Se non è degrado culturale allora che cos'è

No, non ci crede la prof brussellese del corso di francese, non è quella l'Italia che aveva in mente, anche se quello che si ha in mente è spesso uno stereotipo personale fatto di rappresentazioni empiriche e fantasie invecchiate, però insaporite da sogni altrui, però ingabbiate in convinzioni proprie, e basta poco per tradire immagini oniriche, spesso troppo surreali per sopravvivere immacolate. Certo, cara prof, succede anche questo nell'Italia del 2012, c'è che esplode una bomba davanti un liceo, muore una 16enne innocente ed ecco che spuntano i video della sua prima comunione, pubblici, per vendere, o una collezione di foto del suo profilo facebook, in cerca di click, tra sciacalli disgustosi in cerca di successi veloci e lettori voraci in preda a nuovi bisogni dubbiosi. No, non ci crede la prof brussellese e le sue smorfie fanno rima con incredulo e scioccato, un po' stridulo un po' agghiacciato, perché mai e poi mai - dice - in Belgio si sarebbe vista una cosa del genere, mai e poi mai - ripete - si sarebbero usati dettagli personali per ingozzare la cronaca e riempire i giornali. Si chiama privacy, semplicemente. Vede, cara prof, succede anche questo nell'Italia del 2012, c'è che scompare una ragazza improvvisamente, si coinvolge la madre in tv e le si annuncia in diretta la morte della figlia, succede che se ci fosse un primo ministro dichiarato omosessuale, come Di Rupo lo è in Belgio, si andrebbe a scavare fino ai banchi di scuola, il primo amico tenuto per mano, la prima farfalla osservata in un prato, alla ricerca spasmodica dello sporco inaccettabile, della macchia vergognosa, del gossip insensato da trasformare in titolone sensazionale e gettare a lettori affamati in preda a nuovi desideri insaziabili; succede che se si fosse schiantato un autobus con una ventina di bambini morti, come è accaduto in Belgio qualche mese fa, si sarebbero intervistati tutti i vicini di casa, frugato tra i sogni che avevano del tipo quando sarò grande, c'è chi avrebbe aperto una trasmissione con un plastico del tunnel ed il punto dell'incidente. No, non è fantascienza, amaramente. Si chiama assuefazione, signora maestra, ma anche degrado culturale e no, non ve lo so dire se sia tutta colpa dei giornalisti, della televisione o di vent'anni di Berlusconi, ma la prego, cara prof, adatti il suo stereotipo personale imperfetto ed antiquato, le chiedo scusa per aver sporcato la sua rappresentazione bucolica di un paese non troppo lontano e la smetto subito di buttare merda sul mio paese e torno a ripetere il congiuntivo ed i pronomi relativi. Ma adesso sei in Belgio - conclude la prof - non troverai di queste cose, puoi guardare soltanto i giornali belgi e smettere di rovinarti l'umore in questo modo. Non è così semplice, prof.

4 commenti:

Ettore ha detto...

Welcome to Italy.
Me lo disse un vigile urbano dalle parti del porto di Genova: stavo per parcheggiare l'auto in un parcheggio "ufficiale", quando mi si avvicina un vigile che mi fa gentilmente capire che se avessi lasciato l'auto incustodita in quel parcheggio, probabilmente non l'avrei ritrovata al rientro.

U. ha detto...

Un bellissimo post. Purtroppo l'informazione italiana classica (tv, principali testate giornalistiche) e non solo è marcia. L'obiettivo è spettacolarizzare, anziché informare su quello che succede. Quello che non trovo coerente è il voler essere compassionevole nei confronti di sconosciuti, solo perché internet o la tv ce li fanno sentire vicini, poi magari ignorare una persona incontrata per strada che ha bisogno di aiuto. I servizi giornalistici (anche se alcuni non son degni di essere chiamati tali) ci fanno emozionare più di veri incontri con esseri umani?

Anonimo ha detto...

Condivido tutto e più di quanto scritto. Però i media, insieme alla classe politica, sono anch'essi un riflesso della nostra società. Non sono solo i media ad essere marci. Lo è la gente che ha voglia di mostrarsi, che fa a gara per dire chi era più amico dell'amico, etc. C'è una sotto cultura del mostrarsi, dell'apparire in tutti i sensi. In Belgio non sarebbe accaduto non perché i media non sarebbero andati, ma perché la gente non gli avrebbe aperto la porta, non gli avrebbe fornito le foto, i pupazzetti e quant'altro. Siamo una società di merda in Italia. Una comunità di bifolchi e tronisti che vivono di apparenza e non conoscono la sostanza, nelle azioni come nell'emotività.

Ale [Tredici] ha detto...

È lo schifo del giornalismo generalista italiano. Ma se questo tipo di giornalismo esiste è perché le persone vogliono sentire e leggere queste cose. Bisogna iniziare a cambiare canale, o spegnere proprio la tv.