Così ti ritrovi sabato sera ad un party a casa di ragazzi dalla maggioranza tedeschi e d'improvviso la playlist spara a massimo volume una canzone che non ti saresti mai aspettato di ascoltare lì, per via delle circostanze, perché ci sono cose che sono decisamente fuori luogo, perché ogni cosa ha una collocazione ben precisa in natura e si tratta di equilibri sottilissimi, spesso quasi impercettibili, ma l'equilibrio è caos e allora ecco quelle parole: è Toto Cotugno - sì, proprio lui - che canta L'italiano, quella sorta di inno, di canto popolare, di ricordo della televisione della nonna, magari di un tormentone estivo quando di tormentoni ancora non si parlava. E mentre torni alla realtà perché magari la birra ti aveva un po' disorientato, vedi i ragazzi tedeschi ballare e cantare in coro, proprio quel coro "Lasciatemi cantare con la chitarra in mano, lasciatemi cantare.. sono un italiano", con un accento magari non italianissimo ma poco conta perché i ragazzi ridono felici, magari sono già sbronzi, magari la canzone piace davvero, magari l'han messa soltanto per farti piacere, pensando che ti sarebbe piaciuta.
E tu stai lì, un po' scioccato dalla cosa, paralizzato tra imbarazzo e incomprensione, ma i ragazzi ti invitano a ballare e non puoi voltare le spalle, non puoi fare come quelli che "no io la pasta la mangio soltanto da me" o "no, la pasta è buona soltanto in Italia", perché magari poi ti ritrovi a cena dall'amico straniero che ha cucinato la pasta proprio per farti piacere e non importa se l'ha fatta cuocere 28 minuti e magari s'è pure dimenticato di mettere il sale nell'acqua, è pasta, sì non sarà come quella di casa, non sarà pasta all'italiana, ma non puoi torcere il naso tra orgoglio e abitudini, soltanto perché sei italiano, soltanto perché la pasta è sacra, perché magari per un italiano è come l'ambrosia per degli dei e o la si mangia per bene o la si rifiuta categoricamente: ma no dai, l'amico l'ha fatta per te, prendi la forchetta e ingoia, tanto è talmente scotta che si scioglie in bocca.
Ed è lo stesso per Toto Cotugno, che non avresti mai ballato dalle tue parti, che se lo dici a qualche amico magari ti guarda con un sopracciglio inclinato e la bocca acchiappamosche, ma tra un Buongiorno Italia e un Buongiono Maria, tra un partigiano come Presidente e troppa America sui manifesti, i ragazzi sono sempre lì, in attesa che ti unisca al ballo. E magari gli emigrati italiani di una volta la cantavano ed esportavano così, come una ballata allegra e spensierata, cantando di quell'Italia lasciata con il cuore in gola, urlando l'orgoglio per quella patria che probabilmente si sentivano nel sangue come il sole sulla pelle; e così parallelamente, con meno sciovinismi e senza troppo folklore, ti ritrovi in un party a decenni di distanza ed i ragazzi tedeschi sono sempre là. E allora che fai? Beh, c'è poco da esitare, alla fine balli.
2 commenti:
Mi piace quello che scrivi, non è mai banale. Mi piace anche come lo scrivi. Spesso mi fai (sor)ridere e leggerti è un piacevole modo di iniziare la mia giornata. Grazie!
@Françoise
Hey grazie, troppo gentile, davvero:)
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