Ci dev'essere una qualche legge divina, maledizione antica, su queste terre - pensi - per cui a tanta bellezza, a tanta magia di paesaggi, dettagli e tradizioni, a tanto sole, cibo, canti, debba corrispondere, per un dannato equilibrio, altrettanta perdizione, corruzione, omertà, egoismo e quant'altro di malefico si possa elencare, si voglia sottolineare, si debba ammettere, ci abbia spinto a partire. E spostandosi a nord, emigrando verso società supposte migliori, è come se si lasci un po' di quella malvagità alle spalle ma si debba, per ragion di cose, per quest'equilibrio invisibile ma sofisticatissimo, perdere anche bellezza, rinunciare a incanti e legami, perché non si può avere il paradiso in terra, perché si deve scendere sempre a compromessi e lasciar da parte propagande di terre natie. Stai soltanto provando a giustificare - pensi - stai cercando ragioni che non esistono, inventando scomuniche surreali e condanne che gravano su persone e non sulla natura. Maledetto sud. Eppoi sei in vacanza e la tua percezione delle cose è già diversa, perché la consapevolezza di tornare ai tuoi compromessi, ai tuoi equilibri raggiunti, lascia scivolare quel po' di male che inevitabilmente incontri per strada, nel paesaggio, tra le parole di quei complici. Eppoi sei in vacanza e proprio grazie alle vacanze puoi approfittare di quei panorami altrimenti ignorati, altrimenti abituali, vicini ma rimandati a domani, ne basta sapere l'esistenza, la vicinanza, ma non ne apprezzeresti la bellezza in quel mondo, perché chi vive lì non ha il tempo, non ha la voglia o forse nemmeno le risorse: e allora è meglio vivere altrove e tornarci solo in vacanza - ti ripeti - per assaporare quello che c'è di bello e schivare abilmente il resto, come solo chi ci ha vissuto saprebbe fare, come un turista non saprebbe interpretare. Comodo, egoisticamente vantaggioso, ma coerente con le tue scelte di lasciar l'animo quieto e non ricadere nei soliti interrogativi o in dibattiti ricorrenti sulla qualità di vita, sui compromessi personali, sull'amor di patria, le fughe vigliacche, le lotte quotidiane, le soluzioni e le utopie.
Questa terra ha ossigeno pesante che passa nei polmoni lentamente ma nel riciclo d'aria lascia tracce di pensieri e graffi dubbiosi. Non c'è pioggia, no, non come al nord, eppure per te questo sole abbronza sì la pelle ma brucia sorrisi sottili, prolunga silenzi affollati. Ci sono terre bellissime, lì, a sud, che però non avresti ogni giorno alla finestra, non potresti contemplare - ti ricordi - perché tornare non significherebbe vivere lì, ingenuamente, e allora, di nuovo, meglio in vacanza, meglio saltare su questi scogli del porto come altri non saprebbero fare, correrci con una scioltezza che il turista non potrebbe avere, saper dove mangiare, parlarne il dialetto, ridere di un proverbio, scoprire cose nuove ma attraverso connessioni che un turista faticherebbe a creare, ma in vacanza. Eppoi andare via, ripartire, con quel nodo in gola che ogni anno diminuisce, però poi ritorna, lottando contro risposte ben affilate e certezze oramai consolidate, pronte a difendere equilibri costruiti altrove. Eppoi andare via, mentre il finestrino dell'aereo t'allontana da questa terra dannata e quella maledizione è anche in te, ne porti dentro la bellezza e l'orrore, che danzano scomposte, riaffiorano, improvvisamente, a volte la bellezza, a volte l'orrore.
Foto scattata qui, approssimativamente, qualche giorno fa. |