E tutto si copre di neve

Eravamo in tram ieri, lungo la linea che costeggia il Palace Royal, di ritorno dalla burocrazia intricata della villa comunale per l'ennesimo appuntamento per ottenere l'identificazione come immigrato residente in Belgio, quando d'improvviso tutti a fissare fuori piccoli e leggeri fiocchi di neve scendere danzando, fluttuando nell'aria gelida come in un liquido denso e calmo, e sciogliersi al contatto con il mondo. Dopo poche ore Bruxelles si era già coperta di un manto bianco e soffice, quando la neve ha aumentato intensità e dimensioni ed ha iniziato ad abbracciare qualsiasi oggetto. Sui marciapiedi ecco comparire le impronte dei passanti intrecciarsi e perdersi sull'asfalto, ma non come le tracce di gabbiani sulla spiaggia, non leggere e guidate dall'istinto, non romantiche e gradevoli alla vista: le impronte impresse erano di fretta e stress, ognuno ad inseguire il proprio destino, dalla stazione al taxi, dall'ufficio al pranzo, dall'appuntamento al bacio, trascinando una valigia, sistemando meglio la sciarpa, lasciando un messaggio in segreteria alla chiamata necessaria.
E tutto si copre di neve. Dei tetti delle case si perde il colore, di bianco rimane il panorama per distanze e direzioni, di bianco risplende il prato quando un bambino saltella allegro per la novità inattesa mentre cala il caos su Bruxelles per il clima non previsto e la metro ritarda, i taxi non rispondono alle prenotazioni, il bus va a rilento lungo strade improvvisamente sconosciute. Ma come una magia, ieri la notte non sembrava voler oscurare gli orizzonti ne' brillare delle mille luci delle finestre prima di dormire: tutto sembrava riflettere il bianco nevicato e come una luce soffusa, debole ma omogenea, tutto acquistava un giallognolo notturno, di silenzio e quiete. Non importa se dalla finestra aperta entrasse gelo e neve in camera, osservare quella fiaba naturale, una Bruxelles diversa ed ammaliante, poteva rubare ore ed ore lasciando che il tempo si mescolasse ai pensieri mentre lo sguardo si smarriva, beato.

Non volevo quasi preparare la valigia dopo la giornata di ieri, dopo la neve e la sorpresa, e vivere la città dei suoi nuovi colori e paesaggi. Ma oggi parto verso sud, per il solito viaggio natalizio che vacanza non e', ma immersione di abbracci e ricordi, amarezze ed incomprensioni, sorrisi e pensieri. Poi si riparte di nuovo, ancora un po' più a sud, prima di tornare in questa Bruxelles che ti conquista con il tempo. Ma intanto buone feste, buon sorriso a tutti, io ritorno il nuovo anno.

Yann Tiersen @ Bruxelles

E cosi' a pochi metri di distanza e tanti brividi lungo la pelle, mi son ritrovato due sere fa ad assistere alle performance live di Yann Tiersen a Le Botanique qui a Bruxelles, dopo anni di cuffie ed occhi chiusi, camere ombrose e melodie nell'aria, finalmente ascoltare il suo talento dal vivo, in una sala non affollatissima, quasi per pochi intimi, in silenzioso rispetto a trattenere il fiato, esplodere in un applauso, lasciare che quelle note s'impadroniscano dell'essere per un lasso di tempo breve ma intenso, a dimenticare la scrivania dell'ufficio, il freddo della strada, le mille cose da fare e rifare in cicli casalinghi forse infiniti.
Lui tra il timido e l'indifferente, un saluto sommesso all'inizio ed uno veloce alla fine e poi susseguirsi di brani quasi inattesi, di musica dai suoni elettronici che ha colto molti di sorpresa, alcuni addirittura a tapparsi le orecchie quando le sue mani saltavano da una parte all'altra del piano come a guerreggiare contro un impulso improvviso di distruzione. Ma poi tutti zitti ad incantarsi, quando con il violino non c'è rivale che tenga, quando non si produce melodie ma magia, come in questo piccolo video che son riuscito a fare a due metri dal palco:


Mentre il gelo si fa avanti

Recentemente quando la mattina esco di casa imbalsamato tra sciarpa e guanti, il prato del giardinetto di fronte e' a chiazze bianche e verdi, ricoperto di un sottile manto di ghiaccio formatosi durante la notte cosi' come sui tetti delle case, basse non più di quattro piani e caratterizzate dai loro tagli netti in verticale, una sul fianco dell'altra, come in fila stretta e ammucchiata, come agli attenti davanti ad una strada sempre poco trafficata. E se le temperature son scese sotto lo zero da diversi giorni, le strade invece si riscaldano di addobbi natalizi, quasi in ogni piccola piazzola spuntano pini a festa o colori e luci sugli alberi già presenti da decenni, testimoni di evoluzioni della capitale di un'Europa in cerca di identità, mentre dalla facciata est della commissione europea, il palazzo Berlaymont, si stende il telone enorme degli auguri di buone feste in tutte le lingue del continente.
Le vetrine repentine cambiano attore nel giro di pochi giorni, da San Nicolaus si passa al più commerciale e globalizzato Babbo Natale, dalla santità dedicata per lo più ai piccoli si passa al padre comune rosso di coca cola. Cosi' i bambini belgi faran scorta di regali, i più fortunati e speranzosi che avran inviato una lettera a St Nicolaus riceveranno dalle poste belghe una scatola di cioccolatini: anche qui come in tanti altri paesi le letterine ai protagonisti del Natale non vengono cestinate ma raccolte con cura e alla prime migliaia si inviano anche delle praline, in fondo siamo nella patria del cioccolato:)
Durante i fine settimana e' praticamente impossibile passeggiare per la Grand Place ed alcune vie del centro, tra la folla di turisti immancabili e la marea di acquisti da fare, regali da inventare, soldi da spendere per la sola soddisfazione di un sorriso magari stimolabile con molto meno. Meglio un bicchiere di vino caldo, in uno dei mercatini allestiti, e lasciare che il fiato incontri il gelo a disegnare la solita nuvoletta di vapore e pensieri, mentre orecchie e naso si fan rossi per il freddo senza sosta e la mano cerca altra mano, per compagnia, per calore, per benessere, ah eccola, ora sto già meglio.

Da quel letto d'ospedale

Da quel letto d'ospedale magari penserà agli ultimi sei mesi, con un po' di riposo, la calma ed il silenzio di un vecchietto colpito, magari ricorderà gli ultimi avvenimenti come un'onda continua di eventi da prima pagina, faranno male le ferite ed il colpo recente d'un odio ingiustificabile, saranno ancora freschi i segni di una notte che non si può cancellare ma che non diventi nuova arma nelle mani della propaganda, che non diventi buono spunto per vittimismo e richiesta di consensi: son sbagliati i ma di Di Pietro come il terrorismo di Bossi e non ha senso diffondere odio inutile a causa d'un inutile odio.
Da quel letto d'ospedale magari penserà a tutti i comizi ed i discorsi dagli ultimi convegni, ai continui attacchi ai giornali ed alla magistratura ed a come anche quelle sue parole ripetute, anche quel tormento incessante avrebbero potuto influenzare qualcun altro ad un altro inutile odio magari contro un giornalista, magari contro un magistrato; per i toni e le maniere, per le urla e la foga con cui senza sosta si e' cercato di persuadere il popolo ad acconsentire a leggi personali e sfascio del paese, richiamare consensi nei momenti più duri e fomentare sentimenti sicuramente non politici dalle conseguenze poi senza senso.
E magari da quel letto d'ospedale penserà ad abbandonare alcuni temi ricorrenti, forse smettere di violentare una democrazia per i propri interessi personali, per salvarsi da una corte ed un giudizio che gli fan paura ma son doverosi; che non sia un altro visconte dimezzato di Calvino che dopo il colpo si sdoppia ed a tornare e' solo l'odio ne' un altro Mussolini che dopo gli attentati sapeva ben manipolare gli eventi per approdare a nuove leggi, che non torni all'attacco a dimostrare o meglio a tentare d'essere un super uomo che a 73 non c'è più, che non accumuli rabbia in quel letto d'ospedale, non stringa troppo forte i pugni.
Da quel letto d'ospedale, mentre la luce del nuovo giorno penetra timida e silenziosa nella camera e fuori alla porta si accalcano voci, sorveglianze e lavoro, magari un umore nuovo, magari un po' più di rispetto, senza magie ne' rivoluzioni, ma solo la consapevolezza di certi limiti.

Augusto Fede o Emilio Minzolini?

E il dubbio sorge davvero spontaneo, perché non si capisce da quale verso stia nascendo la metamorfosi, il risultato pero' non e' certo di bella apparenza, perché il nuovo Emilio Fede dalla testa lucida e le movenze un po' più delicate, oramai non perde occasione per schierarsi dalla parte del governo che manovra la televisione pubblica, questa volta accusando chi aveva portato ai primi titoli le dichiarazioni di Spatuzza. Semplice ma brillante la domanda di Gilioli: ma se le parole di un sicario son tutte bugie, perché mai quelle del mandante dovrebbero essere tutta realtà? Questo ovviamente non interessa a Minzolini, che trovato l'evento su cui far leva per schierarsi verso il padrone, si lancia immediatamente in uno dei suoi editoriali da minzolinismo.


Faccio sogni assurdi

Da quando sono a Bruxelles faccio sogni assurdi e non ne conosco per nulla il motivo, sarà stato il cambiamento, sarà soltanto una coincidenza, un periodo, ma molti dei sogni son complessi e lasciano sempre un po' perplessi al risveglio la mattina, quando mi ritrovo con ricordi confusi, immagini sovrapposte. Nel lettone immenso che abbiam comprato all'Ikea e' ogni notte una immersione completa in un mondo che non c'è, in un pozzo profondo e buio nelle memorie celebrali miste agli stimoli della giornata e qualsiasi altra connessione possibile tra un pensiero e una paura, una voce ed un racconto.

E cosi' se una volta son stato una spia in un complotto mondiale per sovvertire non ricordo quale impero nascente, in un altro episodio vestivo la maglia dell'Inter mentre perdevamo 5 - 2 a Manchester, contro lo United, diretti dal Mancio, a 20 minuti dalla fine decide di farmi finalmente entrare, io gli chiedo di far entrare anche Roberto Baggio, Baggio non vuole, gli faccio un massaggio al quadricipite e alla fine lo convinco. Dopo 2 minuti faccio un assist a Milito che la butta dentro, incredibilmente faccio un goal su un corner e a 2 minuti dalla fine Roberto Baggio sigilla con una punizione da manuale del calcio il pareggio impossibile: tutti ad abbracciarci per il 5 - 5. Fischio finale. Abbiamo pareggiato! Rissa in campo, quelli dello United non accettano il verdetto, tafferugli ovunque e nel caos totale iniziano ad inseguirmi Rooney e Vidic, io corro con tutto me stesso, il campo scompare, siamo sugli scogli del porto di Agropoli, dove vivo in Italia, loro cadono in qualche buco negli scogli e muoiono. La mattina dopo mi chiama Capello nero di rabbia perché con quel Rooney avrebbe vinto la coppa del mondo con l'Inghilterra. Poi mi sveglio, decisamente confuso.

Nel sogno dell'altro notte ero con la mia ragazza ad Agropoli, a casa coi miei ma erano i miei di 10 anni fa e tutto era trasportato indietro nel tempo: la casa, la cittadina, le persone. Da un giorno all'altro abbiamo un bambino, ma il bambino nasce già di 3 anni, per noi e' una cosa normale e nessuno si chiede come mai quel bambino non fosse nato come gli altri ma già di 3 anni. In più il bambino nasce già con un nome. Si chiama Davide. Davide già parla spagnolo ed italiano ma a me non va che non parli inglese perché a 3 anni ancora non parlava inglese e non riuscivo a convincermi di questo, come mai un bambino a tre anni non parlasse già inglese. Davide cresce e dopo un mese inizia ad assomigliare ad un mio amico morto qualche mese fa. Ad un certo punto mi chiama Silvio: gli dico di non chiamarmi più con il nome di un mafioso. Un giorno mentre mio padre discuteva con mio zio, ascolto che parlano di un bambino smistato, che stavano trafficando bambini e che quello che avevo non lo aveva avuto dalla mia ragazza ma mio padre lo aveva portato facendoci credere che fosse il nostro. A quel punto esplodo, inizio a lanciare sedie in aria, ad urlare che un bambino non e' un prodotto. Me ne vado davanti ad una casa, e' notte, dalla porta esce George Bush in accappatoio che prende il giornale lasciato sul tappetino e parliamo dell'accaduto. Mi dice che anche sua figlia non era sua figlia e che poi lo ha scoperto ed e' successo un casino, ma almeno lei già parlava inglese. Cala il silenzio e insieme attendiamo l'alba. Poi mi sveglio, ovviamente turbato.

Come dovrebbe essere ovunque

- Ho bisogno di un medico ma non ho un permesso regolare di soggiorno. E' un problema?
- No, se hai bisogno di cure mediche il resto e' secondario. Accomodati pure.

Ecco, sarebbe davvero bello se fosse ovunque cosi'.

p.s. poi pero' il sito internet e' soltanto in francese e nederlandese..

No Berlusconi Day, Bruxelles

Si e' concluso qualche ora fa il No Berlusconi Day di Bruxelles e manca la voce, brucia la gola, le mani ancora rosse del freddo e della pioggia, ma non importa, ne e' sicuramente valsa la pena, l'impegno, la voglia di manifestare, di essere presenti, di urlare il dissenso e condividerlo con gli altri. La gente che uscendo dagli uffici per la pausa pranzo ci guardava un po' confusa proprio nei pressi del Parlamento Europeo, chi si affacciava curioso dalle finestre ad ascoltare quel nome ripetuto, urlato, gli operai distratti dai tanti cantieri intenti a far spazio a nuove scrivanie e burocrazia, i taxisti forse nervosi e chi nella solita fretta in macchina ad attendere la fine del nostro passaggio, i passanti di fronte al palazzo Berlaymont di nuovo a sentire quel nome in coro, in ritornelli, sempre accompagnato da un grande no, di continuo contrapposto alla parola onestà, e tutti coloro che quest'oggi han assistito al nostro corteo, magari avran soltanto scosso la testa, magari già sapevano e avran sorriso alla nostra voglia di cambiare, forse avuto più di un dubbio, ma sicuramente avran visto un trecento persone gridare il nome di Berlusconi, gridare al processo, alla legge, alla democrazia civile. Non e' poco. Non e' stato inutile.



 
Quando siamo partiti da piazza Meeûs un po' confusi, un po' infreddoliti, si e' subito trovata la carica e la voglia, la voce ed il calore di tutti. Arrivando alla rotonda di Schuman, di fronte al Berlaymont, eravamo tutti un unico coro e quel nome ripetuto, urlato, canzonato, caricava ogni gola, ad ogni data, ad ogni processo, ad ogni prescrizione, ad ogni legge ad personam, si alzavan le grida di più di una generazione, quasi volessero arrivare alla patria lontana, quasi volessero giungere ai palazzi di Roma, alle orecchie di chi sicuramente volterà le spalle e risolverà tutto in una battuta dalla simpatia discutibile, consapevole pero' che li' fuori qualcosa sta cambiando.




Ho gridato tra la folla, mi han dato il megafono ed ho addirittura guidato il corteo creando motti e rime, attirando l'attenzione della gente, diffondendo le motivazioni della manifestazione, ma tutta quella foga, tutto quell'entusiasmo, si son come quietati, in silenzioso rispetto, quando negli ultimi momenti prima della chiusura, una signora ha portato dal suo ufficio due foto, due persone, con una pacatezza ed un sorriso unico, due presenze che non dovremmo mai dimenticare, come monito, come esempio, come qualcosa che sicuramente oggi manca e tanto.

Sciacallaggio mediatico

Sarebbe bello se davanti a queste immagini La Repubblica chiedesse scusa, il Corriere chiedesse scusa, addirittura Saviano chiedesse scusa, il Giornale chiedesse scusa, cosi' come tutti coloro che come avvoltoi si son lanciati ad accusare e criticare il popolo napoletano per una indifferenza che in realtà non c'è stata, per una assuefazione a fatti di cronaca cosi' sconcertante che in realtà scompare nella versione integrale del filmato ma che di fatto si ha voluto diffondere, gridare, in tutto il mondo. Non e' soltanto un caso di cattiva informazione, tutto ciò e' stato puro sciacallaggio ("la parola sciacallaggio, si riferisce a chi depreda la proprietà altrui in occasione di catastrofi o altri eventi eccezionali") di dignità, rispetto ed amor proprio per chi vive in realtà sicuramente non facili, per chi probabilmente non e' senza peccato, ma non può essere dipinto alla stregua di animali, non può, non merita.