Passatempi metropolitani

Poi c'è questa regola che ti sei creato, in momenti di tedio universale, quando neanche il tuo riflesso nel vetro opaco richiama a mondi paralleli però fugaci e mentre nella metro non sei riuscito a fissare nessuno perché gli sguardi curiosi si son poi incrociati, con tutti, fino a dover soltanto decifrare in ritirata le macchie insospettabili di fango sulle punte delle scarpe mai lucidate; ed è una regola inamovibile che innesca un gioco segreto ad ogni uscita dal vagone della metro, ad ogni entrata, del non toccare mai la maniglia della porta, dell'aspettare che sia sempre qualcun altro a farlo prima di te, a farlo per te, e non per pigrizia o per l'indiscutibile assecondare di un'intima regola, ma per la ragione che nasconde, centenaria e indottrinata, questa regola che ti sei creato, che quella maniglia è sporca, incontestabilmente, perché lì, nella metro, perché alla portata di tutti, sporca sporchissima. E a causa o grazie a questa regola che ti sei creato, decidi ogni volta da che parte uscire in base alle probabilità che non sarai tu a dover tirare la maniglia della metro - o a pigiarne il bottone, a seconda dei modelli - fissando gli altri e prevedendone le mosse, in base ai passi, in base ai gesti, in base alle vicinanze. E ti sposti, a volte, anche di diversi metri, anche se eri appena al lato di un portellone della metro, soltanto perché c'è qualcuno che ti spianerà la strada un po' più a destra, aprirà il varco per te senza dover inquinare i tuoi polpastrelli e quindi rispettando quella maledettissima regola.
Troppo facile, quando la metro è affollata e c'è chi ha fretta di aprire, di entrare, di uscire, devi soltanto seguire i flussi, devi semplicemente assecondare l'onda. Diventa difficile, a volte, quando siete in pochi nel vagone e sei l'unico a dover scendere a quella fermata. Esiti, aspetti, ma poi ti arrendi. E perdi. Diventa imbarazzante, a volte, quando sei a pochi centimetri dal bottone intoccabile e hai fretta, sei in ritardo e sei tentato e c'è chi, proprio dietro di te, deve uscire e non aspetta altro che il tuo gesto, naturale, che però non farai, come immobilizzato, magari simulando una vibrazione del cellulare o spostando qualche passo come a indicare che non uscirai. Uscirai, invece, quando quella persona aprirà per sé, e per te, uscirai vincente.
E poco importa se qualche minuto prima avevi toccato per ore la tastiera dell'ufficio nido d'ogni insalata di batteri; e poco importa se poi estrai il cellulare e lo masturbi in qualsiasi momento, senza pulirlo mai (perché mai dovresti?); e poco importa se poi tagli del parmigiano a tavola, ne cade una scheggia a terra, sul pavimento di casa che non lavi da almeno due settimane - nel migliore dei casi - e che poi raccogli e mangi, buono il parmigiano, convinto che con un soffio ogni possibile germe sia andato via. Per magia. Non importa perché è soltanto una regola, una regola tua, che però a volte, quando siete soltanto in due davanti a quella maniglia inquinata, quando c'è quasi aria di Far West e non s'estrae la pistola ma al contrario vince chi mantiene il dito fermamente in tasca, hai quasi l'impressione che non sia soltanto tua, che gli altri lo sappiano e non siano pedine ma avversari. Ed è per questo che è ancora più bello, quando poi con leggiadra esperienza vinci.

Non un paese poi tanto sconosciuto

Poi ti ritrovi a leggere libri scelti in base a criteri diversissimi ma che puntualmente contengono sempre un riferimento al Belgio e la cosa inizia a diventare alquanto curiosa, perché in un club di lettura fondato a Bruxelles, in mano al buon rafeli, funziona che si sceglie un libro, si cena e ci si conosce un po', si discute del libro e poi ognuno propone un titolo per il prossimo incontro - lo difende, lo descrive, lo vende agli altri - e democraticamente si vota e si decide quale sarà il libro per la prossima serata. Com'è possibile allora, in questa casualità d'eventi, che esca sempre il Belgio da qualche parte, quel paese così piccolo, lì su, nel nord Europa? Il primo libro, per avviare la ruota, fu ovviamente scelto senza votazioni perché votanti non c'erano, al principio, e non poteva non parlare di Belgio, visto che il club nasce qui e l'autrice è stata scelta volutamente brussellese, la famosa amata-odiata Amelie Nothomb, ed il suo libro, Stupore e Tremori, perché parla del vivere all'estero, di shock culturale, perché romanzo breve e dalla facile lettura, insomma qualcosa di semplice per iniziare ed adatto ad un gruppo di expats a Bruxelles. Ma succede che, nelle possibili combinazioni di proposte e scelte tra un gruppo di italiani (ma anche ragazze fiamminghe e bulgare dall'italiano perfetto), esca poi Cuore di tenebra, di Conrad, e anche lì era facile trovare riferimenti al Belgio, quando si tratta di spedizioni coloniali in Congo. Nessuna sorpresa. Poi dall'ennesimo turno di votazioni, esce fuori Lessico Famigliare, della Ginzburg, un libro che parla di famiglia e di parole che son legami, di Torino, ma anche di ebrei, ed ecco che il padre della Natalia dove se va in esilio per un po'? Nel malignazzo Belgio. Ma tre su tre ci poteva stare - qualcuno può pensare - poteva capitare. Poi dopo un'altra cena, altre chiacchiere, altre persone, che girano, a rotazione involontaria, quasi a voler mischiar ancor di più le carte, esce fuori Che tu sia per me il coltello, di Grossman, di lettere, fantasie ed Israele e lì, no, pensi, non ci sarà di sicuro il riferimento al Belgio, perché mai dovrebbe esserci in una storia d'amore per corrispondenza tra due israeliani la parola Belgio? E invece il cugino di lei, tale Alexander, partecipa ai giochi olimpici con la squadra belga: non ha nessun significato nella storia, per l'autore, per il lettore, se non per te, che ti ritrovi il Belgio per la quarta volta nel quarto libro, l'ennesima coincidenza. Ma non basta perché poi, la ruota delle proposte e dei lettori sceglie Stella distante, di Roberto Bolaño, libro lontanissimo, che parla di Cile, di dittatura, di esiliati, ma anche di circoli letterari, di poeti, ed ecco che, in una riga, in un elenco di poeti, spunta una certa Sophie Podolski, poetessa belga, sconosciuta probabilmente anche ai belgi. Cinque, cinque libri e cinque volte Belgio.
Certo, Belgio e Bruxelles ce li ritroviamo in ogni notizia recentemente, conditi d'aggettivi o propaganda, reclami e austerità, ma in 5 libri di fila davvero sembra uno scherzo del destino, in barba ai tanti che ripetono "Bruxelles senza istituzioni europee non sarebbe nulla", forse perché il Belgio non ha mai vinto una coppa del mondo, sarà, in effetti chi dovrebbe conoscere quel paese così piccolo, là su, nel nord d'Europa? Certo, di sicuro gli esperti di architettura e quelli di fumetti, quelli di surrealismo e quelli di birra, ah e quelli di cioccolato e quelli di storia africana, e di jazz e di musica francese. Va beh, meglio fermarsi qui. In realtà, ci siam convinti che il club di lettura ha la sua magia, ma anche che il Belgio non è un paese poi tanto sconosciuto.