Italy: love it or leave it

Con larghissimo ritardo e grazie al Brussels Film Festival (lo so, lo si poteva guardare anche in streaming, ma), sono riuscito a vedere il documentario tanto nominato (ma neanche tanto), almeno tra gli italiani all'estero, sull'Italia e sul flusso migratorio in uscita, accentuato negli ultimi anni nei dati e nei titoloni di giornali (e in protagonismi di cui non se ne aveva bisogno). Il film tratta la storia di due ragazzi che, tra uno sfratto e l'indecisione di partire per Berlino o restare a Roma, decidono d'intraprendere un viaggio attraverso lo stivale alla ricerca della risposta, lo stimolo, la convinzione che scioglierà il nodo: love it or leave it. Il panorama è abbastanza misto, tra alti e bassi, dalla spazzatura di Napoli alle colline toscane, dagli ecomostri catanesi a spiagge soleggiate, cercando di trovare la spinta verso una risoluzione o l'altra, passando per il Ruby-gate (e anche troppo Berlusconi, che palle) e chi invece lotta contro l'uso del corpo delle donne, toccando negozi di souvenir di Mussolini e la vittoria di Pisapia a Milano, scoprendo chi si oppone alla mafia e viene isolato, intervistando vecchiette pazze per Berlusconi, operai della Fiat in cassa integrazione ed immigrati sfruttati nella raccolta degli agrumi a Rosarno. Insomma, tanta Italia.

Però, però. Senza cadere nell'ennesima voglia di disfattismo né per il gusto esotico d'andare controtendenza viste le ottime critiche al documentario e gli applausi della platea in maggioranza italiana (però emigrata), il video sottolinea le classiche denunce di mostri italici sullo sfondo di un paesaggio che non li merita e descrive bene quella cultura di degrado e corruzione contrastata dalla voglia di cambiare, lottare, migliorare, però se il messaggio era rivolto a chi vuole andar via ma è meglio restare, beh sarebbe stato significativo entrare anche nella vita quotidiana, negli uffici, nei tipi di contratto di lavoro, nella disoccupazione, nelle frasi "lei è troppo qualificato per questa posizione", nelle trafile che un ricercatore deve attraversare dal punto economico ma non solo. E così via. Perché chi se ne va, non se ne va pensando agli economostri (senza volerne minimizzare la gravità), ma a causa di quella cultura che c'è anche dietro gli economostri ma che poi si manifesta con maschere e politiche differenti negli ostacoli quotidiani che un giovane deve affrontare. Ecco, mancavano i giovani, nel documentario, quelli che alla fine sarebbero più per un leave it, ma anche chi invece decide fermamente un love it, quelli che rappresenterebbero la famosa brain drain e quelli che invece son portatori dello sperato cambiamento. Non bastano le parole di Camilleri, "andandosene via, lo spazio che lasciamo viene inevitabilmente coperto, occupato proprio da quello da cui stiamo scappando", né quelle di Vendola, "restando bisogna scalare delle montagna per vivere, e tuttavia in cima a quelle montagne c'è la conquista di un'Italia migliore", a convincere a tornare chi spesso all'estero è già vaccinato e disincantato, appellandosi ad un antico amor di patria o a sacrifici e ricompense ipotetiche che probabilmente non bilanciano, in molti casi, l'emigrazione che il più delle volte non è una fuga né un messaggio di disprezzo: rappresenta un modo, a volte tra i pochi disponibili, altre completamente slacciato dai filoni principali, per vivere quel centinaio d'anni offertoci, con la testa un po' in patria un po' altrove, ciascuno coi propri compromessi. Ecco perché, guardando il documentario, nessuna vocina, neanche la più timida e recondita, è stata stimolata ad un ritorno (non necessariamente da interpretare come un non love it) e non so quanto efficace sia su chi invece alla partenza ci ha già pensato ed è pronto. Ecco perché il documentario è sembrato un bel piatto di pasta, di quello italiano famoso nel mondo, che lo vedi e lo vuoi provare, ti siedi a tavola per assaporare, e poi invece manca il sale. E chi vive all'estero te lo cucina anche meglio.

18 commenti:

elle ha detto...

Ti straquoto!
Lo vidi un paio di mesi fa e non mi era sembrato nulla di che, a parte un documentario molto soft, oltre che carinamente confezionato. I contenuti scarseggiano.
Mi è piaciuto solo il pezzo sugli ecomostri, tema che mi sta molto a cuore e che poi ho approfondito grazie anche al documentario, ma che nell'economia d'insieme non contava più di tanto, come hai giustamente sottolineato tu.

CheleAlwaysLate ha detto...

Grande, è esattamente quello che ho pensato anch'io del documentario. Chi vuole partire, o chi è già partito, difficilmente verrà commosso dai richiami di una auspicata, futura "Italia migliore". La consapevolezza che abbiamo la Bellezza, l'Eccellenza in molti campi non può farci distogliere lo sguardo dalle onnipresenti brutture del nostro Paese. E comunque, come hai detto, quando si parte non si pensa (soltanto) agli ecomostri, ma soprattutto alle umiliazioni e alle frustrazioni della quotidianità lavorativa. E di questo non si parla in maniera adeguata nel documentario: si rimane al solito, banale livello dell'orgoglio nazionale e dell'Amor Patrio, nonostante le difficoltà e gli ostacoli, e dello spirito dei giovani "onesti" che risolleverà questa nostra povera cara Italia.
Come se quelli che rimangono fossero gli eroi. E quelli che se ne vanno non amassero l'Italia.
Lo trovo davvero riduttivo e semplicistico!

Unknown ha detto...

Quoto parzialmente quello che dici! Anche io alle parole di Camilleri mi si e' gelato il sangue!

Un fatto curioso di questo film per me e' stato il voler vivere questa tematica come coppia. Io con la mia compagna abbiamo affrontato gli stessi problemi, le stesse discussioni, e a pensarci bene, non sarebbe stato sbagliato all'epoca fare un viaggio nell'Italia che non vedi e che pero' esiste, prima di decidere di partire per l'estero.

Ma il film e' un viaggio alla scoperta di quei luoghi comuni che l'Italia offre più a noi stessi che a chi vive all'estero.
Tanto per citarne una, il problema del lavoro e del precariato e' qualcosa che spinge l'italiano a chiedersi se e' il caso di emigrare.

Ormai chi vive da 20 e passa anni questa cosa non lo sfiora, piuttosto crede che non sia un problema... Poveri loro! Gli italiani sanno bene cosa vuol dire, non hanno bisogno di un film per questo, basta guardare Ballaro' :) Al contrario, la nostra voglia di emigrare ha dovuto affrontare la nostra stessa cultura.

Quante volte ci siamo sentiti dire: in Italia c'e'il sole, il mare, il cibo... E quanto onestamente eravamo frenati da ciò a cui tuttora siamo sensibili e nostalgici?

I giovani d'oggi in Italia se la giocano molto sul restare piuttosto che vivere da un'altra parte. Ed e' giusto pure che partano alla scoperta dell'estero, non certo pensando che in Italia e' tutto uno schifo per motivo come lavoro, caro vita e cosi via... Anche perché nessun gli impedisce di andarsene a vivere in Grecia od in Portogallo; piuttosto quando trovano le risposte nella loro terra, e' bene invece che sappiano cosa effettivamente e' diventata e quanto, sia noi che loro, non si e' contribuito a cambiarla.

Forse magari, una volta messo il piede fuori, gli italiani stessi smetterebbero di essere cosi' arroganti nello screditare l'Italia prima ancora di averla conosciuta del tutto!

"Winds of the World, give answer! They are whimpering to and fro— And what should they know of England who only England know?"

Valentina VK ha detto...

anche io ho trovato il film un occasione persa per raccontare come davvero vanno le cose quando si decide se restare o andare..insomma, mi pare che il film sia stato scritto non da persone che hanno vissuto direttamente l esperienza del diventare o meno expat ma da qualcuno che l ha raccolta ed elaborata a modo suo..

Valentina VK ha detto...

ps, io di fronte all idea di tornare eventualmente in italia come primo problema mi pongo il livello di tasse e di servizi a cui andrei incontro rispetto ad altri posti o dove sono ora, in secondo a che livello di sicurezza essendo una mamma con un marito che viaggia molto e quindi mi tocca spesso di dormire sola con le creature la notte.
è ovvio che la Bellezza, l'Eccellenza etc mi mancano, ma possono sempre prenderle andando giu a fare un weekend, nella mia vita attuale di tutti i giorni non sono lo stracchino fresco o il portico barocco a far la differenza.

andima ha detto...

@elle
esatto, molto ben confezionato, non direi che i contenuti scarseggiano perché magari sono anche ricercati, ci sono interviste, dati, ma spesso un po' "fuori tema" o probabilmente diretti ad un pubblico che non ho individuato. In effetti se Gustav voleva andar via, doveva dirci anche lavoro faceva, che contratto aveva, che carriera aveva davanti; siccome viveva a Roma, gli avrei chiesto anche se si muoveva in macchina o con i trasporti, quanto tempo spendeva in traffico, se poteva usare la bici, cosa amava della città e cosa odiava: insomma, la vita quotidiana, perché è quella che determina certe scelte, non certo gli abusi a Rosarno, con tutto il rispetto per la gravità degli eventi e con tutto l'odio verso la mentalità che li ha causati (e continua).

@CheleAlwaysLate
Sì, un misto tra Report che denuncia alcuni problemi nazionali (ecomostri, smaltimento di rifiuti, sfruttamento operaio, cassa integrazione) e sviolinate ai paesaggi. Se voleva davvero parlare di brain drain e convincere a non partire, beh gran parte del documentario sarebbe dovuto cambiare. Eppoi, va bene che è stato girato proprio durante il Ruby-gate, ma che palle tutto quel Berlusconi, davvero.

andima ha detto...

@Stefano
Sicuramente sarebbe interessante percorrere un viaggio lungo l'Italia prima di prendere una decisione del genere, ma non credo che possa influire molto, o meglio sicuramente influirà ma più sul cuore che sulla testa, amando poi una realtà che non si vive quotidianamente, voglio dire: si possono apprezzare le colline toscane, ma non le si avrà ogni giorno sotto casa, sono lì, sia che si resti sia che si parta, ed il nostro apprezzamento rimarrebbe immutato così come il nostro disgusto di fronte ad alcuni mostri italici. Ecco perché le tematiche potevano (dovevano) essere ben diverse.
Certo, rimanendo si può combattere una certa mentalità, in prima persona, ma spesso sembra quasi avvenga il contrario: chi parte non smette di interessarsi alle sorti dell'Italia, politiche e sociali, a indignarsi, a cercare di cambiare almeno la mentalità di amici e conoscenze o quanto meno fornire loro un'opinione da fuori. Va bene, va bene, niente eroi, niente giustificazioni, non voglio mica confrontare l'italiano all'estero che condivide il link su facebook con il signore del documentario che combatte la mafia in prima persona, ecco però, quanti di quelli che rimangono combattono in quel modo? Sto sbagliando io adesso, finisco per ridurre tutto ad un: chi resta eroe, chi parte vigliacco. Ecco, è facile caderci.

@Valentina VK
esattamente, un'occasione persa, una mancanza di sale, che probabilmente si traduce, come hai ben detto, in una mancanza d'esperienza da parte degli autori (o magari rivolto ad un target distinto, in quel caso ho sbagliato tutto io scrivendo questo post, ma sono interpretazioni)

Unknown ha detto...

Ok. Allora la faccio più facile! Ecco le cose che ci fanno scappare dall'Italia: lavoro, contratti, politica, corruzione, mafia, calciopoli, tangentopoli, bunga bunga, IMU, chiesa cattolica, lega nord, il trota e cosi via. Perfetto, partendo da cosa e' chiaro per TUTTI (badate bene che lo e' anche per chi sta ancora in Italia ed ha 80 anni), che si fa? Restiamo o partiamo? No restiamo! Ma perche? E da qui parte il film.

Restiamo perché il cibo e' più buono! Ma e' vero? E si va da slow-food e ci dice non e' cosi'! George Clooney vive in uno dei posti più belli d'Italia? Andiamo a vedere dove sta? E scopri che ha il lago piu' inquinato. E il caffè? La moca la fanno in Romania! E il calore e l'affetto italiano? Si mostra davanti a te ma dietro c'e' un campo di accoglienza od un'omertà e paura di essere ammazzati dalla mafia.

Praticamente si passano in rassegna tutti luoghi comuni che noi italiani abbiamo sull'Italia. Perché pensiamo ancora che e' un grande paese ma invece non lo e' più da tanto tempo ormai. Il film poteva anche affrontare le tematiche discusse prima. Ma a chi serviva? Il giovane lo sa di essere precario, il pensionato conosce bene quanto prende, il mondo sa quanto i palazzi de potere siano corrotti. Ripeto, ma poi a chi serve un film del genere? Queste tematiche sono già state ampiamente affrontate.

Allora che si fa? Cambiamo soggetto! Perché amiamo l'italia? Cosa ci rende attaccati alla sua terra? Passiamo piuttosto con la lente di ingrandimento quelle cose che ogni volta la mia ragazza, la mia mamma o la mia nonna mi ripetono fino alla nausea pensando che si può e si deve tornare. Guarda caso e' un sentimento femminile, per questo non lo capisco, quasi irrazionale, al limite dell'assurdo. Io ci rinuncio a capirle queste donne.

(Continua...)

Unknown ha detto...

Abbiamo finito di vedere questo film, ma ancora non sono riuscito a convincerle questo sentimento e' pericoloso, va rinunciato, abbandonato, lasciato all'Italia e a chi la comanda! Ma ormai e' inutile, e allora passo all'attacco: "Tanto guarda che tu non cambi nulla!" - gli diciamo - "Che fai mandi la picture su FB contro la mafia, e poi metti la foto del duce? E ti lamenti che lavori in un call center ma ci vai con la macchina anche se ti costa più di benzina? Ti incazzi come una iena a guardare Ballaro', ma poi non scendi in piazza! Che fai scendi in piazza a manifestare? Ma tanto a che serve quelli non ti sento! Che dici, la tua squadra del cuore ha vinto lo scudetto? Ma pensa alla tua di vita che a quegli 11 stronzi non gliene frega niente di te. Vedi un pensionato che apre i secchi della spazzatura ma giri la testa e non lo aiuti? Bella roba! Pero' salviamo i gattini dalla società dei profumi che sono cosi carini!"

OK, tu Antonio mi dirai, ma qual e' il punto Stefano? Il punto onestamente non lo so :( (e saro' pure onesto, non l'ho mai capito). Io ho pensato a fare i soldi, e a vivere dignitosamente la mia vita. Fanculo tutto e tutti, ma quale patriottismo. I vivo di cinismo a colazione e nichilismo per merenda. Ma poi ripenso alle donne della mia vita, al loro sentimento, all'amore che penso solo una donna possa provare per qualcosa che in realtà le danneggia. Come una molestata ma che continua ad amare chi la molesta. Mi ci arrabbio pure, perche' gli vorrei far aprire gli occhi. Dirgli che la finisse con questa assurdità. "Ma li vedi i debiti? I tuoi figli vanno avanti a guardare Uomini e Donne! Tuo marito sta in cassa integrazione, i tuoi genitori piangono per te ma non ti mostrano che fanno la fame!"

Vabbe' avevo promesso che la facevo semplice ed arrivavo al punto, cosi invece non si va da nessuna parte! Allora il punto qual e'? Vedo le donne dell mia vita appunto e mi fermo a riflettere! Perche' loro tentano, a modo loro! Perche' loro ci credono, perche' loro pensano che abbandonare e' qualcosa di orribile! Perche' loro ti guardano e non pensano che tu sia un vigliacco che te ne sei andato, ma tu continui a guardarle come fossero degli eroi anche se non lo ammetti! Che coraggio che hanno, con quale orgoglio portano avanti la loro causa! E in quell'istante sono fiero di loro!

"Eroe chi rimane e vigliacco chi fugge"... Antonio, ma i vigliacchi almeno lo sanno chi sono gli eroi?

U. ha detto...

Io sono in procinto di partire, e il documentario non mi ha fatto cambiare idea. Trovo il titolo un po' presuntuoso, perché la faccenda ha talmente tante sfaccettature che non si potrebbe esaminare con un solo documentario di circa un'ora. Sarà anche un po' carente sulla parte relativa al lavoro e ai giovani, però mi è piaciuto. Forse perché non mi aspettavo un quadro completo, credo non sarebbe possibile. Mi è piaciuta la giustificazione della loro scelta, perché mi è parsa più sentimentale che razionale. Tralasciando le rigide parole di Camilleri, le persone che si sentono come il protagonista è giusto che rimangano, perché possono contribuire al benessere del paese. Però per quelli rassegnati che si fanno il sangue marcio tutti i giorni forse i pregi hanno superato i difetti, e, seppur a malincuore, dovrebbero partire. Io credo di far parte della seconda categoria, ma ammetto che invidio quelli della prima.

andima ha detto...

@Stefano
Interessante la tua chiave di lettura, in effetti è vero, si sfatano alcuni dei classici luoghi comuni italiani, ma chi vuole partire probabilmente a quei luoghi comuni non crede, anche se (sicuramente) se li sente ripetere da chi ha intorno, come ritornelli in piu' delle volte sterili. E' vero, sarebbe stato inutile anche parlare dei contratti di lavoro e di altre tematiche sopra accennate, perché son cose che si sanno, ma allora a quel punto non lo si farebbe per nulla una documentario così :) in effetti, io devo ben identificare il target del documentario. Sicuramente non è facile in un'ora abbondante riassumere tutto, però in effetti guardandolo ho avuto l'impressione, anzi me lo so proprio detto "questi all'estero non ci hanno mai vissuto" o qualcosa tipo "no, avrebbero dovuto intervistare chi sta fuori e chi vuole partire, almeno per avere due punti di vista". Ma in fondo sono opinioni, il formato tipo Report mi ha un po' deluso, sarà stato quello che mi ha spinto a condividere il post.

Per quanto riguarda il tuo punto, attento alle equazioni partire = fare soldi = vivere dignitosamente. Sì, noi informatici guadagniamo sicuramente di piu' in altri paesi, ma no è soltanto una questione economica, è anche l'ambiente di lavoro, il rispetto, la possibilità di carriera, il contatto umano, una certa civiltà altrove naturale e spesso da noi eccezione, è anche la soddisfazione di raggiungere determinati obbiettivi (economici e non) dopo anni di studi e sogni, ed inoltre: la scoperta di nuove culture, nuove relazioni sociali, il viaggio dentro se stessi. Ecco, non voglio iniziare a parlare come un bimbominkia, che spesso forse lo faccio, non lo so, ma poi il punto è quello che hai toccato tu: quanto vale questo patriottismo, questo sacrificio della propria dignità, dei propri sogni, dei propri sforzi universitari e non, per noi? Quanto vale davvero questo scomessa che facciamo, questa speranza di poter partecipare ad un ipotetico miglioramento, per noi? Siamo davvero disposti a rimanere e "lottare", crediamo davvero che in cima alla montagna di Ventola ci sia poi un'Italia migliore?

Ecco, il punto è questo. Io ho dato i miei valori, le mie risposte a queste domande. E sono partito. Il documentario aveva sullo sfondo queste domande? Non lo so, forse qualcuna accennata, altre le lasciava allo spettatore. Le donne della tua vita hanno dato diversi valori e risposte a quelle domande e nessuno può dire se le loro scale di valori, se le loro risposte siano giuste o sbagliate, ognuno se le pesa sulla propria bilancia di compromessi, necessità e obiettivi. Ognuno a modo suo.

Io, personalmente, se non fossi andato via adesso non potrei aiutare la mia famiglia in difficoltà, perché c'è crisi, tanta, non solo sui titoli dei giornali. E di tre figli son l'unico che è partito, di tre figli son l'unico che può aiutare adesso. Quindi, grazie partenza, grazie valigia, grazie Dublino e grazie Bruxelles. E grazie me. Patria? No, grazie.

andima ha detto...

@U.
Che il documentario non facesse cambiare idea, ne ero quasi sicuro, un po' perché chi ha preso una certa decisione è già vaccinato contro certe tematiche, un po' perché chi prende certe decisioni le prende in modo personale e personali sono i criteri: un documentario così generico difficilmente riesce a toccarli. Questo non vuol dire che il documentario sia inutile, è un tentativo.
Sul titolo, se non sbaglio è una citazione ad una canzone, ma sono d'accordo con te, tra love it e leave it ci sono mille sfaccettature. Sicuramente l'opinione dello spettatore si basa anche sulle aspettative con cui si arriva a guardarlo: probabilmente io ne avevo troppe, dopo 5 anni all'estero, ed ero troppo "esperto" del tema e "vaccinato" per restare entusiasta del video. Un po', la colpa è mia :)
Sulla scelta, la loro è stata sentimentale ma fino ad un certo punto: qual'è la loro situazione economica? qual'è la loro posizione nella società? Cosa voglio dire? Beh, che se fossero stati neolaureati o disoccupati o malpagati, beh, hai voglia a metterci sentimento, hai voglia ad amare il paese, poi ad un certo punto la ragione vince. Loro sono rimasti, ma loro rappresentano il giovane italiano di oggi che si pone questa domanda? No, oggettivamente, no. E allora siamo fuori tema. O io non ho capito il target.

Unknown ha detto...

"Io, personalmente, se non fossi andato via adesso non potrei aiutare la mia famiglia in difficoltà, perché c'è crisi, tanta, non solo sui titoli dei giornali. E di tre figli son l'unico che è partito, di tre figli son l'unico che può aiutare adesso. Quindi, grazie partenza, grazie valigia, grazie Dublino e grazie Bruxelles. E grazie me. Patria? No, grazie."

Ti sono vicino, cosi come sento forte il tuo sentimento e la tua rabbia. Io lo so, noi due siamo uguali in questo. Come due camerati che hanno affrontato le stesse battaglie, abbiamo subito ferite e riportato a casa la pelle nonostante la sconfitta.

Cosi come capisco perfettamente quel che dici, io la penso allo stesso modo. Nel tempo ci siamo vaccinati o forse abbiamo perso la nostra sensibilità? Per fortuna non del tutta, ancora odiamo il nostro paese.

Ma che succederà poi? Antonio se ti chiedessero di tornare per sempre in Italia, qual e' la prima cosa che ti viene in mente? Qual e' l'emozione più forte che ti passa dentro? Ormai abbiamo l'istinto violento di chi ha subito un'ingiustizia. Ma a questo punto cosa siamo? Emigrati? Il popolo italiano che emigra, lo ha sempre fatto, ci piace viaggiare, scoprire, esplorare. E' il nostro lignaggio, la nostra meta e' al di la del mare e delle montagne. Siamo un popolo che vive oltre confine, siamo un grande popolo perché sa adattarsi. Ma ora c'e' un problema! La nostra terra e' malata, la nostra gente e' disperata. Stanno male.

Stiamo male anche noi? Si, ne siamo preoccupati ovviamente. Ma da dentro c'e' quella voce vile ed insistente che vorrebbe urlargli "VE LO AVEVO DETTO!". Vorremmo sbattergliela in faccia la loro disapprovazione quando abbiamo deciso di partire, "ben vi sta!". Ogni volta che leggiamo il giornale, ogni volta che esce fuori un dato ISTAT sul calo del lavoro, sull'aumento della disoccupazione tra i giovani, ci viene cosi spontaneo mettere una tacca nella nostra tabella segna punti: quella che tu chiami bilancia.

Ma poi Antonio che ti e' successo? Quanto ti sei stancato dell'Italia e dei suoi problemi assurdi? Quanto sei diventato intollerante e fatalista a sentirne di nuovi? Se un vecchio collega magari ti racconta che non sta bene dove lavora adesso, che li fa tutto schifo, e quanto tu sei stato bravo ad andartene. Magari ne sei indifferente? "Patria? No, grazie." Ehhh la patria, il sistema corrotto, la scuola che non va, il lavoro che e' un miraggio, trattati da schiavi, magari portiamo delle umiliazioni dentro che allora diciamo no grazie, casomai se lo potevano risparmiare. Anzi d'accordissimo ti direi, se vuoi li mandiamo a fanculo uno ad uno assieme, tu dimmi quando e io mi faccio trovare pronto.

Pero' pensandoci bene, cosi non ti ho aiutato! Un peccato perché, forse ancora non te ne sei accorto, o forse perché c'e' bisogno di affrontare troppi demoni per fare pace con il passato, che oramai e' troppo tardi.

"Scusami Antonio, mi sono dimenticato, che quelli che contavano erano li e, senza volerlo, li abbiamo mandati a fanculo invece di dirgli grazie."

andima ha detto...

@Stefano
Stiamo andando (un po') ot e entrando in cammini tortuosi :) Che son vaccinato non ci sono dubbi, ma non direi di odiare il nostro paese o almeno, non provo nessun odio, forse perché non me ne sono andato con odio e allo stesso tempo non tornerei, lo dico qui chiaro e tondo, ma non per odio o per mancanza d'amore: semplicemente perché sono felice dove sono e non vedo perché dovrei rompere un equilibrio che ho faticato a creare, ho conquistato e me lo tengo stretto. Se un domani non sarò più felice, beh a quel punto ci penserò, adesso non posso e non voglio prevedere.
Io, personalmente, sono davvero una brain drain intesa come danno economico allo Stato: per via del reddito basso dei miei genitori e della mia media alta all'università, ho vinto 3 borse di studio in 5 anni = 12mila euro ricevuti dalla Regione Campania, in più essendomi laureato nel limite previsto nell'anno della riforma, per la triennale, e tra i primi a farlo, ottenni un premio dalla Regione, altri 2mila, totale 14mila Euro. Non bastavano, d'estate studiavo e lavoravo nei parchi di divertimento o sulle spiagge, mentre i miei amici andavano a mare o in vacanza all'estero. Io non avevo i soldi per andare all'estero. Poi, laureato, me ne sono andato. Quei 14mila Euro investiti su di me non hanno avuto ritorno per la Regione né per lo Stato. Un furto? Sono un ladro?
Io però, dopo tutti quegli sforzi per laurearmi in tempo e con una certa media, cosa dovevo fare? Andare a Napoli a prendere 1.000 Euro al mese e bestemmiare ogni giorno? Andare a Roma e prendere 1.100 Euro al mese e bestemmiare ogni giorno? No, grazie. Se ho fatto sforzi è perché avevo dei sogni, dei progetti, delle ambizioni. E lo dico senza odio, ho fatto la valigia e son andato via. Ho rifiutato anche un dottorato, il concorso era pubblico ma io sapevo già che sarei entrato, perché funzionano così le cose, da noi, e l'ambiente politico non mi piaceva né la consapevolezza di andare avanti con 800 Euro al mese delle borsa di dottorato e poi aspettare un giorno un concorso di ricercatore o bestemmiare alla prossima riforma universitaria di governi dalle dubbie doti. No, grazie. Valigia, senza odio. Semplicemente valutare le possibilità, le probabilità e le risorse, così come quando si ha un project proposal, si guarda al team, al cliente, il budget, etc., ecco allo stesso modo, si prende una decisione. La famiglia, gli amici, la terra natia, etc., certo hanno un peso, che però nel mio caso non hanno pesato abbastanza su quella bilancia e allora ciao. Ecco perché non c'è odio né la voglia di urlare quel "ve lo avevo detto", perché non potrei neanche farlo, non saprei eleggermi a visionario o puntare il dito contro cose senza fornire soluzioni né averci provato. Non direi "ben vi sta" alla mia partenza, perché non l'ho fatto né avevo gli umori per farlo. Nessun vaffanculo, magari egoismo, quello sì, di pensare a me e al mio futuro. Ma quanto importante è la patria per anteporsi a noi? Ecco, torniamo alle domande del mio commento precedente. E forse, personalmente, queste domande mi sarebbero piaciute nel documentario, perché (ma forse mi sbaglio) credo che le domande che mi son fatto io (e le risposte) se le fanno molti neolaureati oggi e non sono neolaureati.

andima ha detto...

@Stefano
errata corrige "e non solo neolaureati"

Unknown ha detto...

Capisco che intendi! Un abbraccio allora!

PS: Spero presto che tutto questo verrà affrontato non solo con un film!

sandrokhan80 ha detto...

Discussione veramente interessante. Ricordo che tempo fa ti scrissi di questo documentario dicendoti che la tv francese lo aveva mandato nella regolare programmazione.
Te lo conoscevi già ma mi illudo di averti dato lo spunto per questa bella discussione. Per quanto riguarda il film devo dire che mi trovo perfettamente in linea con le tue considerazioni Andi che trovo molto lucide. L'unica cosa ad aver fatto veraqmente sensazione sono state le pesanti parole di Camilleri. Tuttavia, più che ripetere concetti già ben epressi, vorrei cogliere l'occasione di segnalarvi un altro documentario "Mare chiuso" che ho visto due giorni fa che descrive uno dei più gravi crimini del governo italiano dal tempo del fascismo: la politica dei respingimenti in mare e la consegna dei migranti alle amorevole cure delle carceri libiche .... con relativa condanna della corte europea per i diritti dell'uomo. Vi linko il sito se foste interessati http://www.zalab.org/newsite/documentari/mare-chiuso/

andima ha detto...

@sandrokhan80
sì, ricordo la segnalazione:) ma poi non l'ho cercato per un po' fino a sapere che lo avrebbero trasmesso al film festival qui e quindi ho anche evitato di guardarlo in streaming su Wired giusto qualche settimana prima.
Parte di questi commenti verranno presto trasformati in un altro post, per dare più visibilità ad alcune osservazioni e spunti che anche secondo me sono interessanti.
Grazie per la segnalazione di questi documentari! Segno anche questo, ma spero di non far passare così tanto tempo come per il primo;)