Issimo

Eppoi all'improvviso scomparve il superlativo, nessuno seppe davvero spiegarlo perché scomparve addirittura dalle memorie, fu un fenomeno globale e irreversibile, da tutte le lingue del mondo era scomparso quel costrutto grammaticale tanto usato e abusato, da tutte le memorie del mondo era scomparso quel ricordo che terminava in issimo e di tutti i libri del mondo già stampati, già letti, già malamente quotati, non si riusciva a capire cosa volessero dire quegli issimi sporadici o quei più più più usati a spezie. La comunicazione non risentì della mancanza immediata o almeno non quanto potrebbe sembrare agli adulatori e ai superbi, alcuni riuscirono ad esprimere in modi diversi quell'istinto al confronto assoluto che ancora riusciva a manifestarsi tra parole e malintesi in forme come non c'è nessun altro che o non esiste nessun'altra che e così via; altri si aggrappavano tenacemente al superlativo relativo di minoranza, ma ne scoprivano presto i limiti, dovendo perdersi in elenchi infiniti di confronti binari o in affermazioni insipide e grammaticalmente scomposte. I discorsi di Benigni di colpo persero la maggior parte dei loro messaggi, non potendo più decantare il suo paese come il, o meglio non potendo più usare quella formula lì scomparsa, torcendosi in equilibri verbali e allungandosi in espressioni che non arrivavano più alle masse ma a pochi intenditori, già malati di issismo cronico indotto. L'innamorato s'ammutoliva quando al sussurrare cadeva nel silenzio nell'esprimere sentimenti adesso soffocati, ma trovava poi rimedio in un bacio, un abbraccio e il corpo rimpiazzava lesto i limiti di un alfabeto che non avrebbe comunque riassunto a dovere le proprie emozioni. La depressione, quella tristissima, quella bruttissima, lasciò di colpo il depresso davanti allo specchio e a domande finalmente costruttive e non più intrappolato in conclusioni sabbiose. Il politico perse di colpo il suo potere di propaganda dovendo trovare altre forme o addirittura scendere alla contraddizione e alla realtà dei fatti; e il giornalista ragionava dubbioso davanti alla tastiera in attesa perché non arrivava a titoloni da prima pagina a cui prima era abituato; e il tifoso ultrà strozzava il suo grido da stadio dovendo cercare tra aggettivi e ragioni quelle giuste per il suo coro e quindi tornare a quell'attività da tempo abbandonata, pensare. E la patria, la patria non sapeva più di che vestirsi, senza superlativi si scopriva nuda, labile al confronto, timorosa di classifiche in cui sì il superlativo era rimpiazzato da un posto, il primo, il secondo, l'ultimo, ma quel posto adesso era sorretto da dati e non orgogli viscerali d'ottuse ideologie.
Quando poi all'improvviso ritornò, il superlativo in tutte le lingue e tutte le memorie del mondo, l'uomo recuperò i suoi issimi ordinari, come se nulla fosse accaduto. E fu un giorno bruttissimo, il più brutto.

2 commenti:

Clyo ha detto...

"Quell'attività da tempo abbandonata, pensare" :-)
Abbiamo entrambi un'intolleranza ai limiti comunicativi e agli abusi verbali.

andima ha detto...

@Clyo
definitely;)