata; ovviamente ciò non significa che sia una città da evitare, che sia brutta, anzi; questo post non e' assolutamente una critica, ma solo alcune note legate ad impressioni avute da qualche turista e non solo.

Passeggiando per il centro della città si notano subito strade sporche e trascurate, seminate spesso da escrementi di cani che qui non raccolgono praticamente mai: se siete in giro, occhio a dove mettete i piedi. Proprio al centro, la stazione dei tram Bourse e' il posto frequentato con piacere da senzatetto e tutta la struttura e' un continuo puzzo di piscio cosi' come il perimetro della stazione Midi, puntualmente annaffiato ogni mattina pero' (ma lo sforzo dura poco), cosi' come per la piccola piramide a Place Rogier. In questi tre punti, spesso e' consigliabile respirare poco. (Ma non c'è nessuna relazione con i tre monumenti che fa la pipi').

La Germania e' a meno di due ore di macchina, ma siamo lontani da certi standard. E se avere una stazione dei tram con certi odori non e' sicuramente una cosa carina al centro di una città (beh, non lo sarebbe neanche in periferia), della capitale d'Europa, ancor meno carino e' trovarsi in una enorme piazza lasciata totalmente al degrado (Place du Congrès), proprio a due passi del centro, alle spalle dell'obelisco di Bruxelles, la colonna del Congresso. E se le strade magari non son pulitissime, non son neanche ben attrezzate con piste ciclabili (spesso inesistenti, spesso mozzate all'improvviso), anche se il servizio di bici a noleggio (tipico oramai di molte capitali europee) e' disponibile un po' ovunque al centro, ma siamo lontanissimi da certi standard olandesi, a meno di due ore di macchina, o da quelli delle fiandre, praticamente dietro l'angolo, nel Belgio del nord. Sara' che l'erba del vicino e' sempre più verde o sarà che la cura della propria e' più lenta e pigra.

Ma se vi aspettate l'Europa perché siete nella capitale, magari spesso vi troverete ad essere gli unici europei in un vagone della metro: l'ambiente e' ovviamente internazionale, la Commissione Europea richiama business mondiali, ma non solo. Avvantaggiati dalla lingua francese, connessi anche ad un passato colonialismo, molti degli immigrati provengono da paesi africani, mentre molti altri da quelli arabi. Non scandalizzatevi dunque se magari la vostra ragazza sarà l'unica a non indossare il velo intorno a voi, nel tram. Puo' capitare, non vi aspettavate magari certi scenari, ma cercate di non scivolare in miti come quello dell'Eurabia, il mondo oramai e' misto.

Se poi durante una giornata sarete disturbati più volte da macchine a gran velocità con musiche arabe a tutto volume o se entrando in un pub vi accorgerete che e' permesso fumare (e lo era anche nei ristoranti fino a 2 anni fa) o se in un giorno di pioggia vi trovate alle stazioni Arts Loi o De Brouckère (stazioni del centro e importanti punti di connessione) trovando grossi contenitori a raccogliere acqua che cola dal soffitto, come se foste in un'arretratezza scioccante ma invece siete nella capitale d'Europa, ecco, cercate di non meravigliarvi, le cose non stanno cosi' male, semplicemente erano le vostre aspettative ad essere sbagliate.

La città e' molto particolare, sicuramente affascinante, e ci saranno numerose occasioni per raccontare quanti tesori racchiude, ma un giudizio spesso e' condizionato anche dalle aspettative, che qui magari potrebbero trasformarsi in delusioni o meraviglie, perché latitudine e presenza di organizzazioni non sempre suggeriscono le giuste intuizioni.

Conigli al Parlamento Europeo

In un'aula praticamente vuota (60 deputati su un totale di 736), ieri la questione sulla pluralità di informazione in Italia e' arrivata in Parlamento Europeo portando con se umori un po' accesi, mostrano un bello spaccato di politica nazionale e quanto interesse suscita l'argomento in sede europea.

Dagli interventi pacati ma poco dettagliati degli esponenti dell'opposizione..


..alle invettive storico-personali fino ai conigli di Borghezio (che al termine del video urla "EVVIVA LA PADANIA, TERRA DI LIBERTA'"..)

E l'Italia e' questa qua.

Cose che ti possono capitare a Bruxelles (2)

Dopo la prima esperienza per caso in eventi organizzati da lobby di/per eurocrats, ieri son capitato al concerto per l'apertura della settimana dell'Open days qui a Bruxelles, conferenza organizzata per discutere varie tematiche di sviluppo urbano e regionale a livello europeo, ovviamente (siamo a Bruxelles, ciccio, qui tutto e' Europa, chiedilo ai galli se non mi credi). Concerto gratuito e non riservato esclusivamente ad eurocrats, come si potrebbe maliziosamente pensare, bastava recarsi all'ufficio giusto e ritirare i biglietti prima che terminassero; ovviamente l'evento e la locazione dell'ufficio giusto e' una notizia da eurocrats, quindi o sei eurocrat o hai amici eurocrats o ti capita per caso.
Il concerto e' stato davvero carino, musica classica del calibro di Puccini, Verdi, Bizet con artisti ucraini, polacchi, e sul finale musica piu' allegra con brani jazz, tango, rivisitazioni moderni di brani classici con un quartetto italiano: a giudicare dalla durata degli applausi, son stati quelli che han raccolto maggior gradimento tra il pubblico, vuoi per il tipo di musica, vuoi per la percentuale altissima di italiani tra gli spettatori, vuoi per il carisma e l'approccio agli strumenti. Il pubblico era ovviamente da gran serata (eurocrats, ciccio) e quindi l'eleganza sfilava tra il classico e il raffinato, il semplice e l'elaborato, qualche naso alto, qualche sguardo laterale, nessun cellulare a squillare durante lo spettacolo.
Dopo il concerto, mega buffet organizzato, ovviamente sempre gratuito (ciccio dai, l'Europa e' ricca, lasciali abbuffare e sperperare mentre pochi si dividono il potere): una marea di più di cinquento persone si son riversate su una miriade di tavoli preparati con cibi dalle varietà inaspettate: dalle normali insalate da buffet, al tavolo orientale, al tavolo a base di pesce e quello a base di formaggi, salumi, fin a quello dei golosi dove tanti homer si avventavano come sulle ciambelle; vino a beveroni e tante chiacchiere inutili nelle code per un piatto, tra i labirinti di mani per un crostino, nelle sfide all'ultimo rustico. Nota carina son stati gli artisti che si son uniti a tutti durante il buffet e allora ho fermato il quartetto italiano per due parole, giusto i complimenti più che il solito copione di dove sei, da quanto tempo, che fai, ciao.
Insomma niente male come serata improvvisata, (cose che ti possono capitare a Bruxelles, ciccio, mica altrove) bisogna tenere d'occhio più eurocrats, non tanto per diventare uno di loro, quanto almeno per approfittarne, non farà mica male e poi meglio partecipare ai banchetti che ai meeting, dove si discute degli sviluppi futuri di città e campagna belghe, stimando, ipotizzando, pianificando e bla bla e bla mentre magari gli agricoltori protestano proprio di fronte ai palazzi europei per la crisi corrente del settore, spruzzando latte alla polizia.

I numeri del superenalotto



1. Il Tg1 è illegale. L’editoriale di Augusto Minzolini in cui ha attaccato la manifestazione di ieri senza contraddittorio viola apertamente il contratto di servizio tra Rai e Stato, che impone alla prima “pluralismo e obiettività” nel’informazione (articolo 2, comma 3). I manganellatori del premier stanno sparando da settimane contro Annozero e Ballarò, dimenticando che in queste trasmissioni vengono sempre invitati esponenti delle due parti per garantire il contradditorio, proprio in ragione del contratto di servizio della Rai. Al monologo di Minzolini invece non c’è stato nessuno che potesse replicare.
da Piovono rane.

2. La vicenda del 2004 ricordata da Minzolini in realtà non arrivò mai in tribunale e Tony Blair non querelò mai la Bbc. La commissione d'inchiesta indipendente di Lord Hutton fu creata per investigare sulla morte di un consulente del governo, David Kelly, che nel 2002 aveva scritto un rapporto sulle armi di distruzione di massa in Iraq. Dopo il servizio della Bbc in cui Kelly veniva individuato come la fonte in grado di sostenere che il rapporto era stato manipolato per agevolare l'intervento britannico in Iraq, Kelly si suicidò. In seguito all'inchiesta, che individuò l'errore della Bbc sulle accuse di manipolazione e scagionò il premier, il presidente e il direttore generale della rete pubblica si dimisero, ammettendo l'errore. Ma non c'era stata alcuna querela da parte del premier o di membri del governo.
da La Repubblica e per approfondimenti dagli archivi della BBC.

L'editoriale non e' altro che una conferma, paradossalmente, della mancanza di pluralità di informazione e la prova che certi personaggi entrano nelle case degli italiani con la schiena sempre più abbassata, che non e' certo posizione da inchino di saluto ai telespettatori, ma segno della sottomissione sfacciata e cosciente al governo corrente.

Ad ogni modo, strana scelta quella del Tg1 di trasmettere i numeri del superenalotto con quello strano tizio sullo sfondo, no.. perché.. gli italiani erano sintonizzati solo per appuntare o controllare i numeri che per tutta la durata dell'assurdo editoriale erano in sovrimpressione, vero?

Manifestazione per la libertà di informazione in Italia

Oggi alle 12:00 in Place Schuman, di fronte al palazzo Berlaymont qui a Bruxelles, circa 300 italiani hanno manifestato per la libertà di informazione in Italia. Molti avevano le labbra imbavagliate, qualcuno sventolava bandiere di partito (presente all'appello anche una bandiera della pace), tutti nella rotatoria con la prima fila sugli scaloni a mostrare soltanto una piccola parte, qualche striscione e tanti fogli dai motti simpatici, sintetici, espliciti.

Cosi' la manifestazione di domani a Roma ha avuto un piccolo contributo dagli italiani all'estero di Bruxelles, contro i tentativi di minacciare la libertà di informazione in Italia dopo le denunce a due testate giornalistiche nazionali (La Repubblica, L'Unità), manifestare per la presenza di pluralità di informazioni (come più di una volta ha voluto sottolineare Gilioli e come ha finalmente diffuso ieri sera Santoro in apertura di Annozero) in un paese in cui il primo ministro gestisce direttamente (canali Mediaset) e indirettamente (Rai) la maggiore fonte di informazione degli italiani, la tv, in un conflitto di interessi senza precedenti.

Una manifestazione, qui a Bruxelles, che ha lasciato un po' di delusione ed amarezza per la pochezza d'organizzazione, la mancanza di un leader, un megafono, la lettura di un manifesto, delle motivazioni, del perché si era li' e si voleva essere li' oggi, magari non solo in italiano ma anche in francese ed inglese, visto che si manifestava all'estero, a ridosso della Commissione Europea, per ottenere visibilità, per sensibilizzare l'attenzione su quella che sta diventando un'anomalia nell'UE; e invece no, circa 300 persone riunite in un'innocua rotatoria, quasi in silenzio, quasi come se la sola presenza fosse bastevole all'intento, aver compiuto il proprio dovere, un po' come quando dal pc di casa si aderisce all'appello di Repubblica e ci si sente fieri di aver contribuito all'iniziativa come se magari il futuro del paese passasse anche da quel tasto invio.

Non capisco perché gli organizzatori non abbiamo pensato ad un megafono, ad un discorso, qualcosa che raccogliesse la folla evitando ai passanti di rimanere passanti, che fermasse gli italiani in preda alla pausa pranzo ad ascoltare, riunirci a pensare. Quando io, Chicco, Vinz e Marco ci siamo riuniti in quella rotatoria, abbiamo pensato subito di movimentare un po' la situazione ed allora ho iniziato ad urlare subito "SIAMO TUTTI, FARABUTTI", "SIAMO TUTTI, FARABUTTI", "SIAMO TUTTI, FARABUTTI" e subito in scia tutti gli altri in coro, due, tre, cinque, dieci volte. E poi ancora, di nuovo: tre, sette, dodici volte. E poi ancora, finché non ho perso la voce:) Ma almeno abbiam provato a richiamare un po' l'attenzione di chi in quel momento passava intorno, sicuramente distratto dalla spiacevole coincidenza di un'altra manifestazione proprio a pochi metri di distanza, cui poi alcuni si son uniti o splittati come una signora continuava a consigliare. Resta il fatto che i cortei liceali degli anni d'oro erano organizzati sicuramente meglio.
Nel frattempo in Irlanda da oggi si vota per il trattato di Lisbona: il futuro della democrazia Italiana passa anche da li'. Nel frattempo in Italia 20 persone (per ora) sono morte a Messina, ma sicuramente la manifestazione non verrà spostata, perché 20 civili contano molto meno di 6 soldati mandati in missione di Peace Enforcing, modo più raffinato e politico per chiamare la guerra.

Per oggi e' tutto, il vostro inviato da Bruxelles, andima.