Di shock culturali ricorrenti
Avresti voluto dirglielo, mentre eravate in macchina verso l'aeroporto, che basta basta basta, non se ne può più coi lamenti per la mancanza di sole, con le critiche alla pulizia delle strade, con le smorfie atroci alle posate lasciate direttamente sul tavolo al ristorante e altre cose che qui a Bruxelles fanno parte di quell'insieme di cose che uno poi col tempo chiama normalità. Non è normale per lei, che viene qui ogni tanto, per qualche giorno e poi torna a casa, a Madrid poi, dove c'è sole sole sole, ce n'è tanto che uno poi se lo fa andare di traverso, se lo porta in bocca in ogni dove con il rischio di vomitarlo in lamenti esasperati o di trasformarlo in regali ripetuti. Te ne ha regalati già tre di ombrelli, lei, ad ogni natale, perché vivi a Bruxelles e sai, con il tempo che fa qui. Per ripicca e un po' per ossessione li hai contati i giorni di pioggia nel 2017, o meglio hai contato i giorni in cui hai dovuto usare l'ombrello nel tragitto da casa a lavoro, cioè da casa alla metro, 10 minuti, la mattina e la sera. Un foglio excel su google drive, addirittura. Non sei arrivato a venti, in un anno, di momenti di pioggia personali a Bruxelles. Avresti voluto farglielo vedere, il foglio excel, ma poi figurati, che senso ha, non capirebbe, ti prenderebbe per matto, poi un fact checking mica sarebbe facile, nell'epoca delle fake news figurati una tabella fatta a mano e riempita tra distrazione e dimenticanze, quanto può valere. E anche dopo averlo visto, l'anno prossimo un altro ombrello da scartare e un grazie da mimare tra il sorriso e lo shock. Ma il suo shock culturale ricorrente, ad ogni visita, su come in Spagna sia migliore, su come a Madrid sia diverso, su come qui ma come mai, certe abitudini, certi costumi, certe maniere, che strani, ma perché, non capisce, lei, e tu devi assorbire, guai a metterti in discussioni senza uscita, anche perché devi mantenere sempre un certo tono, con lei, in nome del quieto vivere delicato. Quando la vedi scomparire dentro la fila del controllo di sicurezza, all'aeroporto, e saluti con quella sensazione di sollievo non solo fisico, il sole arriva di contrappasso, interiormente, perché non c'è cosa peggiore - dopo 10 anni in un posto - di sentirsi criticare di continuo la propria normalità e di dover subire passivamente shock culturali di una sterilità asfissiante. Ma la suocera tornerà di nuovo, presto, e con lei il ricorrente compromesso del sole di traverso.
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