Cose a cui non ti abitui

Poi nuvoloni grigi colorano voraci il cielo pigro e c'è già chi sentenzia con fermezza la fine dell'estate, illuminati, lo avevan già detto per poi ricredersi, non lo diranno di nuovo, probabilmente, almeno fino alla prossima, avendo così perso mezzo discorso di parole già dette con cui riempivano il mezzo bicchiere di birra la sera, troveranno altre sillabe inutili per distrarre meccanici ore ed umori, mentre la parola estate se ne rallegra un po', per abusi e ritornelli, se ne dispiace un po', per la perdita d'attenzioni. Quando a Diegem calpesti l'erba del business park ancora più cupo se i palazzoni di vetri riflettono i grigiori del cielo e un vento, forte e già freddino, richiama il collo a nascondersi tra le spalle nella speranza di un rifugio un po' sollievo, ti dirigi alla camionetta dei panini che richiama impiegati come api al fiore, soprattutto se l'unico, non conteso ma un po' lento, troppo nel servire ed ecco che si crea la coda, la lunga attesa per il pranzo quotidiano. Ma è la prima volta per te, il dubbio vale la fila. C'è il signore distinto fiammingo che ordina con fare preciso e la signora della camionetta gli risponde con un sorriso in fiammingo. C'è la signora infreddolita francofona che sembra cliente affezionata e la signora della camionetta le risponde con un sorriso in francese. C'è il ragazzo dai lineamenti orientali un po' perso nel menù appeso e la signora della camionetta in inglese gli spiega il panino del giorno. Un pezzo di Belgio: una signora qualunque di una camionetta ambulante a far panini nella periferia brussellese parla più lingue del ministro degli esteri di un paese del sud d'Europa. Quando arriva il tuo turno, già sicuro della scelta, già sciolto nelle parole, in francese chiedi il panino numero uno con pochi dittonghi, uno sforzo nell'accento forse, una tranquillità acquisita con certe frasi della lingua studiata per tre anni e abbastanza rilassato per l'ambiente, nonostante il freddo. E la signora della camionetta ti risponde in italiano, naturalmente. Un altro pezzo di Belgio, che si ripete e ripete, quando meno te lo aspetti, cose a cui non riuscirai mai ad abituarti, per la loro imprevedibilità soprattutto, per la semplicità che trasmettono. Ti ricordi del collega argentino a Dublino, una volta ti disse di una specie di proverbio, lì, in Argentina, dicono che se gratti un argentino poi sotto trovi un italiano, o qualcosa del genere. In Belgio non c'è neanche bisogno di grattare.

Prima di mandare il tuo cv all'estero..

Un po' d'attenzione non guasta, cara cervello in fuga.
Ieri pomeriggio, presa da Facebook. Poi però non ci lamentiamo che non c'è lavoro.

Il (non) mio grosso grasso matrimonio spagnolo

Ma ovvio che non c'è nessun problema, essere l'unico straniero ad un matrimonio spagnolo non spaventa mica. Figurati per un italiano poi. Nell'anno della finale del 4 a 0. Hola, Buenas, Encantado, stretta di mano, bacio, Xavi, Juan, Miri, Paco, Ali e Isabel, ho perso il conto, non ricordo il mio nome. Ah, già Antonio, sì ho un nome spagnolo, ma vedi le coincidenze. Oddio di origine spagnola non saprei. Ma i romani non lo usavano da prima ancora che esistesse la Spagna? No, figurati, guarda per consolazione prenditi Cristoforo Colombo, va bene, non ci voglio neanche entrare in quella lotta di natalità. Pues se vuoi avrei anche altri da passarti come nazionalità, no, così, meglio abbondare diciamo noi. Ma perché non spostarsi all'ombra? Sai, sarà il nodo alla cravatta, con 35 gradi a breve perdo conoscenza. Por cierto, a Bruxelles questo sole non c'è, per fortuna dico io, come dici?, qui è il clima migliore del mondo?, sarà. Ma sediamoci a tavola chaval, ah, brindiamo con questo vino rosso, ma guarda, i vostri sono i vini migliori del mondo, m'era sfuggito. Ah, una fetta di prosciutto crudo, no scusa, volevo dire jamon, i migliori del mondo, ma pensa, pata negra, senza dubbio. Scusa, ho Manolo Escobar che mi fischia nelle orecchie, non ho capito, puoi ripetere? Ah, non lo sapevo, certo, la metro di Madrid è tra le migliori del mondo. Niente, niente, solo un fastidio, sai, tra i denti ho il goal di Iniesta del mondiale, avreste mica uno stuzzicadenti magari imbevuto con molto rum? Brugal va bene, sì. E cosa dire della Liga, poi, oh, il campionato più bello del mondo. No, niente, è solo un po' di torcicollo, ho un dolore alle spalle, dev'essere Nadal, Lorenzo e Pedrosa che mi tirano la colonna vertebrale, è che all'improvviso risento un po' dell'infortunio di Chiellini e quello di Motta. Dev'essere uno stiramento, poi passa, tra due o quattro anni, forse. Ma torniamo a mangiare, ah ma ovviamente, il cibo più buono del mondo. Certo, la dieta mediterranea, oh, ce l'avete solo voi il mediterraneo eh, per carità. No, niente, ho come delle fitte di nazionalismo allo stomaco, dev'essere il condimento, troppa patria e protagonismo, è che non sono abituato, di solito mangio leggero. Claro, claro, è lo stesso quando vado a casa, anche lì, con certe spezie s'abbonda sempre. Non lo so, sarà un'inutile complesso d'inferiorità o il bisogno innecessario di difendere la patria, come se io avessi una spada al posto della mano e mostrassi i canini ad ogni sorriso. Ah, ecco, prendiamoci un digestivo, all'anice va bene, ehm, no, non ce l'avete solo voi, da noi si chiama Sambuca, in Francia Richard, sono simili, sai, basta uscir fuori per scoprire che il proprio mondo non è l'unico assoluto e spesso neanche il migliore. Venga, non ci pensiamo, andiamo a ballare mentre voi vi ponete pedos. Toh, la Carrà, se me la fate diventare spagnola giuro che caccio il mafioso che è in me e faccio una strage faccio. No, no, si diceva per scherzare tio. Ballo poco, lo so, ho come un gonfiore qui, sarà il pallone da basket della finale olimpica di cui parlavi prima. Come? Ah, anche tu informatico. Ah, vorresti mandarmi il cv e vedere se trovi lavoro a Bruxelles perché qui non sei contento? Tranquillo però, che non mi aspetto il cv più bello del mondo. Ma ne parliamo tra un attimo, vale? Perché ho il cucchiaio di Sergio Ramos che mi si è incastrato nel dessert e non riesco a mangiarlo, il dolce più buono del mondo, s'intende.

Sul conflitto dell'emigrante

Ne è nata una bella e vivace discussione dopo un video che ultimamente gira un po' in rete, conflitto che si accentua sempre più dopo i ritorni, si sa, e la sintesi perfetta che non potevo non segnalare è quella di rafeli:
La risposta e’ meno male che lo provo, questo dolore, perché vuol dire che ho delle radici salde. Ma pure: meno male che non mi uccide, perché mi permette di continuare le mie vite che altrimenti non sarebbero mai state.

Cose che poi non ci si crede

38 gradi raggiunti, sì, in Belgio, lì, a nord. Bruxelles invivibile con certe temperature.
Per fortuna c'è la costa. Foto scattata qui, approssimativamente.

L'emigrante politicamente corretto

All'estero si muove osservando e ascoltando opinioni e pensieri altrui
digerisce un po' di tutto e poi cerca motivazioni anche nei casi più bui,
quando un connazionale cade in un lamento che lo divora in gran spirale
lui cerca di capire e con calma gli ricorda e gli spiega lo shock culturale,
se poi c'è chi non smette di bestemmiare contro l'abbandonato belpaese
lui cerca di ascoltare, calmare e infine decifrare tutte le delusioni sospese:
ce ne sono sempre, rimangono lì strette in gola fin dai tempi della valigia
e scompaiono, ritornano, ciclicamente, sotto il cielo di una città più grigia.
Quando ci si scaglia contro il paese che ci sta gentilmente ospitando
lui ricorda le tante vittorie, i vantaggi, le migliorie che lì si stanno avendo,
e quando ci si scaglia contro il paese che si è appena lasciato alle spalle
lui ricorda che non è facile, si sa, che in patria si hanno gioie e battaglie
e che alla fine sono soltanto scelte, tutto si riassume in compromessi,
non ci son vigliacchi, eroi o falliti, né tantomeno paragoni tra successi,
lo racconta sempre in giro, spesso sembrando il conciliatore perfetto:
lo guardano in modo un po' strano, è l'emigrante politicamente corretto.

S'interessa dei ragazzi scappati fuori, legge sempre il blog di Servegnini,
anche se su Italians, tra lettere e commenti, spesso son cose da bambini,
ma hanno pur sempre il loro valore, son testimonianze di cervelli in fuga
solo che quando si accumulano, si ripetono, generano sì più di una ruga
perché l'italiano all'estero porta spesso con sé questo eterno conflitto
tra la patria e l'altrove, da risolvere, un giorno, durante il proprio tragitto
che lo porterà ad una soluzione, si spera, di ritorno o di permanenza
l'importante è trovare un equilibrio, un sorriso, questa dev'esser l'essenza.

Ma ecco che d'estate sulle città del nord Europa si scaglia il temporale
e pronti son lamenti e bestemmie e i pianti per il tempo ahimè fatale!
Poi si ritorna a casa e si mangia, si balla, sotto un sole però amaro
perché non basta a scaldare tutto se c'è di mezzo il famoso dio danaro
e non solo quello, purtroppo, se c'è il problema di un'antica mentalità
che bisognerebbe lottare, a poco a poco, anche a costo della felicità.
L'emigrante politicamente corretto deve scontrarsi anche con i più cari,
gli amici rimasti in Italia che interpretano commenti come fossero spari,
si chiudono a riccio, provano a difendersi nell'orgoglio di una nazione
non capendo che non c'è paradiso in terra e partire era solo un'opzione,
non capendo che son compromessi, basta con la cultura del sospetto!
Ma non è mai facile, nemmeno per l'emigrante politicamente corretto.

Ed eccolo il conflitto di chi si ritrova tra le mura di casa come straniero,
diventa un fantasma, ha perso un pezzo d'identità, no, non è più sincero
quando chiedono di continuo quanto torni, quando riparti e come stai
si ripetono cose, si recita anche, s'inghiotte, un po' si sorride, casomai.
Poi si ritorna alla propria scrivania con l'umore strano di chi ha lasciato
la famiglia, gli amici, oddio la patria, e tutto quel patrimonio rinomato,
ma basta un'email, dopo aver lavorato un'ora in più, di ringraziamenti
per far capire cosa ci aspetta davvero ogni giorno, e si ritorna contenti.
Ecco il segreto: bisogna prender atto delle scelte e delle conseguenze
e convivere con esse, con quanto di buono ma anche con le mancanze.
Non è facile capirlo e spesso gli verrebbe quasi da dire ma vaffanculo
ché spesso è vero, si perde l'acqua e il sapone a lavare la testa al mulo!
Se lo ripete continuamente, è la giusta e amara legge del compromesso
ci ripensa, si chiude in una smorfia, la sera da solo, seduto sul cesso.

L'ottimismo paga

Ma anche la fortuna, diciamolo. Però vedere le stelle cadenti, e quante, in Belgio va contro tutte le
bestemmie per il tempo ed i lamenti per la pioggia. Qui ci credono da più di 10 anni, bravi.
Foto scattata qui, venerdì sera. E che cielo.

Esperti brussellesi

A Bruxelles si possono trovare anche specialisti di importanza vitale, in formaggi svizzeri,
passeggiando per stradine sconosciute. Foto scattata qui.

Ne hanno fatto un altro


E ne continueranno a fare, perché ne continueranno a partire, si spera senza troppi drammi. Sarò breve: attenti agli elenchi, perché c'è sempre qualcosa di discutibile, senza però voler sempre cercare il pelo nell'uovo; attenti a lasciarsi trascinare dalle sensazioni delle "prime settimane", perché sono fasi, poi passano, forse; attenti ad accuse, a fallimenti, a lamenti, esaltazioni, a generalizzare in un sentimento di tutti; non sottovalutare le schegge. Ah, attenti ai copyright musicali.