Perché nessuno scende in piazza?

Perché il popolo non scende in piazza a protestare? Perché l'opposizione non organizza un corteo nazionale di protesta ora e non in qualche data a settembre come avevano dichiarato un mese fa? Perché l'opposizione non scende alle azioni, ai fatti, invece delle parole o delle magliette "denunciaci tutti"? Perché non dimostra di voler informare il popolo scendendo in piazza ed informandolo, proprio quando la libertà di informazione e' minacciata? Perché ci sono 75.000 firme per l'appello di Repubblica ma nessuno che pensa sia meglio farsi vedere, camminare, urlare per strada, striscioni, megafoni, invece di star comodamente alla propria scrivania, scrivere nome, cognome, città, email e professione, premere invia e sentirsi orgogliosi magari di aver aiutato il proprio paese? Perché non si reagisce invece di continuare a subire? E' davvero tanto importante che Celentano abbia aderito all'iniziativa o che Saviano abbia scritto quattro righe per ricordarci quello che succede, ma poi nessuno prende un foglio di carta, ci scrive richiesta organizzazione corteo, propone un percorso e ne richiede l'approvazione? E' più fico un V-day organizzato da chi sa tenere il palcoscenico e non lo sciopero dei blogger di chi non usa l'ombrello mentre piovono rane, ma poi tutti a casa mentre si denunciano domande, semplici domande?

Indicatemi la via, please

Oggi e' un giorno triste: la libertà di informazione in Italia ha subito un altro attacco, diretto, esplicito, riluttante se pur attraverso procedure legali che non hanno dato ancora verdetto ma certificano di fatto la volontà di ridurre critiche, domande, opinioni, espressioni. Il nano questa volta si sarà fatto prendere dalla sua intolleranza, dalla sua smania di potere, dal suo vittimismo banale ma continuo, denunciando un giornale per dieci domande inesorabilmente pubblicate da più di un mese, cui nessuna risposta e' stata data, ma la sola attenzione di ricorrere a vie legali. Non ce l'ha fatta ad ignorare, come fece al G8 snobbando i giornalisti stranieri e cercando di camuffare il tutto in una perfezione palesemente fittizia. Non ce l'ha fatta, questa volta e' esploso. Per la prima volta nella storia dell'informazione italiana gli interrogativi di un giornale finiscono davanti a un tribunale civile. Non e' una novità: la censura e l'occultamento sono da sempre le migliori armi del nano nella sua ascesa e mantenimento del potere, da quando la televisione pubblica e' diventata una succursale di quella (sua) privata ed il popolo italiano viene cibato di notizie innocue, falsate, nascoste. Cosi' leggi personali, processi per corruzione, attacchi da stampa internazionale, sono passati senza lasciar eco nelle case degli italiani e l'Italia diventava l'unica anomalia in Europa, dove un premier può manipolare persone, leggi, informazioni, al solo scopo di arricchimento e potere.

La situazione non si risolverà sicuramente da se' e anche se il nano desse le dimissioni (evento impossibile), nuove classe politici difficilmente riporterebbero alla normalità leggi e decreti spesso alterati per favoreggiare se stessi, difficilmente andrebbero contro i propri interessi (gli interessi del popolo sono tra le ultime priorità). C'è chi invoca alla rivoluzione, alla rivolta come soluzione unica e necessaria per ristabilire un governo giusto (?), rompendo la cupola di vetro costruita intorno all'informazione, alla mentalità italiana. Ma una rivolta e' spesso causa del disfacimento di un paese e alla fine dopo i vinti, son pochi i vincitori. C'è chi spera al suo decesso, aggrappandosi all'età non certo giovanile, ma non e' tanto la persona il problema, quanto il complesso politico e sociale che ha permesso tali avvenimenti. C'è anche chi lo sostiene per un Nobel per la pace, ma la follia si sa, conosce tante vie per manifestarsi. C'è chi invoca l'aiuto dell'Europa, soprattutto in casi come questi, in cui le accuse e gli attacchi alla libertà d'informazione son cosi' pubblici e sfrontati che l'opinione internazionale non può non intervenire. L'opinione, appunto.

Magari se il trattato di Lisbona entrasse in vigore, centralizzando più potere nel parlamento europeo, qualcosa davvero potrebbe cambiare e allora su Irlanda, vota Si' al prossimo referendum. Ecco, il referendum del trattato di Lisbona in Irlanda, da ripetere perché il primo No non andava bene al governo e all'Europa: scelta democratica ripetere un referendum ignorando ciò che il popolo ha precedentemente e legittimamente votato? Beh, in Italia cosi' come in tanti altri paesi europei non c'è stato nessun referendum, e' tutto passato senza interpellare il popolo e forse per una volta la lega aveva ragione, nel chiedere un referendum, nel dubitare sul trattato, cosi' come adesso dubita la Germania, perché centralizzare il potere lontano dai bisogni dei singoli popoli rischia di aver effetto contrario, perché solo un “popolo europeo” potrebbe legittimare la Costituzione, ma in realtà un “popolo europeo” non esiste; e allora su Irlanda, vota No al prossimo referendum.
E allora se una rivoluzione e' poco auspicabile, se la morte e' la speranza degli ignavi, se l'Europa non può fermare questo disfacimento di una nazione vittima di fame di potere, corruzione e disinteressamento, qual e' la via di salvezza?

Kayaking in Belgio: Vieuxville

Ringraziando l'ennesima domenica soleggiante in quest'estate belga senza precedenti (da quel che mi dicono, per me e' la prima) e cercando un'alternativa alla costa, al mare, alla spiaggia (che eretici, come se andare al mare qui fosse cosi' normale e banale... ) questa volta abbiamo scelto un'attività immersa nella natura e allora e' bastata una piccola ricerca sul web per trovare numerosissimi centri avventure organizzati con svariate alternative, tutte immerse nei paesaggi verdi della Vallonia, e finire per fare un po' di kayaking in Belgio, sul fiume Ourthe.
La scelta e' caduta sul centro Palogne, nel sud del Belgio, nei pressi della città di Vieuxville, raggiungibile in macchina in meno di due ore o in treno con giusto un pochino più di tempo. Il centro e' davvero ben organizzato, con parcheggi, ristorantini, bar e persone pronte a regalarvi un sorriso all'arrivo, capaci ovviamente di parlare francese, nederlandese e inglese (siamo in Belgio!).

Si lascia la macchina al centro e grazie ad un pulmino si vien portati un pochino più a monte: da li' inizierà il percorso in canoa che in 8 km di fiume vi riporterà alla base (cioè, vi riporterete alla base, perché di corrente non aspettatevene tanta). Si paga per chilometri e non per ore, quindi in teoria avete tutto il tempo che volete per raggiungere la meta, anche per questo alla partenza vengono forniti contenitori impermeabili perché tutti si possano portare a bordo cibi e bevande per picnic e spuntini vari sulle tante spiaggette che spuntano da ogni lato del fiume. Si possono affittare kayak ad uno o a due posti e sono della tipologia difficile da ribaltare, quindi anche i meno esperti si troveranno a proprio agio:)

L'esperienza e' davvero simpatica, lungo il tragitto vedrete tanta natura, anatre affiancarvi in compagnie, mucche pascolare ai lati, enormi distese di verde, piccole colline rocciose ed il castello fortificato proprio nei pressi del centro. In alcuni tratti pero' il livello dell'acqua e' stato talmente basso da costringerci ad uscire dalle canoe e spingerle visto che s'erano arenate sul fondale roccioso!:S L'acqua pero' non e' per nulla freddissima e molti ne approfittavano per una rinfrescante nuotata.

Otto km non sono sicuramente pochi per chi come noi non pratica lo sport e lo ha scelto soltanto per una domenica diversa e carina, e spesso le soste sui bordi del fiume sono quasi obbligate, piacevoli scuse per far foto e respirare tutto il verde che intorno continua a prosperare nei sui cicli naturali. Al traguardo si arriva stanchi e un'ottima birra belga e' il rimedio migliore per alleviare ogni dolore;)

Se siete a Bruxelles in cerca di qualcosa di diverso nei fine settimana, il kayaking in Belgio non e' per nulla una follia, non sarà sicuramente qualcosa di eccitante e mozzafiato, non troverete rapide e correnti forti e trascinanti, ma basterà a regalarvi qualche oohh di meraviglia e un mmh di soddisfazione.

Happy birthday Blogger!

Blogger oggi compie 10 anni e allora mi sembra più che giusto dedicare un post allo strumento che permettere di esprimere pensieri e condividerli con il mondo, alla piattaforma blog tra le più usate grazie alla quale ogni minuto ogni giorno più di 27.000 parole sono pubblicate e allora l'occasione e' perfetta non solo per festeggiare la decade di blogger ma per sottolineare l'importanza dei blog, come fonte di informazione, di divertimento, di svago, di lettura, di sfogo, di supporto, nella facilita' di creare discussioni, dibattiti o anche solo semplici chiacchierate intorno ad un pensiero sciolto, una foto, un link. In periodi come questi in cui l'informazione viene minacciata o gia' subisce restrizioni e censure, sicuramente il blog assume valori importanti, se diretti da giornalisti o dita di spessore ma non solo, perché l'informazione e' un bene comune cui tutti dovrebbero partecipare.
Come ogni strumento che includa ampi gradi di libertà, anche i blog possono pero' indurre in tentazioni, creando angoli di disinformazione, violazione di privacy, errate interpretazioni ed ogni altra sfaccettatura oscura connessa al pensiero umano, perché in fondo un blog non e' altro che una finestra su un mondo, una persona, un argomento, e non e' detto sia quella giusta, quella perfetta, quella della Verità assoluta ed indiscutibile. In questi casi i commenti sono sicuramente il giusto compromesso (soprattutto quando liberi e non filtrati) in modo da esprimere un dubbio, negare con prove o semplicemente dire la propria, aggiungere un'idea o un disaccordo.
E allora basta una parola chiave, una ricerca, un link ed ecco che si apre una porta, una finestra, un piccolo spiraglio sul mondo creato da un autore magari timido o un appassionato di scrittura o un abile fotografo o soltanto a dispensare consigli su un luogo, una città o sul nulla: la varietà. E c'è chi progetta di andare a Londra, chi e' sempre in fuga verso qualcosa di nuovo, c'è chi ama il viaggio, c'è Marco a Limerick, c'è Ivan a Dublino, Aniello a Londra, c'è Krallo a Stoccolma, Alekos ad Edimburgo e chi a breve lo raggiungerà, c'è un aviatore sopra un mare di pensieri, c'è chi prova a diffondere notizie utili raccontandoci cosa dicono di noi (Italiani) all'estero e ci son i ragazzi a Dublino, che seguivo e continuo a seguire nonostante il trasloco a Bruxelles: e allora ci son tre cavesi nella città contraddizione, c'è chi studia e ristudia la sindrome dei lamenti, c'è chi ci avvicina ad un mondo per molti diverso ma la diversità e' tra le bellezze della natura, c'è chi ci trasmette nuove vie di affrontare le cose, c'è il direttore e la sua meta', Angelo e zio Freddy, avventure nell'ex tigre celtica e tanti altri che non scrivono da un po' ma la blogsfera li attende con impazienza:) E poi ci son i blog da Bruxelles, chi racconta il luogo comune, chi lo chiama la città del bimbo che piscia, chi lascia pensieri in libertà e chi se la prende col signoraggio e tanti altri ancora, semplici esempi di cosa si possa trasmettere attraverso un blog, da rinnegare, da accettare, da leggere e dimenticare, da ignorare, da associarvi il pensiero di oggi o condizionare quello di domani, da salvare come link o da lasciare un commento perché un blog non e' completo senza i suoi lettori e allora buon compleanno blogger e grazie a tutti voi:)

Per non dimenticare, Berlusconi al Parlamento Europeo (2003)

Fatevi tante grosse risate, ma poi ricordatevi quella persona oggi che ruolo occupa e quanto potere ha in Italia.

Parte prima:


Parte seconda:

Storielle (vere) di crisi e fughe

Andrea, 25 anni, campano, neolaureato, nessuna esperienza lavorativa, giusto un contrattino nella sua università. Con un inglese balbettante lascia l'Italia, "vado un anno a Dublino e poi torno" dice ai suoi nel novembre 2007, senza sapere nulla sull'Irlanda e con tante fantasie in testa su un posto migliore, moderno, diverso, con tanti fantasmi in testa di cose da cui fuggire, dimenticare, cambiare. La prima settimana fa tre colloqui a Dublino, dopo 9 giorni trova lavoro: la tigre celtica e' realtà. Il suo inglese e' un continuo oltraggio alla lingua, il suo coordinatore gli invia email per assegnargli task, sapendo che parlando non si sarebbero capiti. Andrea studia 5 mesi in una scuola serale, a lavoro si impegna, la sera scintilla tra party e pub, ritorna 18enne e si dimentica tante cose. Dopo 6 mesi Andrea si becca bonus e aumento di stipendio, alcuni colleghi irlandesi lo chiamano legend perché una sera in un pub bacia tre ragazze diverse davanti ai loro occhi. Andrea costruisce tante bellissime amicizie a Dublino, non solo con italiani, che non evita ma anzi ci condivide casa. Dopo un anno e mezzo, la tigre celtica che lo aveva accolto a braccia aperte inizia a scricchiolare, la sua azienda inizia a sprofondare e licenziare tutti coloro assunti da meno di 2 anni (per non pagare liquidazioni). Nel frattempo Andrea aveva trovato l'amore a Dublino e non si cura del resto. In Europa e nel mondo scoppia la crisi, "in periodo di crisi rimani dove sei, non ti muovere" gli dicevano, ma lui stava per perdere il lavoro e allora si guarda intorno. Il giorno del licenziamento ha già un altro lavoro, altrove, in Belgio. Andrea e' felice.

Marta, 30 anni, siciliana, laureata in filosofia, lascia l'Italia nel giugno 2008 per seguire il ragazzo in Belgio. Lei non parla inglese, non parla francese ed il suo cv non e' per nulla competitivo in periodo di grande crisi, ma non si arrende, per un anno studia il francese assiduamente fino a diventare fluente, nel frattempo lo stipendio alto del ragazzo permette ad entrambi di andare avanti. Luglio 2009, Marta ricomincia a cercare lavoro, anche come cameriera, anche come commessa, qualsiasi cosa fosse lavoro, invece riceve numerose chiamate per traduzioni francese-italiano e trova finalmente un lavoro. Marta pero' non si ferma, si iscrive ad una scuola di inglese per puntare ancora più in alto, la sua eta' ed il suo cv con quella laurea in filosofia non sono più un problema, perché ha scoperto che con l'impegno può realizzare qualche sogno, almeno in Belgio. Marta e' felice.

Angelo, 26 anni, campano, da 2 lavorava a Roma sbattuto da un'azienda ad un'altra con uno stipendio rosicato. Rincuorato dalle vicende di Andrea, si decide a partire e lascia l'Italia, lo raggiunge a Dublino nel marzo 2008. Le prime due settimane fa diversi colloqui, dopo 10 giorni trova lavoro nonostante il suo inglese affannato: la tigre celtica ruggiva ancora. La sua azienda chiude il 2008 in attivo e vanta grandi profitti alla faccia della crisi mondiale, e' un'isola felice in una Dublino in cui licenziamenti e valigie son come un bollettino di guerra giornaliero. Intanto Angelo vive la città, si diverte con Andrea, migliora la lingua, amicizie, viaggi, lavora e si fa apprezzare in ufficio. Alla review annuale pero' niente bonus e niente aumento, tutto bloccato per tutti, c'è crisi, gli inizi del 2009 son duri per chiunque. Angelo saluta Andrea a marzo 2009, ma decide di rimanere almeno un altro anno, perché a Dublino ha trovato il suo equilibrio e per ora sta bene, sognando l'Australia ma con in testa un futuro in Svizzera. Angelo e' felice.

Alessia, 23 anni, madrilena, neolaureata lascia Madrid e vola a Dublino per 6 mesi per migliorare il suo inglese nel settembre 2006, ci rimane 2 anni, lavora un anno in una banca ed un anno in un'azienda di telecomunicazioni. Ad ottobre 2008 la sua azienda riceve la visita di uno dei ministri del governo irlandese perché unica in quel periodo di crisi ad assumere e promettere assunzioni in modo eclatante, l'azienda viene etichettata come salvatrice e luce in quel periodo di incertezze. Alessia pero' ha problemi a casa, la madre ha bisogno di lei per motivi di salute, senza troppo esitare torna in Spagna nel dicembre 2009. Dopo due mesi tutto il suo dipartimento nella super azienda salvatrice chiude e licenzia tutti, c'è crisi anche li'. A distanza di 3 mesi quasi tutti i suoi colleghi sono ancora disoccupati, molti hanno lasciato l'isola, perché anche se i prezzi calano, senza lavoro e senza soldi non si cantano messe. La madre si riprende e Alessia lascia di nuovo la Spagna, segue il ragazzo in Belgio e dopo due mesi di ricerca trova lavoro presso un ente della commissione europea. Alessia e' felice.

Adriano, 30 anni, veneto, dopo i primi due anni a Dublino inizia a dire continuamente di voler andar via rimandando la partenza di mese in mese ed i suoi coinquilini, Andrea ed Angelo, ci ridono sopra. La sua azienda, un colosso americano a livello mondiale, gli propone una posizione migliore in un altro dipartimento, il suo coordinatore attuale morirebbe per lui ma lui accetta il cambio. Ma c'è crisi, quel dipartimento sarà spostato in un paese dell'est a breve e allora dopo quasi 3 anni a Dublino, Adriano lascia tutto, ha bisogno di sole, di caldo, scappa in Australia. Ma il visto non gli permette di trovare quello che vuole, anche li', in capo al mondo, c'è crisi, e dopo due mesi cercando invano di trovare un impiego e non volendosi piegare al alcuni compromessi, si arrende. In Irlanda non ci vuole tornare nonostante il suo vecchio coordinatore gli offrirebbe il precedente lavoro su un piatto d'argento, ha 30 anni, dice, e ha bisogno di mettere radici in un posto che non lo faccia sentire uno straniero, ha bisogno di altra vita, quella irlandese lo aveva stufato, se ne torna in Italia, a casa da mamma e papa' o altrove nello stivale, se l'eventuale lavoro lo richiederà. Adriano e' felice.

Una domenica a Knokke

Convinti ancora una volta da quest'estate belga eccezionalmente soleggiata, dopo le spiagge di Ostende e Zoutelande, ci siam diretti sotto suggerimento a Knokke, cittadina sulla costa nord-est del Belgio, ai confini con l'Olanda. Ed infatti sembra molto più Olanda che Belgio a giudicare dalle costruzioni, dalla miriade di gente di tutte le eta' in bicicletta, dall'atmosfera che si respira; mi avevan detto che Knokke fosse un po' lussuosa come cittadina, un po' chic, e a giudicare dal lunghissimo corso pieno di negozi dai gusti deliziosi e le vetrine davvero ben curate, si direbbe lo sia, osservando abbigliamento e atteggiamenti di persone al passeggio e tanti altri dettagli che probabilmente vanno al di la' della semplice impressione o quantomeno han confermato ai mio parere le voci attinenti.

La spiaggia immensa ricorda molto quella di Ostende, non solo per le dimensioni ma anche per il panorama, con edifici costruiti fin a pochi metri dal lungomare, alti ed imponenti, a guastare un panorama ancora piu' deturpato dalla vista ad ovest, dove si scorgono lontano numerosi cantieri, piattaforme e mulini a vento moderni.

La giornata era molto ventilata ma dall'andazzo della spiaggia penso sia una parte costantemente soggetta a venti un po' per la miriade di imbarcazioni a vela lungo l'orizzonte, un po' per i tanti ragazzi equipaggiati per windsurfing e un po' per il cielo colorato da aquiloni un po' ovunque.

Lungo alcune rocce situate sulla parte est della spiaggia un sacco di ragazzini erano intenti a pescar granchi. Dopo aver parlato con una signora del luogo (mi ha parlato in nederlandese, quindi in realtà la signora ha parlato da sola, io poi ho cercato di capire.. :), ho capito un po' la catena alimentare che andavano creando aprendo alcuni molluschi con un coltello, legando il contenuto ad un filo e usando il tutto per pescar granchi e come se non bastasse, alla fine dando in pasto ai gabbiani alcuni di quei granchi. La signora (o i suoi nipoti o qualunque altra cosa mi abbia detto in nederlandese:) aveva un bel bottino:

Sulla parte nord della spiaggia ci son alcuni allestimenti che rendono il tutto piu' moderno e confortevole, con bar, ristorantini, musica e sorrisi. Se dovessi confrontare la spiaggia di Knokke con quelle di Ostende e Zoutelande, direi che e' molto simile ad Ostende come panorami, estensioni, sicuramente pero' meno rumorosa ed aggressiva (ad Ostende i bagnini ed i ragazzi dei gelati son qualcosa di assurdo, un ritornello continuo), ma la mia preferita rimane Zoutelande, più naturale, magari selvaggia, meno inquinata da business e civiltà e vale il prezzo di essere più lontana e difficile da raggiungere.
Ad ogni modo non mi aspettavo in Belgio di passare il fine settimana di ferragosto al mare, l'avrei trascorso volentieri altrove e con tante facce amiche, ma il sapore del mare sicuramente consola; sarebbe bello condividere tante cose con le persone che si vogliono bene, ma la lontananza non lo permette, le scelte di vivere la propria avventura, privandosi di affetti e sorrisi, cercandone di nuovi, sempre, vanno in direzioni diverse che non hanno il giusto o il sbagliato, di cui domani non saprà' darne un voto migliore o peggiore, e che si percorrono coscienti di quello che si attraversa e di quello che si lascia. A Dublino dicevano that's life, qui a Bruxelles dicono c'est la vie, io mi domando sempre se l'odore dei fossi forse lo riconoscono in pochi.

Ciao Davide

C'e' chi ti scrive poche righe sulla tua pagina di facebook, chi lascia un commento sull'articolo di salernonotizie che racconta la tua morte, con parole fredde, crude, del giornalismo veloce, senza dettagli, dinamiche, parlando dell'incidente di ieri notte come di qualsiasi altro fatto di cronaca, come qualsiasi altra cosa da leggere e dimenticare, come se con la pioggia forte davvero dall'asfalto andassero via le tracce del tuo scontro in una sola notte e magari di pioggia forte avrebbe davvero bisogno quel tratto di strada, di un sipario migliore del sole di oggi, indifferente rappresentate dell'eterno divenire, ma pioggia forte non basterebbe a togliermi dalla mente l'eco di tanti ricordi che ora rimbombano continui tra le pareti celebrali ed il tremolio delle labbra ammutolite, l'eco delle ultime parole scambiate in una chiamata di skype qualche giorno fa e le confessioni e gli umori non ottimali, strana contrapposizione alla tua risata abituale. Ed le parole dell'ultima canzone che hai postato sul tuo profilo, specchio sincero delle tue nuvoli recenti, suonano di addio e al contempo di inno alla vita, sembrano accompagnarti e ammonire chi resta, ti piaceva ascoltarle e le ripeto a monito, se tu le ascoltavi in cerca di sostegno e disegno di una depressione passeggera, io le urlo pensando all'ingiustizia degli eventi, all'intolleranza delle fatalità, nell'incapacità di credere a fatti reali ma inopportuni, le leggo e ti penso, ne faccio mia l'associazione e ti saluto: ciao Davide. Live forever.

Hold up... hold on... don't be scared
You'll never change what's been and gone
May your smile... Shine on... Don't be scared
Your destiny may keep you warm.

Cos all of the stars are fading away
Just try not to worry you'll see them some day
Take what you need and be on your way
And stop crying your heart out

Get up... Come on... why you scared
You'll never change what been and gone.

Pasta eaters vs Potatoes eaters

Lavorando come consulente informatico presso le ferrovie belghe, ogni giorno mi ritrovo a mensa circondato da eco nederlandesi (non so perché, ma di lingua francese ne ascolto poco li'): probabilmente io, insieme a qualcuno dei miei colleghi, siamo tra i pochi stranieri nella sala che conta un traffico di almeno un centinaio di persone. A mensa con 3.45 euro e' possibile avere il menu del giorno (zuppa, primo, frutta) o insalata/spaghetti/carne + frites. Il primo del menu del giorno contiene sempre, sempre, sempre patate: bollite, al forno, fritte, a pure', in ogni modo possibile. L'alternativa e' prendere l'insalata mista o qualcosa chiamato da loro spaghetti o pezzetti di carne in salsa marrone (piatto tipico belga, ma non ricordo il nome), tutto accompagnato da frites (in realtà non son sicuro se son frites propriamente, fritte due volte e nello strutto, o semplici patatine fritte). Insomma, la patata e' elemento dominante. Potatoes eaters, verrebbe da dire.
Dopo la prima settimana, la seconda, la terza, mangiando ogni santo giorno patate, patate e ancora patate, ecco che il lamento, manifestazione sintomatica di disagio, si inizia a far sentire; ma un pensiero, un semplice confronto, mi ha poi aiutato a ragionare: e se un belga venisse in Italia? Un mio collega di lavoro a Dublino si divertiva a chiamarmi fucking pasta eater, ma senza cattiveria e io ci ridevo su anche perché in fondo lo siamo e la cosa e' risaputa: pasta eaters. Inizierebbe a lamentarsi un belga in Italia avendo oggi pasta al pesto, domani carbonara, poi bolognese, poi amatriciana e cosi' via? All'università avevo amici capaci di mangiare ogni giorno a pranzo e cena pasta. Certo a pranzo aglio e olio, a cena sugo e tonno: la teoria che non e' sempre la stessa pasta, che cambia il condimento o la forma, cade facilmente davanti alla realtà dei fatti cosi' come per il mio collega belga, che mi spiegava che oggi erano bollite, domani fritte, etc. E' pasta. Sono patate. E se di mangiatori di patate famosi ce ne sono, come nel quadro di Van Gogh, di mangiatori di pasta mi vien più in mente uno spezzone di Miseria e Nobiltà, sicuramente migliore di questo schizzo dal blog di una ragazza irlandese e che ben rende l'idea dell'amore per l'alimento (o del bisogno di mangiare:), ma la poca fama artistica e' contrapposta invece all'etichetta, al binomio indissolubile di italiano e pasta eater.
Ascesa e declino di un lamento: pasta e patate son alimenti alquanto completi e molto simili a livello nutrizionale; se esistono popoli che ne fanno un elemento principale in cucina, vuol dire che di certo non faran male anche se mangiati in continuazione. E allora no, non son maniaci di patate questi belgi, non son matti, esagerati (o qualsiasi altro aggettivo/offesa sarebbe potuta uscire dal lamento abortito), o almeno non meno di noi nei confronti della pasta: a ciascun popolo la proprio dieta allora, ma l'adattamento non sarà problematico, anche perché posso sempre scappare dietro l'angolo da Rosario, negozietto calabrese vicino Gare du Midi, e prendere un panino con prosciutto crudo, pomodorini, insalata e bocconcini di bufala campana (ebbene si', proprio campani) o una fetta di lasagna fatta in casa dalla signora; e ovviamente no, a mangiar patate non mi verrà mai il disgusto della patata :)

Aperos urbains @ Bruxelles

Come una festa nomade, un po' discoteca all'aperto, un po' atmosfera pre-concerto, ogni venerdì in un posto diverso della città, l'Aperos Urbains e' davvero una bella iniziativa dell'estate Bruxellese. In un parco, in una piazza o dovunque ci sia spazio sufficiente per ospitare diversi bar, dj e una miriade di persone, con uno spirito rustico e accogliente ed un concetto semplice ma efficace: vivere la città; cosi' ogni venerdì basta dare un'occhiata all'agenda e da subito dopo lavoro e' possibile iniziare una bella serata in compagnia, con l'aperitivo urbano.

Nonostante il clima non sia quello da spiaggia e mare, Bruxelles e' davvero attiva d'estate organizzando eventi, concerti e manifestazioni varie ogni fine settimana; dal 2005 Aperos Urbains si differenzia un po' come idea ma e' sicuramente vincente perché si e' sicuri di incontrare un sacco di giovani in un solo posto, di trovare casino, trovare compagnia, musica, drinks, perché' magari e' anche una buona scusa per conoscere posti nuovi per chi come me e' arrivato da poco, perché l'ingresso e' libero e non c'è l'obbligo di consumare e allora molti si portano le bevande da casa, organizzano picnic, lasciano il cervello in qualche bicchiere per sentirsi piu' leggeri dimenticando lo stress del lavoro e della settimana passata o vogliono soltanto scambiare qualche chiacchiera, rilassarsi e sentire l'estate sulla pelle passando ore all'aperto con musica ed amici.


Cosi' un venerdi' all'Atomium, un altro in Parc, un altro in Louise e cosi' via. Intorno solitamente c'e' sempre qualche chiosco di hotdog, frites e churros. Al bar troverete poca varietà di birre, della maggioranza Carlsberg, e abbondanza di Ricard, bevanda francese servita con acqua, dal sapore simile alla Sambuca. Gli orari 17h30 - 23h, son un po' fittizi, il dj smette di suonare dopo le 23 ma la gente rimane, i bar continuano a lavorare e alla fine si rimane fino alle 2, complice compagnia, alcool e risate. L'unico dubbio e' sicuramente il tempo, se il venerdì sera piove, la festa e' un po' rovinata, ma sarà che l'allegria e' fortunata, da più di un mese i venerdì sera son sempre sereni. Se capitate a Bruxelles da inizio giungo a fine agosto, una delle tappe del fine settimana notturno e' sicuramente Aperos Urbains;)
Se poi siete fortunati e capitate durante il Brussels Summer Festival, gli eventi si uniscono di venerdi', ne esce fuori qualcosa di super affollato e un video esprime piu' di mille parole:

Bruxelles, babele europea

Il mio contratto di lavoro e' in inglese, la busta paga mi arriva in francese, la bolletta di Internet la ricevo in nederlandese: benvenuti a Bruxelles! La ragazza delle risorse umane nella mia azienda ha il padre italiano e la madre belga, capisce l'italiano ma lo parla appena, ma dice che nel suo paesino del sud si parla ancora tantissimo italiano; il ragazzo che qualche giorno fa venne a controllare l'elettricità a casa, ha la madre russa ed il padre spagnolo, ma lui e' nato e vissuto sempre qui; il proprietario della palazzina dove vivo e' un signore di Dublino (si', il mondo e' davvero piccolo) e si parla soltanto inglese (ci sono solo coppie UK più noi): benvenuti in Belgio!

Bruxelles si trova nella parte nord del paese, nelle Fiandre, dove si parla prettamente olandese e dove se non conoscete la lingua (il se l'ho messo solo per rispetto alla loro lingua) probabilmente la gente sarà più felice di parlarvi in inglese che in francese; ma essendo la capitale, il mix e' d'obbligo (ma a maggioranza francese): così nella parte sud della città la maggioranza parla francese, nella parte nord parla olandese, in alcuni quartieri del nord ci sono zone in cui si parla esclusivamente arabo data la grande quantità di immigrati, nella zona del quartiere europeo si parla in gran parte inglese nei bar, nei pub, nei negozi, per strada. Ma non finisce qui. Dalle fiandre del nord, dove cartelli, istruzioni, etichette, tutto e' solo in olandese, ci si sposta alla Vallonia del sud, dove tutto e' soltanto in francese: ma non basta, le lingue ufficiali del Belgio sono tre! C'è anche il tedesco: si', perché nella parte sud orientale ai confini con la Germania si parla in gran parte tedesco.

Così Bruxelles diventa una babele obbligata, un po' per immigrazioni vecchie e moderne, un po' perché terra di mezzo, luogo comune di passaggio per molti, un po' per l'enorme internazionalizzazione inevitabilmente portata dalle istituzioni europee, un po' perché nel 2009 tutti (ma per tutti si dovrebbe intendere soltanto i popoli dell'occidente ricco) siam cittadini del mondo e alcune tipologie di mix avvengono in tante capitali moderne: qui però il trilinguismo nazionale complica (o arricchisce) un pochino le cose, calcolando che tutto avviene in una capitale che supera appena il milione di persone.

Molti la chiamano capitale d'Europa, per la posizione geografica centrale, per via delle istituzioni europee o forse perché davvero qui il mix di lingue, di locali che tra loro spesso sembran stranieri, fa sentire anche lo straniero più parte del luogo e allora io che son italiano ma nato in Germania, cresciuto in Italia, che vengo dall'Irlanda e la mia ragazza e' della Spagna, beh io qui mi sento davvero europeo!