Quello che i nonni non dicono

Ci pensi quando noti che le ricette che credevi di cucinare davvero bene poi riesci anche a migliorarle e poi, dopo altre prove, altri esperimenti, altra pratica, riesci addirittura e ancora a superare ulteriormente quello che prima rappresentava già un gran bel traguardo. E pensi a tuo nonno, lì, al tavolo la domenica mattina o ad ogni festa tradizionale, quando ci si riuniva tutti insieme e ognuno lasciava che il profumo dei piatti della nonna conquistasse palati e sorrisi: facile, per la nonna, cucinare bene, dopo anni e anni di prove, di raffinamenti, migliorie. Quello che però i nonni non raccontano, ai nipoti che stan lì a fianco a chiudere gli occhi e godersi le pietanze prelibate, è di quante volte han mangiato pasta scotta o sughi troppo liquidi, troppo secchi, troppo salati, troppo insipidi, quello che i nonni non dicono, perché non ricordano, perché non potrebbero, perché non vogliono, perché altrimenti si rovina una leggenda di forchette e acquoline in bocca, è che anche le nonne un tempo non sapevano cucinare, anche le nonne una volta preparavano piatti mediocri e loro, i nonni, erano lì a mangiarli, a condividere i risultati, a consigliare, giudicare, ingoiare, aspettare. Il segreto delle nonne è tanto banale quanto importante: se una cosa non ti riesce bene la prima volta, provaci ancora, perché solo fallendo e capendo dai tuoi errori puoi poi migliorarti; il segreto dei nonni ne è un corollario non meno importante: se una cosa non è riuscita bene, ingoia e sii paziente, supporta e costruisci insieme. Il segreto dei nonni era lì, ogni volta a tavola e tu non lo vedevi, loro non te lo dicevano, e tu intanto tornavi a casa poi e la tua pasta non era al punto giusto, la mantecatura non ti riusciva bene, fallivi e pensavi che non saresti mai riuscito a cucinare a certi livelli perché, in fondo, ti mancavano gli ingredienti principali che la ricetta non menzionava: il tempo, l'esperienza, la pazienza e la perseveranza. Ed è talmente universale, quel segreto dei nonni, che dovremmo ricordarcelo sempre, in cucina come al lavoro, nelle sfide personali e nei risultati di gruppo: non demordere, fallire è una cosa bellissima.

9 commenti:

Maria Laura ha detto...

Commossa...

Anonimo ha detto...

Il sapore delle piccole cose di tutti i giorni...

Condivido il pensiero e le emozioni di Maria Luisa.


Alfonso

Alessandro ha detto...

Che dolce osservazione Antonio!

daniela ha detto...

Quello che alcuni nonni non raccontano mi fa pensare a un atteggiamento un po' da despota che alcuni adulti hanno nei confronti delle nuove generazioni. Suona un po' come: lo so fare solo io che ho lunga esperienza e ne ho viste più di te...(che devi sempre ma dico sempre imparare...).
No, non mi piacciono i segreti soprattutto quando diventano verità onnipotenti che servono a non mollare mai un po' le redini e a fare spazio a chi viene dopo.

andima ha detto...

@daniela
un'interpretazione che suona un po' a casta, o sbaglio?

daniela ha detto...

in che senso?

andima ha detto...

@daniela
nel senso che la potremmo estendere facilmente alla visione della politica come casta, ma che in fondo diventa interpretazione e risultato della cultura di un paese, che parte anche dalla pareti domestiche, come quelle dei nonni.
Ma non sarei mai riuscito ad attribuirla a loro, i nonni, almeno non agli esempi che ho avuto io. I nonni pero' non hanno bisogno di non mollare le redini ne' di privare ai nuovi di prendere spazio, almeno non quando si tratta dei propri nipoti, si spera. E non riesco nemmeno a pensarli desposta, anche perche' di solito si ammorbidiscono nel pensiero di avvicinarsi agli ultimi giorni. Per gli adulti magari il discorso e' un po' diverso, ma adulti lo siamo anche noi, dai 18 anni in poi, o giu' di li' ;)

daniela ha detto...

In effetti, sì, sa proprio di casta tra le mura domestiche. Ma questa è la mia esperienza, dove per fortuna ritrovo anche la figura amorevole e generosa di una nonna da manuale :)

Yogurt Recipes ha detto...

Very thoughtful blog