D'emigranti che non sanno il perché

E mentre mescolava quell'impasto d'esseri umani e aromi non sempre appetibili, un dio senza nome sapeva già che non tutti sarebbero venuti come in principio aveva pensato, il forno dell'evoluzione in fondo cambiava sempre un po' la ricetta e di generazione in generazione poi bruciacchiava qualche combinazione, ogni tanto, ma quel dio senza nome si giustificava nel nome di un equilibrio universale pur sempre mantenuto, in quella legge dei grandi numeri che qualcuno avrebbe poi intuito. Lasciava a riposare piccoli pani d'impasto, già ben lievitati col tempo d'intrecciarsi per bene, ne prendeva poi a caso uno e lo divideva per metà, in una mano riusciva a prendere abbastanza impasto da creare l'anima d'un nuovo essere umano e soffiarla via in quell'involucro che in terra avrebbe preso vita, nell'altra mano l'altra metà d'impasto e via, la vita correva veloce mentre il tempo lento l'affiancava. E soffiava, il dio senza nome, su una mano e sull'altra nella stessa direzione, e due nuove vite fiorivano lì, in quella regione dell'est, altre due ancora più giù e altre due appena prima di quelle montagne a sud. Poi, annoiato del soffiare sempre allo stesso modo o nello stesso verso, il dio senza nome iniziava a rompere il ritmo e quasi danzare, in un attimo d'euforia improvvisa, e così due manate dello stesso pane, due anime fino a poco prima un tutt'uno, venivano soffiate una ad ovest e l'altra a nord, una lì, su quell'isola lontana, e l'altra a mille chilometri più giù, in quella città già affollata. E in quei brevi momenti di squilibrio, quando il dio senza nome preferiva l'improvvisazione ai sui modi da catena di montaggio, succedeva che due anime con qualcosa in comune, due tranci della stessa massa, si dividevano finalmente su lunghe distanze, per prendere vita ma con una grossa mancanza. E succedeva pure che, tra un soffio a destra e l'altro a sinistra, alcune molliche dei due impasti, alcune briciole di quell'unico impasto originario, cadevano al centro, lì, su quella città nella vallata ad est, per non dar vita ad un altro essere umano, troppo poca la dose in questione, ma pur creare un qualcosa che ad occhi nudi sarebbe però sfuggito o almeno a chi non fosse della stessa pasta.

E succede poi, in quel mondo di vite e casualità, che alcuni decidono un giorno di cambiare, di spostarsi, d'emigrare. E c'è chi lo fa perché stufo delle condizioni attuali, c'è chi insoddisfatto cerca altrove nuovi stimoli e opportunità, chi si giustifica soltanto con la voglia d'avventura e chi vomita insulti e odi verso la terra natia che non l'ha saputo trattenere. Ognuno col suo motivo, ognuno con la sua storia da raccontare e le sue speranze da raffinare, di notte sotto un cielo sconosciuto, arriva in cerca di vita nuova con l'euforia e il dubbio del cambiamento che non può controllare. E alcuni, tra tutti quegli emigranti in fila all'aeroporto, ridono, si lamentano, soffrono, si migliorano, tornano, restano, ma non lo sanno, che tutto il resto eran solo scuse per connessioni neurali e sequenze di parole, che tutto il resto in realtà non contava e si partiva, ci si incontrava lontano, perché l'altra parte dell'impasto o quelle briciole comuni, l'altro pezzo da trovare, incontrare, baciare, non era lì dove s'era, era altrove. Succedeva così che il greco trovava la sua metà d'impasto bionda ed alta in Svezia o che un italiano incontrava il suo angelo spagnolo in Irlanda, perché le loro briciole eran cadute sul tavolo consumato di un pub. E così alla perenne domanda Perché vai via? non l'economia, non la politica, non la cultura né tanto meno l'avventura, la risposta sincera di tanti emigranti ignari e irrisoluti sarebbe stata, se solo avessero saputo di quella danza repentina del dio senza nome, Perché vado via? Vado via per amore.

E io dovrei credere a tutta questa storia!? - Esclamò sorridendo la ragazza francese, in quel bar di Londra parlando con quello sconosciuto.
Io penso che non ci siamo ritrovati qui per caso. - Rispose sicuro il ragazzo portoghese.
Non so che nome possa mai avere questa tua religione, non è meno buffa delle altre ma almeno mi ha fatto sorridere, mi hai convinto, andiamo a ballare insieme! - E lo prese per mano, mentre la musica nel bar si mescolava a parole e brindisi.
E poi - pensò il ragazzo portoghese, mentre veniva strattonato tra la folla euforica e rumori di bicchieri che si frantumavano - e poi dicono che le religioni sono inutili..

Nessun commento: