Questione d'equilibri, forse

Io, cara conduttrice d'autobus De Lijn, avrei voluto davvero poterti dire qualcosa di più, quando al timbro del biglietto hai condiviso parole quasi guardandomi negli occhi, anche se gli occhi stanchi fissavano il biglietto, l'ho capito dal movimento delle labbra inaridite, che poi ho guardato, e dal graffio dell'accento acuto, ma non ho saputo interpretarne il suono, non sapevo come codificare i tuoi endecasillabi fiamminghi per me stonati, io che lì son un turista, anzi peggio, perché il turista ne ha la consapevolezza e la leggerezza. (A me manca la seconda, perché avrei voluto davvero poter dire qualcosa, dopo tre anni e mezzo nel tuo paese). Forse hai detto ma quanto fa caldo, l'ho intuito quando con la mano hai imitato un ventaglio, non appena le sinapsi elettrizzanti han deciso di lasciar perdere il suono e concentrarsi sul resto. E in effetti faceva caldo, su quell'autobus in quel di Mechelen, perché in Belgio si passa un anno a lamentarsi del clima uggioso e della voglia adolescenziale d'estati da cartolina, poi però arrivano 30 gradi e l'autobus diventa un forno senza scampo mentre la città arrostisce per mancanze latitudinali di predisposizioni artificiali.
Avrei voluto rispondere anche a te, signore distinto che sedendoti al mio fianco hai detto qualcosa di simpatico, l'ho capito quando un sorriso accennato ha cercato di riflettersi sul mio, smorzato. In una società multiculturale dove però non ci sia una lingua comune, si diventa tutti un po' asociali, per mancanza di connessioni sensoriali su cui far scivolare danze d'esperienze culturali. Quando il ragazzo dal bianco nordico seduto di fronte ha iniziato a perdere colore, perché le sue lentiggini schiarite iniziavano a colare come gocce appesantite sulla tela madida, lo sguardo s'è voltato al finestrino che inquadrava pannelli solari installati su tetti lungo il fiume, lì, a Mechelen, in Belgio. La speranza di un fiammingo è rappresentata anche da un pannello solare. Non appena il tizio sovrappeso è entrato alla fermata, purtroppo non la mia, la sua forza ascellare ha steso ogni volontà sociale; i graffi in gola di quel sudore da masticare, inevitabilmente, lasciavano segni di sofferenza sul collo e smorfie di dolore camuffate da compostezze narcotizzate.
Il sole che soddisfa la speranza del proprietario dei pannelli solari è anche il destinatario di bestemmie in rima d'espatriati in Belgio, come se il sorriso di chi ottiene l'atteso calore si debba equilibrare per qualche mistica legge naturale con l'agonia di chi soccombe sotto attacchi ascellari. Maledetti pannelli solari.

2 commenti:

dlx ha detto...

Hoi Andima,
het is wel tijd om de meeste populair Belgisch taal te leren!! ;)

Grazie, davvero, per descrivere cosi` bene le sensazioni che questo paese ci trasmette tutti i giorni. Penso di non essere il solo a ritrovarmi nei tuoi aneddoti.

Resisti, oggi piove di nuovo!

andima ha detto...

ehehehe, si' sarebbe quasi ora! E a breve incomincio dei corsi in azienda, nella pausa pranzo, vediamo come saranno e se non basteranno, a quel punto m'iscriverò ad una scuola serale, anche perché dopo 3 anni di francese adesso e' ora di cambiare :)

Per un mese devo lavorare a Mechelen e niente, mi devo limitare all'inglese, quando si può!