Mentre tenti di schivare la pioggia senza renderti conto dell'assurdità dell'impresa ed un autobus vomita di corsa una fiumana di gente da scansare, come se la pioggia non fosse abbastanza, lì sullo stretto marciapiedi di Porte de Namur, ti infili di corsa nel supermercato dove finalmente sembri trovar pace e la frenesia della strada s'allontana di colpo, come se all'ingresso si fosse chiuso un sipario e non la porta automatica alle tue spalle, come se là fuori fosse un altro mondo tra voci, traffico, ombrelli e passi veloci. Per qualche minuto alle tue spalle. Già sai che prendere e non perdi tempo a trovare qualcosa, da mangiare poi durante la pausa del corso serale di francese, quando la prof lascia la classe per un po' e gli alfabeti di colpo si svegliano e si mescolano se ci son connazionali in giro, quando non si può (o non si ha voglia) di sentirsi imprigionati in quel sottoinsieme conosciuto di parole francesi, altrimenti è la lingua franca, l'inglese dagli accenti più svariati, a prendere il sopravvento e dominare le conversazioni, almeno fin quando la prof non sarà di ritorno. E Bruxelles è tutta lì, tra quattro mura.
E proprio mentre, al supermercato, aspetti in fila il tuo turno per pagare ecco che di fronte ti ritrovi due mondi quasi sfiorarsi: alla cassa a sinistra c'è una donna dai lineamenti arabi, indossa il velo islamico, un hiijab o qualche sua variante, mentre alla cassa a destra, proprio di fronte a te, c'è una suora dai lineamenti occidentali, indossa anche lei un velo, quello del suo ordine (qualsiasi esso sia), ma un velo che copre quasi quanto il primo. Un'immagine insolita che ti cattura in un instante. Vedere le due donne lì, di spalle l'una all'altra, ognuna con il capo coperto da un velo, ognuna nella sua religione o ad ogni modo nei suoi simboli di riconoscimento, del gruppo d'appartenenza, per riconoscersi e identificarsi, per mostrare agli altri la comunità di provenienza e non soltanto prigionia, obbligazioni casalinghe o estremismi irrisolti, luoghi comuni, credenze o facili generalizzazioni associate spesso a bandiere di propaganda e significati che a volte perdono il significante d'origine.
Mentre la cassiera calcola passivamente il prezzo da pagare, poi, pensi a quanta gente ci sia, oggi, che alla seconda avrebbe affidato il proprio bambino anche per qualche ora, nell'immagine della suora altruista e beata dal velo azzurrino, color di cieli e purezza, mentre alla prima, dal velo nero d'oscurità e male, non lo avrebbe lasciato neanche per qualche minuto, quasi fosse da bruciare viva come le streghe nel medioevo. E invece la strega stava lì, a pochi centimetri dalla beata, senza fiamme né angeli canterini, solo la vita, che continua per fortuna, portandosi dietro i suoi significanti e dimenticando, ignorando, contraddicendo tanti significati.
3 commenti:
Mi piacerebbe comprendere di piu' sul velo islamico. Io non credo che le donne lo portino per identificarsi in un gruppo, piuttosto perche' si sentono piu' sicure o per un credo religioso che comunque io rispetto. Credere in qualcosa, in degli ideali, seppur lontani dai nostri e' cosa rara e rispettabile in una societa' che ne ultimamente priva.
Beh il miglior modo per comprenderlo è sicuramente studiarne la storia e gli eventi associati e poi magari cercare di parlarne e non vederlo soltanto come l'indumento di una strega, sembra esagerato ma spesso si ha davvero la sensazione di quel distacco, di quelle distanze che si prendono soltanto con esseri dotati di poteri malvagi, o almeno quelle sono state le impressioni nel trovarsi di fronte quella coppia insolita.
Di base comunque, c'è sempre la paura del diverso in contrasto con la sicurezza del conosciuto, del tradizionale, dell'educato e dell'abitudine: per questo probabilmente una suora trasmetterà più benessere di una donna dal velo islamico, ma è soltanto apparenza o meglio, inizialmente potrebbe essere soltanto familiarità.
non c'è molta differenza tra il velo islamico e quello delle suore, è vero. Magari è solo una questione di familiarità: fino a qualche anno fa tutti noi siamo andati all'asilo dalle suore, non c'erano le 'maestre'
Posta un commento