Scrolling

Hai buttato il corpo sul sedile sbiadito del tram già in movimento, il sedile quello singolo che non deve dividere spazio e libertà con altri, quello più ambito, mentre un binario sporco d'autunno diceva all'altro "seguimi". Ma non s'incontreranno mai, nei loro monologhi paralleli di corse, frenate, vibrazioni e fughe. Non s'incontreranno nemmeno le foglie secche cadute dallo stesso albero quando saranno spazzate, raccolte, mescolate tra colori e forme, perderanno il ricordo d'origini e appartenenze e formeranno nuove società e materia. E scompariranno. Non s'incontreranno nemmeno i pensieri della coppia in fondo al tram se lei gli parla emozionata e lui affonda l'attenzione nello smartphone un po' rapace. Ma non si lasceranno, lui e lo smartphone, almeno fin quando l'applicazione non terminerà di vomitare nuova spazzatura all'apparenza sociale. Non terminerà, perché si chiama infinite scrolling e lei intanto troverà nel finestrino opaco la distrazione della città che fuori continua. Continueranno a giocare i binari frenetici anche quando il tram si fermerà al tuo destino, dovrai riprendere il corpo piacevolmente appesantito di nuove fantasie, alleggerito però dallo zen quotidiano d'immaginare storie sempre nuove, il tuo infinite scrolling a volte maldestro, e se lungo il tragitto a piedi troverai foglie secche ma separate, le avvicinerai disinvolto con un movimento veloce del piede, un po' complice ma a fin di bene. Loro, le foglie, sapranno il perché.

Battezzarsi a Bruxelles

Dovresti proporlo al sindaco di Bruxelles - e lo farai, conoscendoti - che si potrebbe organizzare un nuovo evento tra tradizione, turismo e quello spirito un po' simpatico un po' surrealista che spesso contraddistingue la città e la sua popolazione; dovresti proporlo come incentivo per le povere casse comunali ma soprattutto per il messaggio che porta con sé: essere figli di Bruxelles, liberi e scherzosi, felici; ci hai pensato quando su Skype tua madre ha sgranato gli occhi e continuava a domandarsi il perché, perché suo nipote non sarebbe stato battezzato, assolutamente no, le ripetevi con calma e raziocinio, perché non vuoi, perché non ha senso, perché non sarebbe giusto, perché sarà proprio lui, suo nipote, tuo figlio, un giorno, a scegliere cosa vorrà farne del concetto di religione, non tu, non sua nonna, sarà libero di scegliere, ma non si troverà nessuno schema già impacchettato, che sia cattolico, buddista o qualsiasi altra favola medievale; ci hai pensato quando ribadivi che simboli religiosi non entrano in casa tua e tantomeno nella tua famiglia, quella nuova, o almeno non così, incoscientemente: battezzare tuo figlio nel 2014 è un po' trascinarsi e passivamente accollargli contraddizioni, riti, automatismi non necessari; ed è lì che ci hai pensato, un po' per far contenta tua madre, in qualche modo, un po' per smorzare i toni e trovare un sorriso: battezzarsi a Bruxelles dovrebbe essere semplice e naturale, dovrebbe essere portar il proprio piccolo davanti al monumento del Manneken'pis, lì al centro in orari o secondo condizioni che aprano un varco tra la calca sempre costante di turisti, e bagnargli il capo con qualche spruzzo d'acqua che fuoriesce da quella simpatica fontanella, recitare qualcosa, anche senza senso purché in rima, e poi andare tutti a festeggiare, con il sorriso. Semplicemente.
Per chi (ancora) non conoscesse la simpatica fontanella.

D'incubatrici e altri beep

Quando operano d'urgenza tuo figlio dopo appena 42 ore di vita e passi settimane in terapia intensiva, lì in un ospedale del centro di Bruxelles, aspettando la seconda operazione poi, e familiarizzi con tante cose per altrettante settimane, lì all'undicesimo piano fatto d'incubatrici e lettini elettronici, aspettando poi anche il terzo intervento, l'ultimo in teoria, da fine settembre a natale probabilmente, succede che passi da uno stato iniziale di shock ad una reazione fatta di coraggio e volontà, per passare poi all'ottimismo e la fiducia per la scienza, in un mite novembre dell'anno 2014, in cui tante cose non te le aspetti, ma sì possono capitare una ogni 5000 nascite, e son tante le cose che si risolvono anche per un esserino di 50 centimetri e 3,1 chili di meraviglia, e insomma passi tante settimane tra bip e bop e beeeeep che poi rientrano, ritornano, saltellano, e passi tante ore a fianco a lettini che son macchine, leggi, studi, canti ninne nanne inventate, parli come se lui ti potesse ascoltare nonostante l'anestesia postoperatoria, per affezionarti a certe cose, alle persone bellissime che ci lavorano, ai genitori degli altri neonati, ognuno con la sua storia da raccontare, tra preoccupazioni speranze e tanto amore, ti affezioni anche a quei lettini, quelle macchine, che finiscono per avere facce, simpatiche, come tante delle cose che ti circondano da sempre, come un gioco che ti porti dietro fin da piccolo e che non vedi l'ora d'insegnare a lui, di stimolare la sua fantasia affinché rimanga un po' infantile anche a 32 anni da poco compiuti. Un giorno, quando tutto sarà solo un storiella del passato, gli dirai che anche nel lettino su cui l'operarono trovasti una faccia, e su quello su cui lo curarono in terapia intensiva, per settimane, anche quelle cose han smesso d'esser cose, son diventate personaggi di ninne nanna inventate, ti han fatto compagnia, le hai disegnate poi così come le vedevi, così come loro si presentavano. E le hai stampate. E le hai regalate al reparto di terapia intensiva, con il suo nome ed un grande merci.