Adesso, forse

Quando poi leggi l'ennesimo endorsement a Renzi ci son tre aggettivi che ti fanno prudere le mani, perché si ripetono quasi a stancare e potrebbero facilmente sfociare in un mare di fuffa, è giovane, ti dicono, è moderno, leggi, è rottamotore, ripetono, come se bastassero questi tre aggettivi a giustificare inequivocabilmente una scelta, cieca, il più delle volte, perché quasi nessuno elenca uno, oh, almeno uno, mi dico, un punto del programma di Renzi, nessuno ne ricorda qualcuno e lo menziona, lo difende, lo fa suo, sarà che a riempirsi la bocca di giovane, moderno e rottamatore, si finisce poi col non aver fiato per altro, ma se poi ci riempiono le orecchie di giovane, moderno e rottamatore, si finisce col creare solo rumore e non si ascoltano bene altre voci, se solo ci fossero. Sarà anche quello il problema, sicuramente, che le altre voci non attirano la stessa attenzione, perché sono meno giovani, meno moderne, meno rottamatrici e non si sanno vendere allo stesso modo, ma non è in base al confronto con il passato, con il ventennio di barzelletta politica voluta, che si può motivare una scelta, perché altrimenti possiamo tranquillamente sintetizzare col solito rito, il voto di pancia, che di solito lascia l'amaro in bocca, con il tempo.

Eppure me ne basterebbe uno, oh, uno dico, almeno un punto, di Renzi, da chi lo appoggia e vuole il cambiamento, adesso, spiegato e difeso, per cambiare già opinione sulla mediocrità di una gran fetta di elettori e sulla precarietà del sistema democratico tanto difeso ed esportato; me ne basterebbe uno da chi invece continua a navigare nel suo mare di fuffa, muovendosi a ritmo di giovane, moderno, rottamatore. Non è difficile. Basta una query su Google. Il programma di Renzi è qui, son 36 pagine, troppe per molti, lo so: il valore civico della scelta politica di un elettore in un sistema democratico è inversamente proporzionato alla pigrizia con cui si raccolgono informazioni su quella scelta. E non sarebbe gravissimo, se non che quella scelta vale 1 come quella di chi le 36 pagine le legge e poi le digerisce, magari anche condendole di giovane, moderno, rottamatore, ma come condimento, non piatto principale. E che si legge in questo programma? Beh, si leggono cose carine (cambiare la legge elettorale, abolire le province, diminuire la pressione fiscale, investire sulla scuola, sulla ricerca, semplificare la burocrazia per vie telematiche), si leggono cose che molti non hanno il coraggio di dire o almeno su cui preferiscono sorvolare (registrazione delle coppie di fatto, testamento biologico), cose molto meno carine (svendere beni pubblici per ridurre il debito, seguire l'agenda Monti) e altre tra utopia e propaganda (ridurre i privilegi ai politici, togliere i finanziamenti ai partiti, combattere le mafie, la corruzione, ridurre il numero di forze dell'ordine); poi, sulla coerenza e la compatibilità di questi punti nello stesso programma potrebbero nascere fiumi di chiacchiere da bar, ma sarebbe già un passo avanti, forse.
Eccoli allora, alcuni punti. Adesso, però, adesso dimenticateli in fretta, sono noiosi, questi punti, bisogna pensare, è più facile ripetere giovane, moderno e rottamatore e affidare le proprie speranze, di pancia, a tre aggettivi. Poi però mi chiedo, amaramente, una speranza che vale meno del tempo necessario a leggere 36 pagine, che importanza ha?

Che quasi dimenticavo

Poi tra un corso di lingue, una riunione di lavoro, un treno in ritardo, un incontro necessario, ti accorgi che son cinque gli anni in cui vivi altrove, te lo fanno ricorcare indirettamente gli altri, e non c'è più quell'ebrezza di raggiungere un traguardo come dopo il primo o il secondo anno all'estero né la voglia di ricapitolare successi e sconfitte, perché iniziano ad accumularsi, gli anni, ed ingrassare di ricordi ed esperienze, trasformando un'avventura in normalità, e quella nostalgia che ti spinse a creare il video qui sotto, dopo appena un anno a Dublino, è andata rimpicciolendosi, perdendo voce e vigore, sarà anche grazie ad equilibri di compromessi personali soddisfatti e a sorrisi che, nonostante questo e quello, si riesce ad avere ogni giorno. E soprattutto a condividere. E sarà anche perché l'estero è iniziato a diventare meno straniero, avere il sapore di casa, e si attraversa il limbo degli essere metafisici (di quegli animali mitologici che son gli italiani all'estero, con il corpo oltre confine e la testa sui quotidiani nostrani) con i piedi alleggeriti da orgogli, stereotipi e superbie. Ad attraversarlo così, quel limbo, fa meno male. Se però vi piacciono i resoconti, quello di 2 anni fa è ancora abbastanza attuale, altrimenti c'è il video di una nostalgia quasi svanita, che però prima o poi doveva comparire tra queste pagine virtuali.

Contributi concreti ad un'Europa unita

Se c'è una cosa che in un qualche modo ha contribuito alla scoperta, allo scambio, alle interazioni se pur minime tra europei, formando o almeno aiutando a formare quella coscienza di un continente che raggruppa diversità e storia e conoscere lo sconosciuto a pochi km da casa, confermare o dubitare di qualche stereotipo secolare, osservare finalmente da vicino cosa altrimenti si vedeva in servizi televisivi già filtrati o tra le chiacchiere di un amico poco obiettivo, sui libri delle scuole medie, se c'è una cosa che ha spinto o almeno ha facilitato in modo incredibile gli spostamenti nella tanto acclamata unione europea, varcando confini di montagne e idee per visitare, osservare, magari dimenticare dopo pochi giorni, spesso licenziare tra smorfie d'intercalari negli aggettivi misti del bar o chissà diffondere in maniera meno superficiale perché vissuto, ecco se c'è una cosa che ha fatto vivere un po' più d'Europa agli europei, negli ultimi anni, non son state certamente le politiche nazionaliste d'interessi sempre in conflitto né la propaganda di fratellanza che si veste d'accuse quando la crisi s'estende e bussa frettolosa, né sarà stato il famoso progetto Erasmus che spesso si riduceva ad una possibilità per chi già agiato avrebbe potuto viaggiare comunque ed aveva tempo e risorse per dedicare un anno ad altre priorità, ecco se c'è una cosa che ha veramente avvantaggiato un po' tutti, studenti e non, benestanti e meno, europeisti e scettici, ma che spesso si critica, per quell'immancabile impulso al lamento e la leggerezza nelle giuste aspettative corrispondenti ai costi agevolati, e insomma ha partecipato a relazioni, scambi, toccate e fughe o ritorni e permanenze, di turisti ingenui o avventurosi curiosi, ecco, se c'è una cosa insomma che ha collaborato a quell'idea d'Europa unita, è una cosa che dovrebbe essere tanto altro e invece poi ti accorgi che si chiama Ryanair.

Quando ti ricordano quello che sei

Eppoi si voltano tutti, simmetrici verso di te, tu in fondo al tavolo e scomposto in una smorfia dai sapori misti, tu che ti ritrovi spinto sul palcoscenico dell'attenzione a raccogliere sguardi che non promettono applausi, e come incalzati da uno scatto spontaneo però curiosi scoppiano in una risata, sonora, non appena durante le due ore settimanali di corso avanzato di francese, lì in azienda, nella grande sala al quarto piano, la professoressa nomina la parola mafia e inevitabilmente tu, forse non essenzialmente tu, unico italiano in quella stanza di belgi dall'accento rauco del nord, diventi ambasciatore involontario e destinazione impulsiva d'associazioni d'idee banali. Non è la prima volta - ti ricordi- né tanto meno sarà l'ultima - ti ripeti -, ma riesce difficile abituarsi a quell'idea, quella che si diverte a trovarti sempre impreparato, quando gli altri ti ricordano che sei italiano, irrimediabilmente, e che il Vitangelo Moscarda attraverso cui ognuno ti guarda, ti ascolta, ti ricorda, indossa stereotipi centenari d'esagerazioni e verità e tu, se è vero che non t'arrabbi quando si tratta di qualcosa di positivo, seppur gonfiato, che sia arte che sia cucina o soltanto il risultato di una partita di calcio, di cui non vuoi né potresti attribuirti meriti o legami, allora ugualmente non dovresti batter ciglio quando l'altra faccia della medaglia cade sul tavolo in un rumore metallico dalle eco divertenti, appena tutti in coro ridono e graffiano, per poi scusarsi, in poche parole convenzionali, come se ti potesse offendere, come se poi potesse essere vero, che tu, lì, sia la mafia piuttosto che l'arte o la corruzione piuttosto che la moda, come se tu fossi l'Italia tutta in un concentrato di carne e accenti, non lo sei, ma devi star al gioco dei cliché fatali, raccogliere il furore del pubblico sempre puntuale e lasciare lesto il palcoscenico in un inchino d'inamovibile leggerezza, magari riflettendo qualche sorriso che vorrebbe sussurrare non sono la mafia, anzi forse sono sempre meno italiano, eppoi sono io, tutto qui, ma che invece sarà riassunto in un sono italiano, sono la mafia, la torre di Pisa e pure la Nutella, l'ingresso è libero, prego, venghino siori e siore, venghino.
Eppoi tutti si voltano nuovamente verso la prof, il sipario si chiude veloce e il palcoscenico scompare, lì, in fondo al tavolo, al quarto piano, durante il corso settimanale di francese avanzato, e tu ti dimentichi, rapidamente, quello che sei negli altri, per continuare, solitario, a pensare d'essere soltanto te stesso, all'estero, in mezzo agli altri.