L'emigrante politicamente corretto

All'estero si muove osservando e ascoltando opinioni e pensieri altrui
digerisce un po' di tutto e poi cerca motivazioni anche nei casi più bui,
quando un connazionale cade in un lamento che lo divora in gran spirale
lui cerca di capire e con calma gli ricorda e gli spiega lo shock culturale,
se poi c'è chi non smette di bestemmiare contro l'abbandonato belpaese
lui cerca di ascoltare, calmare e infine decifrare tutte le delusioni sospese:
ce ne sono sempre, rimangono lì strette in gola fin dai tempi della valigia
e scompaiono, ritornano, ciclicamente, sotto il cielo di una città più grigia.
Quando ci si scaglia contro il paese che ci sta gentilmente ospitando
lui ricorda le tante vittorie, i vantaggi, le migliorie che lì si stanno avendo,
e quando ci si scaglia contro il paese che si è appena lasciato alle spalle
lui ricorda che non è facile, si sa, che in patria si hanno gioie e battaglie
e che alla fine sono soltanto scelte, tutto si riassume in compromessi,
non ci son vigliacchi, eroi o falliti, né tantomeno paragoni tra successi,
lo racconta sempre in giro, spesso sembrando il conciliatore perfetto:
lo guardano in modo un po' strano, è l'emigrante politicamente corretto.

S'interessa dei ragazzi scappati fuori, legge sempre il blog di Servegnini,
anche se su Italians, tra lettere e commenti, spesso son cose da bambini,
ma hanno pur sempre il loro valore, son testimonianze di cervelli in fuga
solo che quando si accumulano, si ripetono, generano sì più di una ruga
perché l'italiano all'estero porta spesso con sé questo eterno conflitto
tra la patria e l'altrove, da risolvere, un giorno, durante il proprio tragitto
che lo porterà ad una soluzione, si spera, di ritorno o di permanenza
l'importante è trovare un equilibrio, un sorriso, questa dev'esser l'essenza.

Ma ecco che d'estate sulle città del nord Europa si scaglia il temporale
e pronti son lamenti e bestemmie e i pianti per il tempo ahimè fatale!
Poi si ritorna a casa e si mangia, si balla, sotto un sole però amaro
perché non basta a scaldare tutto se c'è di mezzo il famoso dio danaro
e non solo quello, purtroppo, se c'è il problema di un'antica mentalità
che bisognerebbe lottare, a poco a poco, anche a costo della felicità.
L'emigrante politicamente corretto deve scontrarsi anche con i più cari,
gli amici rimasti in Italia che interpretano commenti come fossero spari,
si chiudono a riccio, provano a difendersi nell'orgoglio di una nazione
non capendo che non c'è paradiso in terra e partire era solo un'opzione,
non capendo che son compromessi, basta con la cultura del sospetto!
Ma non è mai facile, nemmeno per l'emigrante politicamente corretto.

Ed eccolo il conflitto di chi si ritrova tra le mura di casa come straniero,
diventa un fantasma, ha perso un pezzo d'identità, no, non è più sincero
quando chiedono di continuo quanto torni, quando riparti e come stai
si ripetono cose, si recita anche, s'inghiotte, un po' si sorride, casomai.
Poi si ritorna alla propria scrivania con l'umore strano di chi ha lasciato
la famiglia, gli amici, oddio la patria, e tutto quel patrimonio rinomato,
ma basta un'email, dopo aver lavorato un'ora in più, di ringraziamenti
per far capire cosa ci aspetta davvero ogni giorno, e si ritorna contenti.
Ecco il segreto: bisogna prender atto delle scelte e delle conseguenze
e convivere con esse, con quanto di buono ma anche con le mancanze.
Non è facile capirlo e spesso gli verrebbe quasi da dire ma vaffanculo
ché spesso è vero, si perde l'acqua e il sapone a lavare la testa al mulo!
Se lo ripete continuamente, è la giusta e amara legge del compromesso
ci ripensa, si chiude in una smorfia, la sera da solo, seduto sul cesso.

4 commenti:

Unknown ha detto...

Questo lo pubblico sul mio facebook se non ti dispiace. Mi e' piaciuto proprio tanto.

andima ha detto...

@Marilena
Ciao, mi fa piacere che ti sia piaciuto tanto,
condividilo pure, è un tuo diritto sacrosanto!
Giuro che poi da domani la smetto di far rime,
su questo blog il pensiero in prosa si esprime,
anche perché sennò ci vuole il doppio del tempo
e non va bene se lavorar si deve nel frattempo.

Alessandro ha detto...

purtroppo ciò che ho letto corrisponde anche per me che dal Sud sono venuto a Milano...secondo me accomuna sempre questo destino per chi se ne va da una città ad un'altra...

andima ha detto...

@Alessandro
vero, molte cose accomunano l'emigrante anche a chi "emigra" (come dicevano a Troisi in Ricomincio da tre) dal sud al nord, per esempio. Come quando descrivevo un umore, un problema, degli emigranti, ecco, le stesse sensazioni si possono riflettere a tante altre casistiche. Poi ovviamente ci sono le differenze: l'emigrante può avere il problema della lingua, dello shock culturale più marcato, dei diversi sistemi di burocrazia/amministrazione vigenti nel paese straniero, etc., che pure influenzano l'esperienza che si può avere.