Beh, probabilmente alla Merkel sarà anche sfuggito che gli immigranti non sono poi mica androidi, che terminato il lavoro (magari sottopagato? magari estenuante?) non si rinchiudono in un armadio in attesa del giorno dopo ma tornano a casa poi, dove c'è una famiglia, dove si parla la propria lingua, si mangiano i sapori di casa e fondamentalmente si tende a mantenere la stessa cultura, in maniera naturale. I problemi di integrazione ci possono essere, è chiaro, a partire dalla lingua, ma richiedono sicuramente tempo e non poco, probabilmente almeno tre generazioni per una integrazione quasi del tutto completa. Se domani mio figlio nascesse in Belgio, sarebbe belga ma soltanto dal punto di vista burocratico; frequentando poi scuole nel territorio e creando relazioni sociali, inizierebbe ad essere belga anche nella cultura, ad integrarsi naturalmente; suo figlio, a sua volta, sarebbe ancora più belga, ma non si può pretendere una integrazione immediata, forzata, ai primi che arrivano e a cui si da il benvenuto per i lavori più umili, si destinano a ghetti e zone degradate (perché sì, il ghetto nasce come necessità di ritrovare la propria comunità, spesso vincolati da fattori economici, ma anche perché si preferisce tenere lontano il diverso ostacolandone magari l'avvicinamento), ma si sbandiera al fallimento appena ci si accorge di una mancata integrazione. Poi, è ovvio, senza cifre, senza statistiche o analisi ben dichiarate, affermazioni di quel tipo rischiano di essere soltanto del facile populismo o, per altri, un'abile manovra politica nel richiamare alcuni umori della gente in vista di nuovi necessari consensi.
Peccato che appena qualche mese fa, eravamo tutti a celebrare l'impresa mondiale della nazionale tedesca multietnica, di giovani ed immigrati, che poteva puntare a vincere il torneo e che comunque lanciava un messaggio chiaro di integrazione e coesione. E invece è un fallimento. Peccato che appena qualche settimana prima il presidente tedesco richiamava all'unificazione ribadendo d'essere presidente anche delle minoranze, distaccandosi in un certo modo dalle correnti recenti in Europa di razzismo e xenofobia. E invece è un fallimento.
Ed è un fallimento anche in Belgio, perché la stessa affermazione viene poi ripresa anche dall'attuale (e temporaneo ma all'infinito) primo ministro belga, che si trova d'accordo con la Merkel: le politiche di integrazione non hanno funzionato come previsto. Beh, sì, a Bruxelles per esempio si possono incontrare comunità di mezzo mondo, ognuna con la sua fetta di città caratterizzata (o, se volete, ghettizzata), e l'integrazione spesso non sembra essere avvenuta o soltanto in parte. Ma probabilmente M. Leterme non pensava agli americani della base NATO che vivono in città, lavorano in un pezzo d'America ben isolato, mandano i figli a scuole americane, hanno ospedali americani e anche dopo 4 anni balbettano ancora le classiche frasi di francese da turista. E probabilmente non pensava neanche alle migliaia di impiegati della commissione europea che popolano un quartiere che di belga ha poco se non negli edifici d'art nouveau che pur vengono distrutti per far spazio a scrivanie e meeting.
Il fallimento lo si attribuisce alle classi più disagiate, per le quali l'integrazione è resa ancora più difficile da fattori economici, culturali, religiosi, sommati a pregiudizi e facili stereotipi di cronache nere e terrorismo.
Io ho provato ad immaginarmela una Bruxelles senza quegli immigrati da fallimento, ma ne vien fuori quasi una catastrofe, perché una società multietnica non può fallire, mentre si arricchisce di diversità e bellezza, si mischia in qualcosa di non sempre facile, non sempre quiete e pacifico, ma che alla lunga trova il suo equilibrio tra integrazione, condivisione e scoperte. Perché integrazione non può essere soltanto assimilare ed adattarsi, non può essere soltanto un processo unilaterale, ma anche partecipativo in modo attivo, condividendo e diffondendo parte delle proprie origini, arricchendo la società di quella multi-etnicità che no, non può essere un fallimento.
Ed è un fallimento anche in Belgio, perché la stessa affermazione viene poi ripresa anche dall'attuale (e temporaneo ma all'infinito) primo ministro belga, che si trova d'accordo con la Merkel: le politiche di integrazione non hanno funzionato come previsto. Beh, sì, a Bruxelles per esempio si possono incontrare comunità di mezzo mondo, ognuna con la sua fetta di città caratterizzata (o, se volete, ghettizzata), e l'integrazione spesso non sembra essere avvenuta o soltanto in parte. Ma probabilmente M. Leterme non pensava agli americani della base NATO che vivono in città, lavorano in un pezzo d'America ben isolato, mandano i figli a scuole americane, hanno ospedali americani e anche dopo 4 anni balbettano ancora le classiche frasi di francese da turista. E probabilmente non pensava neanche alle migliaia di impiegati della commissione europea che popolano un quartiere che di belga ha poco se non negli edifici d'art nouveau che pur vengono distrutti per far spazio a scrivanie e meeting.
Il fallimento lo si attribuisce alle classi più disagiate, per le quali l'integrazione è resa ancora più difficile da fattori economici, culturali, religiosi, sommati a pregiudizi e facili stereotipi di cronache nere e terrorismo.
Io ho provato ad immaginarmela una Bruxelles senza quegli immigrati da fallimento, ma ne vien fuori quasi una catastrofe, perché una società multietnica non può fallire, mentre si arricchisce di diversità e bellezza, si mischia in qualcosa di non sempre facile, non sempre quiete e pacifico, ma che alla lunga trova il suo equilibrio tra integrazione, condivisione e scoperte. Perché integrazione non può essere soltanto assimilare ed adattarsi, non può essere soltanto un processo unilaterale, ma anche partecipativo in modo attivo, condividendo e diffondendo parte delle proprie origini, arricchendo la società di quella multi-etnicità che no, non può essere un fallimento.
9 commenti:
Ha ragione Leterme. Se si va in Belgio si deve vivere come un Belga. Se si va in Italia come gli italiani.
Prendi Ruby. Finalmente una marocchina che ci ha insegnato come ci si integra in un paese straniero. E' diventata subito cattolica senza inutili impuntature. Ha afferato in pieno il senso vero dell'italianità, darlo a chi conta.
Se poi rubacchia e fa le marchette ci sta. Non si puó sempre spaccare il capello in quattro. Bisogna imparare a contestualizzare.
Grazie Ruby per averci aperto gli occhi.
@ Vinz: speriamo di ringraziarla per quello che non sono riuscite a fare la Veronica o la Daddario, o Trataglia (anche se lui aveva metodi meno soft): fare cadere il governo...
@vinz
mi piacerebbe vedere uno scandalo del genere anche per Bossi, con una immigrata, ecco sarebbe davvero una bella immagine, della politica, della propaganda e della falsità da una parte e del "magna magna", del disinteresse, del potere dall'altra.
p.s. standing ovation per l'intervento di Vendola stasera a Vieni via con me.
@Matteo
Sono scettico, tra una settimana è tutto dimenticato, come sempre. Ma questo è soltanto l'ennesimo tentativo di farlo cadere, di fila, se non altro si indebolisce d ogni colpo, sicuramente, ma in tutto ciò il vero martire è il Paese, che nel frattempo non viene governato e crolla, come le case di Pompei.
Te credo che è fallito il multiculturalismo in Belgio, è fallito il Belgio intero!
(provo a vedere il bicchiere mezzo pieno) forse si parla di fallimento delle società multietniche perchè l'integrazione (quando funziona) non fa notizia e non va in televisione ? forse ci vuole più tempo del previsto ... negli USA i pronipoti con nonni italiani (o irlandesi, o tedeschi) cosa sanno dei loro antenati?
@Belgugliemo
Leterme rimarrà primo ministro temporaneo a vita:)
@Zax
sono d'accordo su entrambi i punti: episodi di integrazione perfetta fanno meno notizia (e propaganda) di episodi di cattiva emigrazione. Sul secondo punto, come ho già scritto nel post, sono convinto che sia soprattutto una questione di tempo, di due, forse tre generazioni, tempo e pazienza, ma anche partecipazione attiva, da entrambe le parti, ad una convivenza pacifica di compromessi e intese.
Scrivi veramente da dio!
Sono a Bruxelles da una settimana appena e vivo alla Gare du Midi ma nonostante il brevissimo periodo qui fin ora, non riuscirei ad immaginarla senza i negozi africani, portoghesi, i locali spagnoli e i supermercati italiani.
E quant'è vero che anche se si prova in tutti i modi (anche con successo) ad imparare la lingua e a fare "come la gente del posto" alla fine quando si torna a casa fa piacere farsi la spaghettata, fa piacere andare nei negozi e trovare i cantucci e risulta molto difficile cenare con il sole alto nel cielo ;)
@Luca
nei pressi di Gare du Midi, ti consiglio questo alimentari italiano, entri e ti senti a casa, assicurato;)
@andima
grazie mille, è proprio qua vicino!
ci farò un salto
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