Ogni volta che atterri all'aeroporto di Napoli e noleggi l'auto e parti verso il sud, attraversando terre dove la virilità dell'uomo tatuato si misura ancora in numero di sorpassi veloci a destra, dove clacson e fari alti diventano continui messaggi minacciosi di fretta e prepotenza in terza corsia nonostante la velocità già oltre il limite, dove la corsia d'emergenza è la scorciatoia di massa per evitare la coda dei fessi al semaforo, c'è sempre un pensiero che rimbalza tra consuetudini oramai assimilate e consapevolezze che non dovrebbero più trasformarsi in lamenti, non fosse altro che per la loro irriducibile periodicità e la certezza d'una ennesima e puntualissima conferma al prossimo viaggio; quando poi al parcheggio a l'autogrill spuntano dall'ombra personaggi leggendari come i venditori di calzini con fare tra amicizia e ovvietà, o quelli di accendini che non si fermano mai al primo rifiuto e continuano quasi dovessi invitarli per un caffè, quello stesso pensiero diventa prurito che sbuffa, tra un mezzo sorriso di sarcasmo e una testa che scuote una negazione riciclata; ma quando poi passi una prima rotonda con statua grande di Padre Pio ed il messaggio ai turisti sicuramente non internazionali "Benvenuti nel Cilento", e una seconda rotonda con vergine e bambino a ripeterti lo stesso messaggio in mosaico e colori, e ti lasci alle spalle una terza rotonda con Madonna su sfondo di spiaggia e sole a ribadire lo stesso benvenuto, fino a cinque rotonde, una per paese, un padre pio e quattro Marie, ognuna col suo sforzo d'apparire credibile, quasi fosse una competizione a chi riesce a beatificare di più il passaggio, a chi sottolinea di più la religiosità presunta della popolazione e la falsità negli usi e costumi, lasci che quel pensiero e quel prurito si esprimino e sintetizzino in qualcosa di più concreto, pensi davvero che un Benvenuti nel medioevo sarebbe più sincero e attrattivo, almeno certificherebbe consapevolezze ben radicate e allevierebbe aspettative malamente annaffiate di nostalgia.