Cose che trovi da qualche parte a Bruxelles. "Non è italiano ma è ugualmente buono" recita il prodotto, con rima. |
Come molte cose
Con le mani nelle mani
Scrolling
Hai buttato il corpo sul sedile sbiadito del tram già in movimento, il sedile quello singolo che non deve dividere spazio e libertà con altri, quello più ambito, mentre un binario sporco d'autunno diceva all'altro "seguimi". Ma non s'incontreranno mai, nei loro monologhi paralleli di corse, frenate, vibrazioni e fughe. Non s'incontreranno nemmeno le foglie secche cadute dallo stesso albero quando saranno spazzate, raccolte, mescolate tra colori e forme, perderanno il ricordo d'origini e appartenenze e formeranno nuove società e materia. E scompariranno. Non s'incontreranno nemmeno i pensieri della coppia in fondo al tram se lei gli parla emozionata e lui affonda l'attenzione nello smartphone un po' rapace. Ma non si lasceranno, lui e lo smartphone, almeno fin quando l'applicazione non terminerà di vomitare nuova spazzatura all'apparenza sociale. Non terminerà, perché si chiama infinite scrolling e lei intanto troverà nel finestrino opaco la distrazione della città che fuori continua. Continueranno a giocare i binari frenetici anche quando il tram si fermerà al tuo destino, dovrai riprendere il corpo piacevolmente appesantito di nuove fantasie, alleggerito però dallo zen quotidiano d'immaginare storie sempre nuove, il tuo infinite scrolling a volte maldestro, e se lungo il tragitto a piedi troverai foglie secche ma separate, le avvicinerai disinvolto con un movimento veloce del piede, un po' complice ma a fin di bene. Loro, le foglie, sapranno il perché.
Battezzarsi a Bruxelles
Per chi (ancora) non conoscesse la simpatica fontanella. |
D'incubatrici e altri beep
Questione di dosi
Se ti rivelassero all'improvviso che grazie a determinate condizioni avresti meno compromessi e più libertà, difficilmente ne saresti disturbato, posto che quelle determinate condizioni le vivi già e non puoi farne a meno. Sarebbe, a quel punto, più prendere coscienza di quei meno compromessi e più libertà, che davvero guadagnarli. Sarebbe, semplicemente, rendersene conto e compiacersene, di meno compromessi e più libertà che non si pensava di avere o non s'erano mai considerati. Addirittura, sarebbe rivalutare certe cose sotto la luce di meno compromessi e più libertà.
Due o tre giorni all'anno di nostalgia non valgono i restanti 360 giorni di meno compromessi e più libertà, così come due tre giorni di raffreddore non possono valer più di un anno di salute.
Quando vivi all'estero c'è un'entità che non è lì con te, che idillicamente dovremmo sempre aver con noi, vicino a noi o almeno non troppo lontano, e che si associa sempre alla nostalgia, anche nell'epoca di Skype e dei voli low cost. La sua mancanza viene spesso vista come una sofferenza, uno svantaggio, un lato negativo, perché così dice la cultura, perché così sussurrano le emozioni dei primi giorni o di alcuni pomeriggi di debolezza emozionale. Eppure basterebbe accorgersene, di quei meno compromessi e più libertà, e quegli umori grigi, quei luoghi comuni, quelle trappole culturali, quei modi di pensare, scricchiorelebbero davanti alla coscienza onesta delle cose. Quando vivi all'estero la lontananza della famiglia è - senza azzardare semplificazioni - meno compromessi e più libertà. Anche se le cose non vanno bene, se ci sono problemi, soprattutto in quei casi, son meno compromessi e più libertà. Perché la famiglia può - ma non sempre è - essere una cosa bellissima, la cosa più bella, ma a giuste dosi. Dosi che, grazie alla distanza, lasciano meno compromessi e più libertà. E non è poco.
Certo, forse dovrei evitare considerazioni di questo genere mentre la suocera è temporaneamente sotto lo stesso tetto.
Cose che a Bruxelles
- Un'altra coppia di amici compra appartamento nei pressi del centro di Bruxelles e parla con l'attuale proprietario quando, appartandosi, sotto voce, viene offerto loro di pagare una parte di 15mila euro in nero, per abbattere costi notarili e bancari, ovviamente in contanti e nessuno ha mai visto o sentito nulla. Pare sia un'abitudine, in quel mercato.
- Un amico riceve un'offerta anche abbastanza alta da un'azienda di consulenza per un lavoro in Commissione Europea, ma quando si trova di fronte il contratto si accorge che son due, uno registrato in Belgio e l'altro a Cipro. Sospettoso s'informa meglio in giro e pare che la stessa azienda, per altri consulenti in Commissione, si ritrovi spesso a non pagare mensualita', a ritardi imbarazzanti, a rinnovi contrattuali con triplo salto carpiato avvitato.
Ah, la trasparenza immacolata del nord Europa.
Gente che va gente che viene
La metro del binario opposto che va e fa da sipario a gente che va gente che viene, che prima non c'era, che è appena partita, le porta via con sé, le vite appena intraviste, le inghiotte il buio del loro destino, che non conosci che non t'interessa, se sei già distratto dalle nuove comparse, che presto andran via che giocano un ruolo, lì nella tua attesa altrimenti solitaria la tua fermata che non ameresti silenziosa, son sguardi che s'incrociano, voci che non lasceranno eco nella tua giornata senza replay, son colori d'un mosaico in movimento che non t'appartiene, a cui tu però appartieni, lo giochi malissimo il ruolo, di comparsa nella vita di qualcun altro, a cui non interessi, che forse ti vedrà scomparire, sarai soltanto una testa in più, quando la metro passa e ti porta via, tra gente che va gente che viene.
Sogni di mezza estate
E che anche a Lussemburgo agosto è il mese con più pioggia:
E non è che i cugini britannici se la passino poi tanto meglio, a Londra per esempio agosto è solo il secondo mese di quest'ambita classifica, dopo dicembre:
A questo punto quasi ci si sente rincuorati quando si nota che a Bruxelles agosto è solo il quarto, se non fosse che il primo è luglio...
Certo, più pioggia (come quantità) non sempre significa più giorni di pioggia (wet days, nei grafici, per cui agosto in media scenderebbe al terzo posto), ma le due statistiche insieme (e che coppia) sicuramente non fan pensare a cieli estivi di sole e leggerezza. E' la natura, nient'altro, che al nord Europa preferisce un'estate differente nei suoi meccanismi d'equilibri e ricicli. Lamentarsene equivarrebbe quindi a lamentarsi della mancanza di angurie a dicembre, per esempio. Ma la nostra natura di figli di stereotipi stagionali (e commerciali) o d'abitudini adolescenziali d'altri colori mal s'adatta a latitudini nordiche d'aspettative intolleranti e compromessi in continua digestione. E piove, di gocce e lamenti.
L'insostenibile leggerezza delle porte
Quelli che per gentilezza non lasciano chiudere la porta alle proprie spalle, perché ti hanno intravisto con la coda dell'occhio, perché si sono volutamente girati per controllare se dietro avessero qualcuno, se potessero dispensare quella cortesia gratuita, anche se non ti conoscevano, anche se non ti avevano mai visto, e lo fanno con la tempistica esatta, calcolando le distanze e la velocità del tuo passo, senza lasciarti nella scomoda posizione di chi si sente forzato ad avanzare il passo solo perché era in effetti troppo lontano ancora dalla porta, senza dover rincorrere il suo gesto per il mero principio di dover accettare forzatamente quella gentilezza, ecco quelli che lo fanno bene quasi sincronizzandosi con la tua prossima venuta o, e spesso ancor più difficile ma non meno meritevoli, quelli che si accorgono della distanza, si accorgono che non ce la farai e che dovrai fare uno sforzo in più per dire grazie e trovarti la porta semiaperta con la mano, e che quindi lasciano che si chiuda, la porta, alle loro spalle, ti ignorano ma a fin di bene, evitano per trasformare una gentilezza in scortesia, una bestemmia a denti stretti mascherata da grazie forzato, ecco quelli che riescono in questa semplice eppure non sempre facile scelta, dell'aspettarti con la porta aperta o lasciare che si chiuda loro alle spalle, hanno una grande probabilità di risultarti simpatici. Gli altri, quelli che ti aspettano anche se sei palesemente troppo distante, o quelli che la lasciano chiudere alle proprie spalle anche se eri lì a pochi centimetri, sono gemelli separati dello stesso problema con il mondo e con se stessi. O forse soltanto un poco miopi.
E sembra che in città ci sia qualcuno che non è finito mai in tivù
Di grazie che valevano la pena
Poi, non dovresti pensarlo ma ti salta in testa la connessione, non dovresti far confronti ma tra un singhiozzo di malto e una memoria che risale a galla pensi a quando vivevi in Campania, all'ipotesi di un possibile incontro con il presidente della regione, quel tal Bassolino, pensi: lo avresti mai ringraziato? E no che non lo avresti fatto, ti ripeti, mentre l'immagine già viene archiviata e nuove chiacchiere, nuovi sorrisi s'accavallano nel mercato, mentre pensi che più che un grazie sarebbe stata un altro il saluto, molto più tipico e sincero, ma il passato non c'è più, ti ricordi, è il presente che merita attenzione.
Spaghetti boló
Quello che i nonni non dicono
Quando Saint-Gilles non sangillava
Scintille postelettorali
Cose a cui non ti abitui
Male non farà
Dell'Italia che uscì dall'Euro
Nel taxi gli piaceva sempre domandare come andavano le cose al tassista, che non mancava mai di lamentarsi sebbene l'Italia della nuova lira attraversava uno dei suoi massimi splendori economici. Certo, i primi tempi dopo il cambio furono pieni d'incertezze e problematiche, ma non ci fu quell'inflazione sfrenata che i sostenitori dell'euro avevano previsto né il crollo dei mercati o le invasioni bibliche di cavallette; beh, non si ebbero neppure tutte le richezze e vantaggi promessi dai sostenitori dell'uscita dell'euro in effetti, ma il punto fu proprio quello: entrambe le parti ebbero torto e ragione, in quella scienza che non è puramente matematica, l'economia, ma spesso ha bisogno di previsioni, proiezioni, ipotesi e statistiche, e non tiene conto delle evoluzioni possibili, giochi di potere, accordi, interessi e politica, che si susseguirono incessanti, sempre all'ombra di un complotto gigantesco per molti, che nessuno ovviamente seppe mai formalizzare. Chiacchere da bar, le chiamava il tassista, mentre passava davanti ai resti del Colosseo, oramai quasi dimezzato dopo gli ultimi crolli per i mancati interventi: l'Italia era sì ricca, ricchissima, nel 2023, ma la ricchezza non migliorò molto il paese, anzi. Più ricchezza si trasformò repentinamente in equazioni d'assurdità italiche in più corruzione, più mafia, più casta. Le cose andavano sì meglio, molto meglio, ma si continuava a non investire nei beni culturali, nella ricerca, nella sanità: non bastano alcuni bilanci positivi per cambiare una cultura, gli aveva detto all'aeroporto il barista servendogli un espresso eccellente e barbottando qualcosa sul figlio dottorando, che aveva ricevuto richieste dall'estero ma che adesso aveva paura di partire, di diventare un cervello in fuga con tutto quello che all'epoca comportava. La campagna dell'odio contro i cervelli in rientro poi, fu qualcosa d'assurdo nel 2023: molti italiani all'estero decisero, in numero sempre crescente, di rientrare vista la nuova crescita economica e l'ottimismo che ne derivava, ma in patria non trovarono certo un buon clima né quelle condizioni di lavoro a cui erano abituati altrove. Da "vigliacchi", "traditori", da "è facile lasciare la nave quando affonda", passorono ad essere "opportunisti", quelli che "comodo rientrare quando le cose vanno bene", "dove siete stati mentre qui si soffriva", "ce l'abbiamo fatta anche senza di voi" e così via. Molti li odiavano in un clima surreale dove non mancarono episodi di teppismo in effetti, di squadrismo organizzato all'uscita degli aeroporti, d'interrogazioni parlamentari per evitargli di rientrare, di approfittare di quella nuova ricchezza. Ricchezza di danaro ma non di spirito.
L'Italia del 2023 era ricca, ricchissima, ma anche tanto razzista, contro gli immigrati, anche quelli europei, e contro gli italiani, quelli all'estero che rimanevano o tentavano di rientrare. Lampedusa, per esempio, fu prima messa in vendita per scrollarsi di dosso i problemi degli sbarchi, e poi dichiarata stato indipendente, per poterla sanzionare e dichiararle guerra ad ogni nuovo sbarco sulle coste siciliane. La ricchezza offriva soluzioni facili e la geniliatà, quella tanto ostentata ma mai misurata adeguadamente, scarseggiava o veniva inghiottita da propagande e chiacchiere. Di chiacchiere si riempivano i politici, soprattutto quelli che avevano gridato all'uscita dell'euro, ne erano usciti vincitori dopo la rinascita economica ma al contempo vuoti: non avevano altre idee in realtà, il loro grido era stato di pura ricerca di consensi, appiglio al vento di destra che scosse un po' tutto il continente ma che rimase poi insipido quando s'arrivò al bisogno di un programma ben strutturato ed efficace. Con dei vincitori del genere, le cose non potevano certo migliorare. Ma avevano vinto, e i vinti hanno sempre ragione, purtroppo. Questo pensava, mentre il tassista imprecava contro l'ennessimo blocco della polizia, non si poteva passare nei pressi dello stadio per l'ennessima manifestazione degli ultras, che chiedevano ancora una volta dichiarazioni di guerra a mezza Europa: l'uscita dall'euro col tempo risultò in molte relazioni disgregate, in un'isolazione sempre crescente del paese e di tutto ciò che lo riguardava, il campionato italiano di calcio per esempio, nel 2023, non aveva più accesso alla Champion League. C'erano i soldi, tanti, per comprare i migliori talenti stranieri sul mercato, che però non volevano andar a giocare in Italia senza l'accesso a quella competizione e in più in quel clima d'intolleranza e anarchia. Eppure, si continuava a dire che era il campionato di calcio più bello del mondo, secondo gli italiani. Così come il paese, il cibo, il clima, la moneta.
Lasci stare, continuo a piedi - disse al tassista. Con l'idea di fare due passi e arrivare a casa degli amici, lì a qualche isolato di distanza, ripensò a cosa era rimasto di quell'Italia che aveva lasciato, 30 anni prima, a cosa assomigliava quella giostra di ricchezza economica e problemi raddoppiati, quell'orgia d'interessi e odi, e perché continuava a sentirla nonostante tutto ancora un po' sua. Non ebbe il tempo di rimasticare quei pensieri però, quando la polizia lì nei pressi dello stadio lo fermò per un controllo e scoprì che era un italiano residente all'estero, quando iniziarono prima a ridergli in faccia, a dispreggiarlo, provocarlo in cerca d'un pretesto, quando poi lo portarono in un angolo per picchiarlo, bastonarlo, lasciarlo esamine a terra, quando morì senza il tempo di capire dov'era davvero, in quella terra natia, ricchissima, maledetta e straniera.
Ma cosa diavolo
D'emigranti che non sanno il perché
E succede poi, in quel mondo di vite e casualità, che alcuni decidono un giorno di cambiare, di spostarsi, d'emigrare. E c'è chi lo fa perché stufo delle condizioni attuali, c'è chi insoddisfatto cerca altrove nuovi stimoli e opportunità, chi si giustifica soltanto con la voglia d'avventura e chi vomita insulti e odi verso la terra natia che non l'ha saputo trattenere. Ognuno col suo motivo, ognuno con la sua storia da raccontare e le sue speranze da raffinare, di notte sotto un cielo sconosciuto, arriva in cerca di vita nuova con l'euforia e il dubbio del cambiamento che non può controllare. E alcuni, tra tutti quegli emigranti in fila all'aeroporto, ridono, si lamentano, soffrono, si migliorano, tornano, restano, ma non lo sanno, che tutto il resto eran solo scuse per connessioni neurali e sequenze di parole, che tutto il resto in realtà non contava e si partiva, ci si incontrava lontano, perché l'altra parte dell'impasto o quelle briciole comuni, l'altro pezzo da trovare, incontrare, baciare, non era lì dove s'era, era altrove. Succedeva così che il greco trovava la sua metà d'impasto bionda ed alta in Svezia o che un italiano incontrava il suo angelo spagnolo in Irlanda, perché le loro briciole eran cadute sul tavolo consumato di un pub. E così alla perenne domanda Perché vai via? non l'economia, non la politica, non la cultura né tanto meno l'avventura, la risposta sincera di tanti emigranti ignari e irrisoluti sarebbe stata, se solo avessero saputo di quella danza repentina del dio senza nome, Perché vado via? Vado via per amore.
E io dovrei credere a tutta questa storia!? - Esclamò sorridendo la ragazza francese, in quel bar di Londra parlando con quello sconosciuto.
Io penso che non ci siamo ritrovati qui per caso. - Rispose sicuro il ragazzo portoghese.
Non so che nome possa mai avere questa tua religione, non è meno buffa delle altre ma almeno mi ha fatto sorridere, mi hai convinto, andiamo a ballare insieme! - E lo prese per mano, mentre la musica nel bar si mescolava a parole e brindisi.
E poi - pensò il ragazzo portoghese, mentre veniva strattonato tra la folla euforica e rumori di bicchieri che si frantumavano - e poi dicono che le religioni sono inutili..
Ma cosa diavolo
Nelle vetrine di rue haute si vede davvero di tutto. Foto scattata qui, da qualche parte. |
Per colpa di pochi
Del sonno accumulato
C'era chi in ufficio scappava in bagno i primi tempi, per succhiar via ancora un po' di sonno accumulato durante la mattinata, per non farsi vedere quasi fosse una colpa o soltanto perché quel nuovo gesto era ancora difficile da trasformare in abitudine. Scambiammo in fretta il caffè con l'ago, il sorso col prelievo, la camomilla con l'iniezione, e tutto divenne più facile, miracolosamente. Al miracolo non gridò il Vaticano però, condannando prontamente quella pratica innaturale e satanica, guadagnando qualche inutile titolone per una settimana. Non ci furono equivoci nemmeno secondo pubblicazioni scientifiche e campagne denigratorie contro quella siringa mortale, che col tempo - sostenevano - avrebbe accelerato il degrado del corpo umano, anche se furono presto tacciati di complottismo e presunte connessioni con lobby dei sonniferi e del caffè, in perdita drastica di mercato per quella concorrenza fascinosa. Tempo, tempo, tempo, ne volevamo usufruire il prima possibile, per quell'utopia contagiosa di far tutto e farlo presto.
E si contagiò come si contagiavano prima gli sbadigli oramai estinti, si contagiò veloce e col sorriso l'uso di quella siringa poderosa: c'era chi in fin di vita preferiva estrarre, prelevare, succhiare sonno il più possibile, posticipando poi le iniezioni, tentando di star sveglio il più possibile e prolungare in qualche modo la vita; così iniziarono a fare anche tanti anziani, perché la morte faceva paura e la si poteva allontanare un po' vivendo senza dormire, o almeno così pensavano; c'era chi le usava anche coi neonati, per sincronizzarli a ritmi e abitudini familiari ed averli facilmente al letto la sera ad orari precisi, un'iniezione e ninna nanna. Non tardarono ad aprirsi dibattiti legislativi sul prolungamento delle ore di lavoro, vista l'aumentata attività umana e il conseguente dispendio di risorse alimentari ed energetiche a livello globale, bisognava adeguare la società a quell'evoluzione, bisognava lavorare di più: per l'ennesima volta il progresso non aiutava l'uomo ma lo imprigionava sempre più ad una scrivania. Tempo, tempo, tempo, e c'era chi arrivava a buttare siringhe piene di sonno non consumato per la smania di fare non si sa cosa, si gettavano sogni così e progetti, speranze. Quante idee morivano in quel modo, all'ombra del dormiveglia scomparso, nel 2123.
Iniziarono poi a sorgere quei mercati neri del sonno, quel contrabbando di sonno altrui, per tutti coloro che rinnegavano il sonno e ne accumulavano in iniezioni. Il mondo aveva sempre avuto questa grande ricchezza, il sonno, ma nessuno prima lo aveva mai considerato abbastanza. C'era chi lo comprava come alternativa all'eutanasia; c'era chi lo preferiva come rimedio alla depressione; e c'erano poi quei partigiani silenziosi che non accettavano di vivere evoluzioni innaturali di società accelerate - proclamavano - e che decidevano quindi di viverla dormendo, in forma di protesta, acquistando sonno di contrabbando e passando le giornate a dormire, dormire, dormire, in cerca di ristoro in fughe oniriche da cui però molti non si svegliarono più. Così come gli altri iniziarono a svenire all'improvviso, dopo giorni interi senza iniezioni, svegli e produttivi, iniziarono a cadere esausti, come presi da un infarto, il corpo di colpo cedeva. Ma di nuovo s'associarono le cause di quegli eventi a disturbi già presenti, a condizioni di vita già precarie, ad abusi già documentati nel foglietto illustrativo, tra la voce delle combinazioni da evitare e quella degli effetti indesiderati.
"Sonno, sai una cosa? Sei vanitoso", diceva il messaggio che tanto lo faceva sorridere, a cui ripensava mentre stava lì con la siringa tra le mani, la siringa della sua amata. Aveva deciso di addormentarsi con il sonno di lei, perché la voleva vivere fino in fondo e perché voleva vivere i suoi sogni, affascinato da quelle dicerie sullo scambio di sogni, suoi sogni che rimanevano nel sonno, intrappolati in alcune siringhe e che alcuni s'erano ritrovati a sognare dopo averne acquistate di contrabbando, con il sonno altrui s'erano iniettati a sorpresa anche i sogni altrui. Quanti nonni svelavano in sogno numeri da giocarsi al lotto al nipote sbagliato, nel 2123. Ma a lui non sarebbe successo, non era una siringa del mercato nero, era quella della sua amatissima, anche se presa di nascosto, con la voglia morbosa d'amarla in ogni suo aspetto. Quando però s'iniettò quel sonno e nel sogno di lei la vide felicissima baciarsi con un altro, il cuore non resse il colpo, non si svegliò più.
Cinque
Issimo
Quando poi all'improvviso ritornò, il superlativo in tutte le lingue e tutte le memorie del mondo, l'uomo recuperò i suoi issimi ordinari, come se nulla fosse accaduto. E fu un giorno bruttissimo, il più brutto.
Ah, esportare la cultura
Di radici provvisorie
Ma cosa dici? - contestò immediatamente - I rami e le foglie sono la cosa più importante, catturano l'energia del sole e mantengono viva la pianta, si estendono in mondi nuovi cercando il modo di sopravvivere, interagiscono con animali e clima, rappresentano il presente ed il futuro!
Ma che schiocchezze sono queste? Ma cosa vai dicendo? Senza radici la pianta muore! Senza radici non c'è futuro!
E senza rami e foglie? - replicò - E senza il nuovo che viaggia, si estende, cerca la luce, vita nuova, vita diversa, la luce! Per questo fai bene ad andare figliolo, trasformati altrove, per questo va, va!
Il ragazzo rimase un po' interdetto, osservando quel teatrino improvviso sulla soglia della cucina, cercando di capirne messaggi e significati, casomai ce ne fossero, casomai servissero davvero.
Non stare a sentire queste idiozie, nipote mio! Rimani dove sono le tue radici, rimani dove la terra continua a darti il nutrimento di cui hai bisogno!
Ma è proprio quello il punto! - infierì nuovamente - Che non c'è più nutrimento per loro in questa terra, che le radici vanno ammuffendosi, o seccandosi, insomma muoiono, meglio che la pianta cerchi altrove la propria vita, meglio che i rami si muovino dove la luce li possa riscaldare!
Ammuffite? Secche? Ma lo vedi che dici una cosa e il suo contrario nella stessa frase! Se tutte le piante vanno via, lo sai che succede al terreno? Che frana al prossimo diluvio! Ci vogliono radici giovani per tener il terreno, mentre le vecchie oramai non hanno più forza, non ce la fanno più..
Il terreno! Il terreno! - diresse lo sguardo al soffitto quasi a cercarne una prova - Il terreno è oramai inquinato! Lo abbiamo contaminato per troppi anni, è impastato di cemento, rifiuti, veleno.. Guarda, guarda che bosco ne esce fuori per chi lo vede con occhi esterni! C'è sempre meno verde, ci son sempre più rami secchi e ragnatele... eppoi ci son quei mostri, quelle querce giganti che non si muovono, in mezzo al bosco, che succhiano il nutrimento agli altri e il resto non cresce o cresce male.. va, figliolo, va, va dove nuova luce possa riscaldare le tue foglie e intrecciare i tuoi rami, altre radici nasceranno, ne son sicuro, quella valigia è una margotta in fondo..
Se metti radici altrove, nipote mio, se metti radici altrove... - ancora un po' restio, ma oramai agli ultimi tentativi - poi non torni più.. Ma almeno, almeno non dimenticare quelle che avevi, che un po' rimangono con te, che t'hanno fatto crescere e nutrito finora, oggi sei quello che sei anche grazie a loro!
Non dimentico nonno - rispose il nipote, a tagliare corto ed annuire - non dimentico le radici. Afferrò la valigia con energia e si diresse alla porta. Il padre lo guardò in silenzio, masticando pensieri, per poi mugugnare: i frutti, i frutti che nasceranno da quei nuovi rami, avranno un retrogusto amaro, a volte, tu però manga giù, ti faran bene, ti faran crescere.
Non lo rivide più, o almeno non più lo stesso.
Il cappotto
Come da ragazzini nei bagni della scuola
Ecco, caro ragazzo italiano, non te ne posso fare una colpa però, perché sarebbero soltanto supposizioni personali o giochi di parole di chi vuole in realtà arrivare ad una conclusione ben precisa con il pretesto di una leva occasionale, come si fa spesso sulla rete come al bar, o in salotti di scimmie urlanti a riempire palinsesti televisivi; ma soprattutto non te ne posso fare una colpa perché quel sorriso, quell'emozione improvvisa per un proclamo illegittimo non è altro che una delle tante espressioni della patria che è in te, fatta spesso di superlativi assoluti e reazioni istintive, che all'estero più che mai ha il bisogno d'eiaculazioni celebrali appena sente odor di confronto, conflitto, identificazioni e orgogli improvvisi quanto fragili. Avrei voluto dirtelo però, che vivendo altrove un giorno - magari - ne avrai la consapevolezza, di quella patria che è in te, e tutto ti apparirà esattamente come quella scena, tra imbarazzante e simpatico, un po' ridicolo però spontaneo, quella scena dei ragazzini a misurarsi il pistolino nei bagni della scuola.
Bruxelles è casa
Il guardiano del museo
Ed in quel museo così colmo di storia e ricchezza dell'umanità, ogni notte, durante i percorsi d'occhi sonnolenti e controlli approssimati, nascosto da occhi altrui che ne avrebbero compromesso le azioni, quel guardiano compiva un rito del tutto speciale: ogni volta sceglieva un'opera distinta, la più bella, la più originale, la più elaborata, e la sostituiva con un falso praticamente identico. Era abile, a farsi trovare falsi d'autore tra i tanti mercati neri che conosceva, attraverso conoscenze ed amicizie che già gli avevano aiutato a trovare quel lavoro, tramite altre conoscenze ed altre amicizie, mantenendo cautamente il segreto senza però evitare poi di vantarsi continuamente di quelle opere, del museo, come se tutto fosse ancora originale e invece con il tempo non lo era più. Non lo era più ma il mondo non lo sapeva e continuava a morire d'invidia, per non possedere quelle opere così preziose, quel museo così importante, doveva essere un mondo bruttissimo fuori, anche se dentro, di quelle opere così preziose, non rimanevano che copie, imitazioni, con il tempo il valore di quelle collezioni pregiate si sarebbe ridotto a zero, mentre altrove nuove opere e nuove correnti artistiche avrebbero arricchito altri musei, lì fuori nel mondo lontano, quello degli altri, ma più ripeteva le solite lodi più si dimenticava del suo operato e si convinceva lui stesso dell'alto valore ancora presente, intatto. E ogni notte, mentre il mondo continuava a morire d'invidia, quel guardiano cautamente rimpiazzava un quadro famoso con un falso, scappava poi lesto in bagno con l'originale ed iniziava morbosamente a farlo a pezzi eppoi a mangiarlo, con morsi selvaggi e continui, deglutirlo a singhiozzi ma con piacere, trasformando tutta quella bellezza antica in rigurgiti profondi e sonori, ultime grida di un patrimonio che scompariva, tra mascelle rigonfie e riflussi gastroesofagei.
Così, mentre altrove e nei dintorni s'invidiava e si lodava quell'eredità unica e preziosa, ma si lavorava nel frattempo anche a creare altre esposizioni, altre opere mirabili, in quel museo si distruggeva ricchezza, per sempre, quel guardiano convertiva un passato oramai già consumato in un presente desolato di falsità e rutti.
Del mangiare ed altre evoluzioni
Lei lo seguì con lo sguardo, la testa un po' abbassata, quasi a sentirsi colpevole per azioni non sue o come se il peso di quelle parole e delle colpe di società passate fosse presente sulle sue spalle, fragili, ancora più fragili nell'inarcarsi come reazione a quella discussione. Ma almeno - provò a rompere il silenzio, a richiamare la sua attenzione - ma almeno noi mangiamo le pillole, pensa a chi col teletrasporto si fa teletrasportare già sazio? Almeno noi abbiamo ancora un qualche contatto tra cibo e dita, tra bocca e nutrimento.. Contatto? - tuonò lui - Cibo? Ma poi, lascia stare il teletrasporto, lo so, se devono distruggerti in un luogo e ricrearti in un altro, tanto vale scegliere di farti ricreare già con lo stomaco sazio, come se nello stream di informazioni inviate, nel viaggio di terabyte trasmessi tra partenza ed arrivo, si inghiottisse una pillola digitale, guadagnando tempo, dicono.. Ma quale tempo? Il tempo d'inghiottire una pillola! Lascia stare, quell'opzione all'ingresso del teletrasporto è davvero aberrante..
Intanto il fermo immagine mostrava ancora quell'uomo con del cibo nelle tasche, ridere. Lo vedi - disse - lo vedi quel film? Te l'ho fatto rivedere perché paradossalmente lo faremmo anche noi, oggi, mangiare del cibo vero quasi fosse la cosa più preziosa del mondo, conservarne pezzi nelle tasche, celebrarlo dedicandogli una danza.. Sai come si chiamava quel cibo? Spaghetti, nome buffo lo so, ho dovuto cercare e confrontare immagini, non me lo ricordavo più. Sai come si chiamava quel film? Miseria e nobiltà. Non ti dice nulla? A me fa pensare, fa pensare che in fondo la nobiltà della nostra specie, di quest'intelletto superiore che vantiamo, si complementa ad una miseria intrinseca, quella del distruggere per sopravvivere.
Rimase qualche secondo a fissarla, mentre lei fissava quel fermo immagine, quasi potesse riprendere a muoversi da un momento all'altro e trasmettere quella scena per l'ennesima volta. Sul tavolo, a pochi metri da loro, la cena: un pacchetto di pillole bio, le migliori sul mercato, recitava la confezione. Le hai comprate addirittura bio, per stasera? - Chiese lui, con tono provocatorio. Sì - rispose lei, con voce affannata - volevo il meglio per il nostro anniversario, volevo che ci nutrissimo bene per celebrare il nostro amore, perché in fondo è bio anche quello, è naturale, è nostro.
Ma bio... - balbettò in risposta - ma bio non vuol dire senza scadenza.
Di Kindleiani ed altre evoluzioni
Oh, non ricominciamo con questa storia! - ribatté, contraendo la mano, quasi a nascondere le dita e qualche presunta colpa, - ce l'ho da tempo pur'io l'ereader e ne riconosco i tanti vantaggi, ma se ogni tanto ripesco un libro di carta non devo mica calcolarmi la percentuale di lettura con la calcolatrice! E smettetela di ridere, prima che ve lo sbatta in faccia, quel libro! Ma così non fece altro che generare altre risate generali, (persino lei rise, la intravide benissimo), come se un libro si potesse davvero lanciare contro qualcuno senza la paura di romperlo, mentre gli altri ripetevano le sue parole a canzonetta, come se esistesse ancora quell'altra cosa antiquata, quella che avrebbe usato per arrivare alla percentuale, addirittura a mano, con le stesse dita con cui aveva sfogliato e risfogliato, quell'oggetto che pure aveva uno schermo, anzi da anni prima dell'arrivo di cento rivoluzioni, ma che diventava sempre più raro, assorbito come funzione vocale o trasformato in letture a comandi celebrali. Qualcuno se ne ricordava pure il nome, tra le risate s'udì qualcosa, calcolatrice, dissero tra loro. Calcolatrice, pare si chiamasse pressappoco così.
Giant on the horizon
Il Palazzo di Giustizia, in tutta la sua enormità, seppur a più di 2 km di distanza. Foto scatta qui. |
Espulsi in Europa pur essendo europei, FAQ
Dicono, pensano e scrivono, (pseudo)giornalisti e commentatori d'impulso, ma pochi si documentano, questo è il male di gran parte del giornalismo da titoloni e anche di una parte della rete (questo blog compreso). No, non è vero che un cittadino europeo non può essere espulso da un paese comunitario. Sì, può essere espulso eccome, è tutto nero su bianco [link a pdf]. Succede, per esempio, anche a cittadini francesi in Belgio.
Ma come è possibile, che Europa è questa?
L'Europa reale, spesso diversa da quella idealizzata o da quella supposta, è quell'Europa che ancora consideriamo sotto "politica estera" ma che ci sorprende quando non si comporta come credevamo, quando non è abbastanza comunitaria, unita, e allo stesso tempo rinegghiamo quando s'intromette troppo negli affari nazionali. Vogliamo che sia l'Europa di tutti, ma non la nostra. Oppure, vogliamo che sia la nostra, ma non sempre. Per il momento è un'Europa in costruzione.
Quindi quali sono le regole da rispettare per un cittadino europeo in uno stato membro?
Non sono molte. Bisogna dichiarare la propria presenza dopo i primi 3 mesi per studio, lavoro o turismo, o dopo 6 mesi se in cerca di lavoro (da dimostrare, in qualche modo). Altrimenti? Si rischiano sanzioni, ma non l'espulsione. Questa è la mobilità nell'area Schengen: non ci sono controlli tra frontiere interne (non sei obbligato a mostrare la tua identità, ma devi sempre aver con te i documenti necessari, nel caso sia richiesto).
E dopo i tre o i sei mesi?
Dopo quel periodo possono prolungare la propria residenza tutti i lavoratori, dipendenti o indipendenti (o non lavoratori ma vittime di incidenti, registrati come alla ricerca di lavoro, studenti che abbiano risorse sufficienti al proprio sostentamento, perché sì, potrebbero altrimenti diventare un peso per il welfare del paese membro). Per disoccupati (o pensionati) bisogna inoltre dimostrare di potersi auto-sostenere ed essere coperti da un'assicurazione medica. E qui sorge il problema.
Quale problema?
Che se queste condizioni non sono rispettate o se si giudica che non siano ragionevoli (o addirittura in caso di ordine pubblico, pubblica sicurezza, motivi sanitari), il paese membro ha diritto ad esaminare il caso e procedere, qualora lo ritenesse opportuno, all'espulsione. Vale per tutti i paesi europei, quindi sì, un paese membro può espellere un cittadino europeo. Però attenzione: c'è un però..
Però?
L'espulsione non è un bando! Si può ritornare nel paese membro in qualsiasi momento, è un nostro diritto, ovviamente rispettando le condizioni di prima. Inoltre, dopo 5 anni di continua residenza legale, si può acquisire il diritto di residenza permanente e quindi non più soggetti alle condizioni di cui sopra (attenzione: si può però perdere questo diritto per un'assenza più lunga di 2 anni).
Questo cambia un po' il caso di Silvia Guerra quindi?
Lo cambia e non lo cambia. Lo cambia, perché sappiamo qualcosa in più, o meglio che l'Europa è diversa da quella immaginaria. Non lo cambia, perché di tutti gli articoli in rete si ripetevano 3-4 frasi sotto titoloni allarmanti e considerazioni imbarazzanti, nessuno forniva in realtà dettagli che potessero aiutare a capire di più (o giustificare certe affermazioni, in caso i dettagli non si potessero divulgare per motivi di privacy o legali). Di certo, questa storia non aumenta la nostra fiducia nella qualità di un certo tipo d'informazione. E buona Europa a tutti.