Essere italiani all'estero

Li chiamano in tanti diversi modi, con fantasia o disprezzo, con riciclaggio o con orgoglio, ma gli italiani all'estero non son altro che persone normali che vivono altrove. Oppure no.
Essere italiano all'estero è infatti tante cose, alcune speciali, altre banali, che soltanto gli altri italiani, quelli in Italia, possono capire. Oppure no.
Essere italiano all'estero è essere un cervello in fuga e addirittura un danno economico per l'Italia, anche se non tutti sono ricercatori in cerca di fondi e non c'è un filtro al controllo all'aeroporto; la frontiera, se esiste ancora, la attraversano anche quelli che sono in fuga dal proprio cervello e si vede. Essere italiano all'estero è avere i piedi leggeri ma né più né meno dei cugini francesi, spagnoli, tedeschi, irlandesi, polacchi o olandesi, solo che l'italiano all'estero è italiano e allora cambia tutto. Oppure no.
Essere italiano all'estero è lamentarsi in continuazione della situazione politica e sociale italiana ma poi non iscriversi all'AIRE, per esempio, perché è un'istituzione italiana e quindi fatta male, meglio rimanere residenti ufficiali da mamma e papà come foste un fantasma, continuare a non votare dall'estero, anzi dire di non votare dall'estero perché non è giusto votare vivendo altrove ed influenzare attivamente il voto di chi invece lì ci vive ancora,  però continuando a vomitare lamenti, che non si riesce a non pensarci e in fondo è sempre la patria, perché my country, right or wrong. Oppure no.

Essere italiano all'estero è voler essere soltanto qualcuno in un luogo, ma non funziona, perché poi c'è il nome, italiano, e l'aspetto, italiano, e l'accento, italiano, e c'è quella cosa, l'italianità, che è dentro e c'è chi la sfoggia con orgoglio, chi se la porta dietro come un'ombra, chi quasi con vergogna, chi io non mi sento italiano, ma per fortuna o purtroppo lo sono.
Essere italiano all'estero è riconoscere Tiziano Ferro che canta dall'altoparlante della metro di Bruxelles in una serata di solitudine ed avere come un senso di disgusto che sale lento dallo stomaco al collo, dalle dita al sudore sulla fronte, che gli altri x-ani all'estero non possono capire. Oppure no.
Essere italiano all'estero è venir considerato il giudice supremo di ogni lasagna e tiramisù, della pasta super scotta fatta dall'amico tedesco, per esempio, che non avresti mai mangiato neanche con la pistola alla tempia ma che ingoi, anzi lasci sciogliere in bocca, con il sorriso di un'educazione empatica; o essere chiamato ad assaggiare la pizza, quella lì che tutti suggeriscono in città, anche se tu, in Italia, magari la vera pizza non sapevi neanche che sapore avesse, ma tanto chi te lo chiede non lo sa, sa che sei italiano, un italiano all'estero, e allora tu sei l'Italia. Tu. Pensa te.

Essere un italiano all'estero significa conoscere una ragazza colombiana bellissima che poi ti dice di stare con un italiano e d'improvviso sentirsi quasi in colpa a guardarle la scollatura, che se fosse stata con un francese ci avresti provato quasi più gusto ma con un italiano no, che è subito in famiglia e ti dispiace.
Essere italiano all'estero è rappresentare l'Italia tutta in una sola persona, quando in ufficio il collega si avvicina parlandoti dell'ultima battuta internazionale di Berlusconi con gli occhi increduli e con il tatto di chi ti sta annunciando un lutto improvviso, a te che magari la notizia era addirittura sfuggita o che l'assuefazione di abitudini natali sminuiscono notevolmente o a te che invece ti difendi, come a sentirti attaccato da forze straniere, come a vestirti da ultimo fante inviato a lottare contro i barbari invasori. Oppure no.
Essere italiano all'estero è sentirsi responsabili se in ufficio sta per arrivare un nuovo collega, italiano, sentirsi responsabile delle sue capacità, del suo inglese, della sua cultura, perché lì, nel tuo ufficio, italiano come te, rappresenta anche te, rappresenta un'altra finestra sul tuo mondo per gli altri, fatta di stereotipi da confermare o novità da scoprire, rappresenta un te che non puoi controllare perché non sei tu ma che ha conseguenze su di te. Oppure no.
Essere italiano all'estero è confrontarsi costantemente con gli altri italiani all'estero, giudicarli, osservali, godere dei loro errori nella lingua straniera, ridere del loro accento inconfondibile, evitarli quasi fossero la peste o finire col relazionarsi soltanto con loro, perché gli altri, gli altri, gli altri. Ecco, sempre gli altri, ma tu? Essere italiani all'estero significa sentirsi speciali per non si sa quale motivo, sentirsi addirittura migliori rispetto agli italiani in Italia e provare strani orgasmi interiori quando si dice di vivere all'estero, che all'estero è tutto più bello, anche la pioggia. Oppure no. Essere italiani all'estero è vantarsi di vivere in un paese più civile, poi però tornare in Italia e dimostrare di non aver imparato molto da quella ostentata civiltà, ma la colpa poi è sempre dell'intorno, italiano. Oppure no.
Essere italiani all'estero è sentirsi chiamare vigliacchi, fuggiaschi, egoisti, per avvantaggiarsi di un'agevolazione dei tempi moderni e volare altrove con pochi soldi e provarci, senza ancora la consapevolezza di diventare così un italiano all'estero. Ah, perfida trappola!

Essere italiani all'estero è tornare a casa credendo d'essere in vacanza e fare a cazzotti con il proprio passato, venir travolti da valanghe d'emozioni, positive e negative, e riprendere un aereo con il testa battaglie di ricordi e certezze, delusioni e conferme.
Essere italiani all'estero significa decifrare una propria italianietà anche negli altri e attraverso gli altri conoscere la propria, finire con l'imparare qualcosa di più della propria terra vivendo altrove e poi tornare in Italia e sentirsi mezzo straniero, perché magari non tutte le scoperte lasciano il sorriso, non tutti i cambiamenti son compatibili con la vita che si aveva prima, non tutti gli italiani all'estero poi riescono a vivere in mezzo agli italiani in Italia e rimangono come in un limbo amaro di compromessi e nostalgie. Oppure no.
Essere italiani all'estero è tutto questo e tanto altro oppure no, perché ciascuno in fondo ha la propria avventura all'estero, il proprio equilibrio da trovare anche con la propria italianità, la cultura che vuoi o non vuoi hai dentro per educazione e che farà parte del percorso personale nelle culture altrui: l'importante è capirlo, senza drammi né alterigie. Oppure no.

28 commenti:

vinzInBxl ha detto...

Non mi è chiaro se tu condividi o ti limiti a riportarla la tesi secondo la quale chi si trova a l'estero compie una violazione etica nel votare.

E francamente non capisco nemmeno perchè la mancata iscrizione a l'AIRE comporterebbe la perdita del diritto a lamentarsi della situazione italiana.

andima ha detto...

@vinz
Primo punto: secondo me non si compie nessuna violazione etica, almeno nei primi anni di residenza all'estero, poi si entra in una zona d'ombra in cui, sempre secondo me, con il passare degli anni, la prolungata residenza all'estero diventa sempre più una permanenza stabile tanto da poter aver accesso al diritto elettorale nel paese di residenza e diventare, se vogliamo dirlo, meno "italiani all'estero", a quel punto probabilmente non e' eticamente corretto continuare a votare in Italia. Esempio: mio zio in Germania da 25 e più anni non si può considerare italiano all'estero (o almeno è diventato talmente tedesco che quasi conta più quella parte che la natia) e non ha senso possa votare per l'Italia. Ciccio, da un anno a Londra, per esempio, ha senso che ancora possa votare in Italia.

Secondo punto: secondo me chi non si iscrive all'AIRE si comporta esattamente come coloro di cui si lamenta: ignora una istituzione, la denigra etichettandola inutile e non funzionale, continuare a mantenere una residenza dove di fatto non e' residente, insomma si comporta ne' più ne' meno come quelli rimasti in patria che poi pero' critica, alto dal suo pulpito di italiano all'estero emigrato in un paese supposto più civile. Non parlo di nessuna perdita di diritto a lamentarsi, piuttosto di coerenza. Oppure no.

andima ha detto...

@vinz
tra l'altro in "ma poi non iscriversi all'AIRE, per esempio," si sottolinea che si riporta un esempio, se ne potrebbero elencare altri. Se non capisci è, secondo me, perché o parti prevenuto o ti sei imputato sull'AIRE.

Marco - Osio ha detto...

bel post! :-)

La mia esperienza di italiano all'estero (Svezia) non è stata molto lunga (per ora...), ma lo è stata abbastanza per rivederemi in alcuni dei passaggi che hai descritto.

Un paio di tedeschi non riuscivano a capacitarsi del fatto che non fossi in grado di preparare la pasta per la pizza... e zio fa, vaglielo a spiegare che non la faccio tutti i giorni e se la faccio la pasta la compro già fatta... niente: mi guardavano stupiti e pensavano che non gliela volessi fare! :-)

In facoltà il prof che mi seguiva ha pure una fattoria e prende dei sussidi europei. Indovina chi era il responsabile per i troppi (secondo il prof) sussidi all'agricoltura/allevamento italiano?? :-)

E quando due amici del mio compagno di stanza italiano son venuti a trovarlo e siamo andati ad una festa di svedesi, confesso che mi sentivo un po' responsabile per il loro comportamento...

vinzInBxl ha detto...

Andima. quando si parla di diritti l'etica non c'entra. O hai diritto a votare o non ce l'hai. Se il diritto al voto viene accordato anche a chi vive fuori da decenni ci sono dietro profonde ragioni giuridiche.
Soprattutto per il fatto che quella persona ha diritto a rientrare in Italia in qualunque momento a suo piacimento, senza dover dare spiegazioni a nessuno, indipendentemende da quello che ha detto o scritto per 20 anni, o anche quello che diceva il giorno prima. Perché resta un cittadino italiano.
Vedi Martina del blog.

Stendiamo poi un velo pietoso sulla tesi (non tua, te lo riconosco)secondo cui non si ha diritto a votare perché non si pagano le tasse. Allora un disabile non dovrebbe votare? E un disoccupato? Una vera assurdità. Che facciamo ripristiniamo il voto in base al censo gettando duecento anni lotte democratiche nel cesso?

L'AIRE. Non iscriversi all'aire è poco più che una irregolarità amministrativa.
Non essere iscritti all'AIRE NON è uguale a essere evasori fiscali.
Questo deve essere ben chiaro.
Non credo che ci siano nemmeno sanzioni pecuniarie. Correggimi se mi sbaglio su questo punto.

E' un po' come dire che dato che hai parcheggiato in divieto di sosta (lí c'è pure un pagamento) perdi il diritto, morale o etico, a indignarti per la mafia, la corruzione, l'evasione fiscale, la macchina del fango, etc...
Lo trovo forte come argomento.
Il diritto all'espressione del pensiero fa parte dei diritti fondamentali dell'uomo. Anche quando si tratta di pensieri incoerentie contraddittori.


Peró non sono prevenuto. E' solo che non sono d'accordo su questi due punti.

andima ha detto...

@vinz
Aspetta un attimo, ma io non ho mai parlato di togliere diritti nel post :)
Nel commento invece ho espresso la mia opinione al caso specifico, però hai ragione, c'è sempre il possibile ritorno e allora non lo si può togliere e basta, senza zone d'ombra o permanenze decennali altrove, anche se in alcuni casi sembri diventare davvero una situazione limite, ma probabilmente a quel punto è il diretto interessato che smette di esercitare il diritto, continuando ad averlo però.

Sull'AIRE, era un esempio, sul considerare istituzioni come inutili e di commettere sì irregolarità amministrative. Sull'evasione fiscale, no, non c'è nessuna conseguenza, come descrissi già nel post dedicato, migliorato poi da commenti ed esperienze altrui. E non so perché per molti suonò come un'accoppiata pericolosa, AIRE-evasione. Alcune volte scrivi A e leggono B, allora devi scrivere meglio A, perché è l'unica cosa che puoi cambiare. Per questo ti ringrazio, mi hai fatto capire che ho scritto male A e poi l'ho pure un po' esagerata.

Sul diritto all'espressione, ci mancherebbe, e sono d'accordo, è un po' forte come argomento, non è che non si possa esprimere la propria opinione su determinati argomento solo perché non si è iscritti all'AIRE, non era questa la conseguenza logica del post, era un esempio a cui se ne possono sommare altri, ma anche sommandone mille non dovrebbe ancora essere una conseguenza, è vero, ma alcune volte ne va della coerenza dei pensieri. Ognuno è libero di esprimere il proprio pensiero, per carità, poi però qualcun altro può esprimerne un altro puntando il dito contro certe incoerenze, con la stessa libertà. Certo non si arriva a mafia, macchina del fango, etc. ma quante volte lo abbiamo detto che nel nostro piccolo non siamo poi peggiori, è solo una questione di spazio di azioni/danni e poteri offerti/ottenuti, a volte.

andima ha detto...

@Marco
contento che ci si possa ritrovare in alcuni punti:) Alcuni sono solo frutto di esperienze personali, altri me li sono immaginati o li ho pescati da comportamenti altrui. Ovviamente, se ne potrebbero aggiungere di altri o si potrebbe essere disaccordo con alcuni. Coprire tutte le combinazioni di umori/esperienze è impossibile, si sa!

andima ha detto...

@vinz
aspetta, mi sono riletto quella parte, ho preso l'esempio dell'AIRE perché grazie a questo si poteva parlare di voto e (ma nemmeno qui c'è conseguenza logica, perché si può tornare in Italia per ogni voto, anche se statisticamente lo fanno veramente in pochi) al non votare, quindi lamentarsi ma non votare neanche, per cercare di cambiare qualcosa. Poi va bene, sulla valenza del voto, del suo potere e del dove votare che tanto è tutta una crema, quelli son altri discorsi. Insomma era tipo: essere italiano all'estero è lamentarsi della situazione italiana ma non usare neanche quell'unico strumento democratico ancora possibile vivendo all'estero, il voto. Questa cosa passa per l'AIRE o per un biglietto aereo ad ogni voto. IO trovo più semplice la prima opzione, perché così si regola anche una scorrettezza amministrativa.

vinzInBxl ha detto...

Certo poi non c'è dubbio che se c'è una regola va rispettata.
Io non l'ho ancora fatto all'inizio per ignoranza, poi per pigrizia, adesso aspetto dicembre/gennaio in modo da fare due o tre cose allo stesso tempo.

Poi non ti accusavo di fare l'associazione mancata iscrizione Aire = evasione fiscale. Era giusto per ribadire il concetto che avevi già espresso in passato.

pedro ha detto...

in tutto quello che hai scritto sceglierei sempre 'oppure no'.

in piu' concordo con Vinz sulla questione AIRE.

Mi sono iscritto solo due mesi fa, con il TERRORE di essere trattato come un evasore, quando ho PAGATO ogni cent di tasse nei paesi dove ho vissuto (irlanda, austria e rep ceca) e non vedo perchè dovrei pagarle anche all'italia, se non usufruisco di alcun servizio li.
Inoltre le tasse pagate ai paesi che mi hanno ospitato sono andate per la maggior parte perse, visto che non potro' mai reclamare un'assistenza pensionistica, in futuro.

Sapessi quanto mi costa dover specificare la nazione dove sono nato e merdusconi non è la ragione per cui non vado fiero di essere italiano.

pedro ha detto...

scusate se aggiungo.
L'aver ignorato l'AIRE deriva, nel mio caso, dall'aver sopravvalutato il concetto di UE, di unico paese, di libero mercato del lavoro e circolazione di persone e beni.

mi sento cittadino europeo e non pensavo di dover in alcun caso registrarmi ad un elenco di italiani all'estero.
Questa 'istituzione' non credo esista per altri europei che vivono all'estero o mi sbaglio?

Per questo non la consideravo.

Unknown ha detto...

Appena rientrata da quanlche giorno in Italia... "Essere italiani all'estero è tornare a casa credendo d'essere in vacanza e fare a cazzotti con il proprio passato, venir travolti da valanghe d'emozioni, positive e negative, e riprendere un aereo con il testa battaglie di ricordi e certezze, delusioni e conferme."... quanto è vero!

andima ha detto...

@vinz
io ho fatto l'iscrizione all'AIRE dopo il terzo anno all'estero. Il primo anno ne ignoravo l'esistenza. Il secondo anno lo sapevo ma non ne sentivo il bisogno. Poi ad un certo punto ho voluto avere il diritto di votare senza il bisogno di prendere un aereo e magari programmarmi le vacanze per un voto e in più (ancor più importante per me) voleto tagliare un altro pezzo del cordone ombelicare, non volevo più avere la residenza a casa dai miei.

@pedro
> in tutto quello che hai scritto sceglierei sempre 'oppure no'.

non ti credooooooooooooooooooooooooooooooooooooo :D

sulla questione AIRE, lo so, ne potremmo parlare per ore, l'ho citato perché bene o male fa parte del mondo degli italiani all'estero e in più è l'unica connessione per accedere al voto. Dico l'unica perché se si prende un volo e si va in Italia per votare a quel punto si è italiani in Italia, ovvio.

@Antonella
eh, quella fase accompagna anche me, spesso.

rafeli ha detto...

questo argomento ti tocca parecchio perché ci torni spesso.

p.s.: ma la colombiana? no, ecco, parliamone.

Unknown ha detto...

E poi c'è sempre il momento ciclico: "ma avrò fatto bene ad andare via?" e il conseguente bilancio pro e contro, cosa ho perso - cosa ho acquisito.

A volte, è perché ci si sente stranieri in patria che si parte e in alcuni casi, all'estero, ci si accorge che eravamo meno stranieri a casa che Altrove. Oppure no. :)

Io mi sono sempre immaginata come nella favola della cornacchia e la colomba: la cornacchia, tentando di diventare colomba, ha finito per non essere più né l'una né l'altra, non accettata dalle colombe e scacciata quando tentò di riunirsi alle sue simili, dopo aver abbandonato il nido :)

tt ha detto...

...faremo davvero un passo avanti quando la smetteremo di considerarci "italiani all'estero" lasciando spazio ad una più serena definizione di "cittadini d'Europa". Credo che gli italiani siano la nazionalità che si lamenta di più della propria condizione di espatriati, un vittimismo che non capisco: invece che considerarci dei privilegiati - perché abbiamo avuto la possibilità di muoverci e trovare condizioni migliori, oltre che fare interessanti esperienze multiculturali - continuiamo a sentirci e comportarci come se ci avessero mandato in esilio.

Zax (Andrea) ha detto...

come hanno detto anche altri, la questione dell' AIRE ti sta parecchio a cuore ... la nomini spesso :-) magari ci racconterai di più in un altro post.

andima ha detto...

@rafeli
l'argomento degli italiani all'estero o quello dell'AIRE?
Quello dell'AIRE era uno dei tanti punti, poi nei commenti divenuto quello principale. Quello degli italiani all'estero e' l'argomento principale del blog, piu' o meno, o almeno dei miei studi, cercando di capire anche me, la mia esperienza ed il mutarsi di questo viaggio. Sulla colombiana lasciamo stare, che poi titti legge il blog e chissa' che si pensa :D

@Gaia
non conoscevo quella favola, grazie mille per averla citata!

@Fra
hai ragione, sull'essere cittadini d'Europa se ne e' parlato molto in questo blog, in questo post invecve volevo riassumere e riportare alcuni degli aspetti piu' comuni che possono in qualche modo riunire o descrivere la condizione di italiano all'estero, generalizzando (in questi casi succede) o cercando di indovinare le esperienze altrui, attraverso la mia di 4 anni (tra un mese) di italiano all'estero, a cavallo tra Irlanda e Belgio, con in piu' tre anni senza memorie ma di connessioni con la Germania.

@Zax
ma la questione dell'AIRE non e' che mi stia a cuore chissa' quanto eh:) Ne e' uscito un bello scambio di punti di vista nei commenti ma piu' per una frase impostata male nel post che per una ossessione personale eh, che io all'AIRE mi son iscritto dopo 3 anni all'estero eh, cioe' io son stato uno di quelli che poi critico, come al solito.. :)

gattosolitario ha detto...

Diciamo che a volte é quasi un secondo lavoro... ma ci si può sempre licenziare ;)

Valentina VK ha detto...

mioddio, ci manca l'intervista costante ad ogni cena quando salta fuori che sei italiano/a e ti chiedono nell'ordine di berlusconi, capello, conosciunpostocarinoeconomicoperdormieavenezia :-D
guarda, anche io spesso sono ondivaga tra momenti di disperato "meno male che me ne sono andata" a disperato " che cavolo, con tuttate le tasse che i miei hanno pagato ora si trovano una pensione da ridere che se avessero evaso a quest ora erano ricchi" a disperato" mi manca andare al bar sotto casa e trovare gli amici senza organizzare con 1 mese di anticipo" (ma ormai sono rimasti solo 2 amiche su 10 in italia, tutte expat) e mi dispiace non far crescere mia figlia vicina piu spesso ai nonni..pero' recentemente ho avuto un bel sentimento al mio ennesimo rientro, ne ho scritto qui se vuoi dare un occhiata http://valentinavaselli.blogspot.com/2011/10/ita-poveri-ma-belli.html

patch ha detto...

Ciao Andima
mi ritrovo molto nelle tue parole.
Ho fatto un anno di erasmus a Bruxelles due anni fa e, da settembre di quest'anno sono tornato per un Leonardo di 3 mesi.
Ti andrebbe di incontrarci per un aperitivo una sera?
Magari al PiolaLibri, conosci?
Mi piacerebbe fare una chiacchierata su come va questo "essere italiani all'estero" in questa cittadina aperta ai giovani in fuga.
Marco B

andima ha detto...

@Valentina
letto e aggiunto al mio materiale di "studio" di sensazioni e considerazioni degli italiani all'estero verso la terra natia;)

@path
alla Piola ci andavo spesso, quando abitavo praticamente a 5 minuti a piedi da lì, per due anni, adesso mi son spostato a St. Gilles e mi diventa meno comodo ma ci vado ancora, a trovare gente strana che abita da quelle parti, al momento sono un po' incasinato ma possiamo incontrarci, nella pagina dei contatti trovi un'email;)

Valentina VK ha detto...

anche io trovavo rifugio alla Piola..ormai sono passati 5 anni. Che poi Bruxelles ora mi manca ma la puzza di pisciobagnatowaffle quando scendevo a Porte de Namur per andare a casa ancora non l ho dimenticata.

andima ha detto...

@Valentina
sì, diciamo che Bruxelles non è la capitale più pulita d'Europa anche se molti vengono qui con l'idea che sia tutto "Commissione Europea" e invece no.
Porte de Namur è migliorata abbastanza, come altre aree, certo ancora lontane però dagli standard dei vicini tedeschi. Però, per esempio, Gare du Midi due anni fa era tutto un odore strano e a detta della prof di francese, brussellese doc, qualche anno prima era ancora peggio, adesso che la posso confrontare con 2 anni fa devo dire che è migliorata tantissimo, anche se poi a detta di molti è ancora un postaccio. Punti di vista, sicuramente, ma i miglioramenti sono indubbi.

Valentina VK ha detto...

buono a sapersi, se mi toccasse al prossimo giro di ruota tornare su!

Friends For Free ha detto...

Da italiano all'estero (Germania) non posso che dire complimenti, un bel post molto molto reale! :)

Ophelinha ha detto...

Ritrovo tanto di me stessa el tuo post..e nella favola della colomba e della cornacchia (grazie Gaia:)
Non so se le mie scelte compiute fino a questo moemnto siano giuste o meno. So solo che non mi sento a casa ne' qui, ne' quando tornoa casa mia. Ed e' terribile questa sensazione di "non-belonging".
E so anche che tutta questa pioggia e tutto questo grigio mi fanno venire voglia di fuggire, magari alla ricerca di quella parte di me che non sono ancora riuscita a trovare.

Simona ha detto...

Bel post! ci sono tantissime cose da aggiungere. Quello che posso dire io è che sono venuta qui per una ragione precisa. Volevo restare. Sono rimasta. Non ho mai avuto vergogna di essere italiana tranne quando mi parlavano diBerlusconi. Sono stata oggetto di razzismo e lo sono ancora. Bruxelles mi ha accolto, i belgi no. Dopo tanti anni non ho ancora amici belgi. Sicuramente non li avro' mai. Ho incontrato italiani di tutti i tipi, ma quando aumentano le finanze e la cultura aumenta anche il rifiuto dell'altro italiano, il pregiudizio e la distanza. Diventano o sono scostanti, cinici e spesso pieni di frustazioni inutili. Credo che l'italianità non si perde se noi vogliamo che non si perda. Da tanti anni in Belgio, mantengo sempre le mie amicizie in Italia (grazie anche a internet) e vivo la politica italiana come mia. Soffro e gioisco con l'Italia. Non diventero' mai belga e non voglio diventarlo. Sono invece europea, ma di un'Europa che non esiste ancora. Quella di Delors e Spinelli per intenderci. Mi dispiace per i giovani che vengono qui per bisogno e non per scelta, quei giovani che poi non accettano la loro decisione, quella di essere partiti per star meglio, per vivere meglio per cercare la felicità che non trovano in Italia. Abbiamo tutti diritto ad un lavoro, una casa, una famiglia. Ora ho tutto questo e ce l'ho anche grazie a Bruxelles, e non grazie ai belgi. Grazie all'Europa invece, si. Senza Europa non sarei qui. Non avrei due figli stupendi e bravissimi, un marito belga, una vita che - senza drammi - ha i suoi momenti tristi e i suoi momenti allegri. Forse il problema vero della nostra italianità è proprio questo: drammatizzare tutto, perfino il voto o l'iscrizione all'AIRE. Smettiamola di tagliarci le gambe per crescere meglio...Siate voi, dubbi o certezze comprese. Essere onesti e sinceri. Se tutti noi fossimo cosi', troveremmo più amici italiani e non qui a Bruxelles. Purtroppo le frustazioni e lo snobismo creano molti nemici.