Adesso che è stata pubblicata l'ennesima classifica dei paesi migliori, un po' come quella sui paesi falliti, ognuno corre subito a cercare la posizione del proprio paese o del paese dove è emigrato, alla ricerca della soddisfazione o della delusione, dove l'orgoglio è dietro l'angolo così come un pizzico di nazionalismo o l'odio confermato verso il paese di residenza o verso quello d'origine, per testimoniare che dove vivo io è meglio o non è poi tanto male. Ma se prendiamo la classifica e invece di metterci a vedere e confrontare e lamentarci o gongolarci a seconda dei dati (classico comportamento di fronte a una classifica del genere), la capovolgiamo, quali sono gli ultimi paesi? Gli ultimi 8 per esempio, tutto Africa, il continente depredato, violentato, sfruttato per il benessere di pochi. L'ultimo è proprio il Burkina Faso, la terra di Thomas Sankara, assassinato dalle potenze occidentali perché troppo impegnato a migliorare un luogo che doveva rimanere debole e sfruttabile.
E anche se le prime posizione sono occupate dai paesi storicamente neutri come Finlandia, Svezia, Svizzera e così via, nelle interconnessioni e dipendenze del villaggio globale ogni partecipante è complice sorridente. E allora arriviamo a vantarci o esser felici per una posizione in più o una differenza sicuramente non abissale o addirittura ci scandalizziamo se la Spagna ci sorpassa nell'indice della buona cucina, quando stiamo soltanto affannandoci su paesi che alla fine son tutti benestanti, chi più chi meno, vivendo probabilmente nella prima metà, ma non ci accontentiamo o puntiamo sempre più in alto o vogliamo raggiungere l'equilibrio ottimale dei nostri compromessi: nulla da eccepire, per carità, che le cose non si cambiano con qualche parola risparmiata e la denuncia di un degrado è sicuramente un incentivo al miglioramento così come la conferma di un merito è giusto che sia pubblica e riconoscibile, ma almeno la coscienza delle cose, quella sì, se fosse comune, sarebbe già un gran bel cambiamento, perché se c'è benessere in cima è anche perché c'è povertà in basso in un equilibrio naturale che non c'è.
Questo post è stato ispirato da un commento al post di pedro.
2 commenti:
nulla da eccepire alla tua considerazione.
mi sono fatto trascinare anche io in questa gara adolescenziale tipo 'a chi ce l'ha piu' lungo', senza rivolgere uno squardo a chi sta messo davvero male.
le classifiche hai ragione, sono inutili per noi che, chi piu' chi meno, viviamo in un cosidetto 'benessere', mentre in africa, asia, sudamerica ci sono realtà di degrado, fame, povertà estreme.
tutto questo nel silenzio, colpevole dei paesi ricchi, che anzi sfruttano, letteralmente i paesi già poveri.
ancora una volta vorrei suggerire un ottimo libro: i crimini delle multinazionali.
ognuno di noi puo' attivamente migliorare le condizioni di tanti sfruttati.
nel mondo moderno, consumista ad oltranza, i consumatori, noi, abbiamo un potere enorme tra le mani, ma non ce ne rendiamo conto.
basterebbe diventare consumatori consapevoli, critici, interessati.
fare pressioni su chi ci vende i prodotti, richiedere maggiori diritti a chi lavora per le aziende da cui noi compriamo.
il 99% delle produzioni arriva da paesi poveri e sul fondo della classifica.
solo cosi' possiamo aiutarli a crescere.
@pedro
non volevo colpevolizzare troppo chi fa qualcosa di sicuramente naturale: confrontare. L'ho fatto anche io, e' la prima cosa che ho fatto vedendo la lista, ho visto Italia, poi Spagna, poi Belgio, poi Irlanda, poi Svezia, poi ho pensato di ribaltare la classifica ed ecco le considerazioni del post. Se apri la classifica dei "falliti" le ultime sono più o meno le prime di questa dei "migliori", ma nominarli migliori e falliti irrita non poco, davvero.
E non volevo neanche risultare ripetitivo arrivando alle stesse conclusioni del post sulla classifica dei "falliti", ma certe cose probabilmente le ripeterò fino alla nausea, se son giunto a quelle considerazioni alla fine le ho condivise senza pensare troppo al ripetermi, il blog e' una "valvola di sfogo nel costato" e sfogo sia;)
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