D'italiani all'estero che poi espellono

Cara Silvia Guerra di cui ho letto la storia sicuramente non comune o almeno non comune se associata alla nazionalità italiana o almeno fa più rumore in questi casi, nella nostra sfera sociale di segnalazioni e stupori, perché chissà quante storie simili accadono ad altre comunità ogni giorno a Bruxelles e la vita va avanti, indifferentemente, ma non sto qui a far moralismi da letterine di natale, nonostante il periodo e le scene cinematografiche che fanno tanto calore familiare e propaganda corale di pace, certo avrei voluto approfondire la tua storia, ma di venti articoli in giro si riportano sempre le stesse quattro righe per partire poi con l'insalata spesso insensata di polemica e conclusioni sull'Europa, sull'importanza dell'Italia, il rispetto e l'onore, lo vedi?, è un popolo inguaribilmente mafioso anche nelle conclusioni, perché - dicono, scrivono, commentano - all'Italia non si devono fare certi dispetti, l'ennesimo schiaffo, se la prendono con il primo ministro belga, di origini italiane e addirittura d'emigranti, come se poi contasse qualcosa, questa connessione sanguigna e d'empatia, ma non sto qui a far moralismi da sermoni di Gramellini, ecco vedi? Internet è un grande bar, sei già piena di punti esclamativi sulla pagina dei grillini, ci riempiamo poi troppo spesso la bocca d'Europa Europa Europa, solo quando è il nostro paese ad essere chiamato in causa, solo quando pretendiamo Europa, più Europa, e invece l'Europa, quella che vogliamo (o quella che ci piacerebbe fosse, ma che lo facciano gli altri), è ancora un progetto lontano, nel mondo alla fine dell'anno 2013. Ecco, cara Silvia Guerra di cui ho pure assistito ad uno spettacolo in un venerdì uggioso alla Piola Libri qui a Bruxelles, ti auguro di risolvere la questione, nel rispetto delle regole del gioco ovviamente, che siano belghe o europee, e non te lo auguro perché è quasi natale né perché sei italiana, ma semplicemente perché a Bruxelles avevi iniziato una nuova vita e d'improvviso l'hai quasi persa, quella rinascita, te l'hanno espulsa. Ecco, comunque vada, non lasciare che espellano anche la tua voglia di ricominciare.

Cose linguisticamente infantili

Tra tutte le espressioni inglesi che hai imparato e continui ad imparare vivendo all'estero ce n'è una bellissima che accomuna sintesi e poesia - a modo suo - e la vorresti usare spesso, sempre più spesso, per situazioni e opportunità, ma poi finisce che purtroppo non usi, per contesti e tempestività; ne hai imparate tante in questi anni, di espressioni inglesi raccolte dalle varie varianti, quello americano, quello irlandese, quello anglosassone, assorbendole da colleghi e conoscenti, per abitudini e quotidianità, o spesso senza neanche conoscerne le origini e utilizzandole così, in quell'insalata globalizzata dell'inglese degli altri, il globlish, che farà sicuramente venir i brividi a qualche puritano della regina madre, ma s'indossa oramai con disinvoltura se pur dagli accenti altalenanti nei salotti del mondo alla fine dell'anno 2013; e lo sai che una parola in slang non è condizione necessaria né sufficiente per poter vantar un inglese perfetto, e infatti tutte queste espressioni che hai imparato e continui ad imparare non le usi per sfoggiare competenze linguistiche da regina madre, ma semplicemente perché son belle, alcune bellissime, altrimenti non lo diresti con un sorriso, holy canoli, o non faresti l'occhiolino al collega quando sai che puoi sussurrare quella del cut the cheese, eppoi sei affezionatissimo al fair play to you irlandese, inevitabilmente; ma di tutte queste espressioni inglesi che hai imparato e continui ad imparare, che però non puoi usare quando c'è un I'm agree nel gruppo né quando potresti essere frainteso o perché in vesti troppo formali, ce n'è una che davvero vorresti usare più spesso, e ce ne sono d'occasioni per poterla usare, è bellissima, o è solo il volerla pronunciare che ti fa felice, come quando i bambini ripetono cacca cacca cacca e sarà per il suono o per la reazione intorno, difficilmente per l'idea ad essa associata, ecco, tra tutte le espressioni inglesi che hai imparato e continui ad imparare, quella del brain fart non ha rivali.

Qualcosa d'equilibrato

Cosa non facile, quando si trattano certi argomenti. (Lo so, potremmo trovarne anche in questo, di punti su cui discutere, ma accontentiamoci per una volta). Auguri.

He's ordinary

La calca che in pochi instanti riempie ogni spazio respirabile del tram già ben imbottito, soprattutto in un sabato d'acquisti natalizi per le vie del centro, potrebbe essere metafora di tante considerazioni già ripetute, riscaldate e apostrofate di consumismo e società moderne, ma non ci pensi, probabilmente perché ne fai parte o soltanto perché le hai ripetute anche tu, così tante volte, che alla fine son noiose anche per le tue connessioni neurali in cerca d'altri stimoli, nuovi o più semplicemente soltanto diversi. Diverse son le facce della gente che ti circonda per necessità e non per scelta, mentre il tram le sballotta leggere in percorsi di trachee sotterranee ad intasarne la congestione urbana già ammalata, mentre c'è un tizio che non trova pace e si muove sempre più vicino, talmente vicino da potergli annusare il respiro. Non ci son rose, in quel respiro, e quasi pensi - lo pensi davvero, non sai perché, saranno richiami che risalgono da radici supposte assopite - di dirgli "cos'è, vuoi baciarmi?" a mò di provocazione, quando all'apertura delle porte per l'ennesima fermata lo vedi chiaro e limpido mettere le mani nella borsa della ragazza al tuo fianco e poi veloce uscir dal tram. Non esce dal tram perché d'istinto lo afferri per il braccio urlando in francese "gli hai messo le mani nella borsa", mentre tutti si risvegliano dai propri mondi isolati e qualcun altro che lo aveva visto inizia ad urlare "al ladro, al ladro", la ragazza s'accorge d'aver la borsa aperta, lasciata leggera dietro le spalle, che furba. Furbo non sei stato, secondo alcuni, a fermarlo e smascherarlo, perché poteva andare peggio e invece è semplicemente scomparso nella folla, quando le porte si son richiuse sotto il suono stridulo del tram e la ragazza che appena ti ringrazia, non parla francese né inglese, bionda dagli occhi dell'est, ti fa capire però che non è scomparso nulla, gli fai capire che nel tram la borsa è meglio tenerla chiusa, e magari non dietro le spalle. Ti gira le spalle poi e torna alla sua vita e tu alla tua, inevitabilmente, non ti senti eroe quello di Bon Jovi, di just for one day, né quello di Dave Grohl, di he's ordinary, anche se il secondo sarebbe il tuo preferito, almeno nelle cuffie. Porti però a casa un sorriso, anzi forse due, e non è poco.