E sembra che in città ci sia qualcuno che non è finito mai in tivù

Ma che belli vederli all'opera, quegli italiani all'estero che creano, fanno cose, sperimentano, s'impegnano in attività nuove, s'uniscono ad altri ragazzi all'estero e fanno teatro, organizzano eventi, imparano a suonare uno strumento, finiscono in un concerto ma non come spettatori, si ritrovano a spolverare vecchi sogni e nuove sfide; ci son italiani all'estero che non avrebbero mai immaginato di ritrovarsi su un palco di teatro, alla cassa di un mercato biologico, alla riunione di un quartiere in transizione e tante altre attività completamente slegate dal lavoro che altrove han conquistato, soprattutto in quei casi, quando non c'è connessione alcuna con il cv memorizzato, con quello che facevano prima, con i progetti che avevano sull'aereo all'atterraggio, nelle chiacchiere che arricchivano di speranze con gli amici alla partenza; e lo fanno per socializzare, per crearsi un gruppo, per riaccendere un hobby, per assecondare un istinto o convinti dal compagno d'appartamento, coinvolti dal conoscente del corso serale di lingua, e lo fanno anche e probabilmente perché rotto un equilibrio, quello del mondo di prima, diventa più facile provare, si è maggiormente aperti a sfidarsi, a improvvisarsi, a contribuire, accompagnare. Son belli, quei ragazzi all'estero, quando gli vedi il sorriso della soddisfazione alla fine delle cose, un po' increduli un po' ritornati bambini, se altrove han ritrovato passioni, han riscoperto giochi, condiviso giocattoli, perché sono la prova della flessibilità umana, della sopravvivenza ma soprattutto di quella legge universale di Paul Eluard, di quel "creato, io creo, è l'unico equilibrio, è l'unica giustizia", e loro son belli perché appunto creano, creano cose e legami, con gli altri e anche tanto con se stessi.

2 commenti:

antonio ha detto...

Grande, come sempre :)

andima ha detto...

troppo buono, come sempre:)