Percezioni brussellesi

Qualche settimana fa all'uscita dalla metro, mentre tu e la ragazza lituana del corso di francese parlate di Bruxelles, c'è qualcuno avanti che si tira pigro un foglio di giornale sotto al piede, che se fosse stata una lattina almeno l'istinto del calciatore l'avrebbe lanciata di qualche metro, spostandola dal tragitto o proiettandola nella traiettoria futura, in attesa del prossimo colpo maldestro, invece i fogli di giornali spesso ce li portiamo dietro, perché leggeri e incoscienti, perché incolpevoli e distratti. La ragazza lituana del corso di francese dice che dove abita, qui a Bruxelles, ci son un sacco di polacchi e si sente più al sicuro in mezzo a loro, perché li conosce, perché son facce familiari, perché ne capisce la lingua e può comunicare, e mentre te lo dice tu per un attimo sei altrove, pensi che nella cittadina in quel sud d'Italia da dove vieni i polacchi magari non trasmetterebbero la stessa sicurezza, magari sarebbe da evitare un quartiere affollato di operai in nero e badanti con la malizia della fuga, che sarebbe considerato degradato, e sei dovuto andar a Dublino, in quell'Irlanda di 4 anni fa che ancora ruggiva di tigre celtica e incentivi, per ritrovarti con il team leader polacco che coordinava ma soprattutto condivideva conoscenze, t'insegnava sviluppo e design, in giacca e cravatta e non pantaloni sporchi di stucco, lontano da tutti quei pregiudizi e stereotipi che altrove chiudono menti e generalizzano percezioni di realtà. Perché la realtà non è sempre soltanto quella che si vede intorno, che ci raccontano fin da piccoli o che ci ripetono attraverso luoghi comuni e credenze, propagande unilaterali e chiacchiere da bar.
E mentre la ragazza te lo dice e tu sei ancora altrove, passa un ragazzo, dai lineamenti magrebini, magari in direzione di un altro quartiere per alcuni insicuro, degradato, da evitare, soltanto perché non popolato da maggioranze d'Europa occidentale, sicuramente diverso dal quartiere delle istituzioni europee, dove stranieri poco integrati brindano in inglese e spendono beati stipendi incontrollati. E tu da quel quartiere dopo 2 anni sei andato via, seppur sicuro e moderno, perché morto, surreale, scheletri d'uffici e strade deserte nei fine settimana, cravatte frettolose e polizia a transennare la mattina. Sei andato dove ci son i polacchi, i magrebini e tanti altri, ma c'è soprattutto vita, a St. Gilles, e un'altra realtà da percepire. Poi magari te ne penti, chissà.

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